Consiglio comunale infuocato ieri a Rimini dove si è discusso di "ripubblicizzazione del servizio idrico”. E a finire nel mirino è stata l'assessore
Consiglio comunale infuocato ieri a Rimini dove si è discusso di “ripubblicizzazione del servizio idrico”. E a finire nel mirino è stata l’assessore Visintin, nella scomoda posizione di ex coordinatrice del Comitato per l’acqua pubblica e assessore chiamata a gestire questa patata bollente.
Attacchi da destra e da sinistra. Dal movimento 5 stelle e anche da Samuele Zerbini. Secchiate d’acqua sull’assessore Sara Visintin nel consiglio comunale di ieri chiamato a discutere e votare sulla proposta di delibera presentata da Fabio Pazzaglia (“ripubblicizzazione del servizio idrico”) e sull’ordine del giorno di Savio Galvani (“Acqua bene comune). Il piatto ricco riguarda il “che fare” dei monopolisti di Hera, che fanno utili sull’acqua, quando il referendum del 2011, votato a Rimini dal 60% degli aventi diritto, aveva decisamente indicato un’altra strada. Via da Hera, propone Pazzaglia. Scegliere fra Hera o non Hera attraverso un’analisi comparata costi-benefici fra le possibili opzioni in campo, la carta Galvani (Rifondazione comunista). Il Pd si è accodato a quest’ultima ma solo perché, hanno attaccato le opposizioni, in questo modo potrà prendere tempo e raggiungere l’obiettivo di non cambiare nulla, assicurando ad Hera altre milionate di utili ottenute grazie alle bollette dell’acqua.
“Una decisione politica già presa da parte del Pd, come è emerso dall’ultima direzione del partito”, hanno tuonato Carla Franchini e Gianluca Tamburini del movimento 5 stelle e sulla quale sarà applicata “la pezza giustificativa di uno studio che non offre garanzie di imparzialità”.
Ma a finire sulla graticola è stato soprattutto l’assessore Visintin, e a mettercela è stato lo stesso Tamburini: “Il referendum ha chiesto di eliminare il profitto dalla gestione dell’acqua, invece Hera continua a fare utili mostruosi. Gnassi per farsi eleggere ha sottoscritto il documento del Comitato per l’acqua pubblica ed ha nominato assessore, con delega proprio a questa partita, la coordinatrice del comitato. La quale, però, in quattro anni non ha fatto nulla, nonostante le interrogazioni e le sollecitazioni. Ad oggi manca uno studio di fattibilità tecnico-economica”.
L’assessore Visintin è servita, ha aggiunto Tamburini, a “narcotizzare gli ardori” del popolo referendario, che a questo punto deve considerarsi “tradito”. E’ sì, perché l’impegno sottoscritto dal sindaco in pectore recitava: “Io sottoscritto Andrea Gnassi mi impegno alla ripubblicizzazione del servizio idrico”, e faceva atto di fede sull’acqua “bene non disponibile a speculazioni di natura commerciale e finanziaria”. E il presidente del gruppo consiliare pentastellato ha commentato sarcastico: “Chissà come se la ridono quelli di Hera coi loro milioni di utili”.
A sparare sul “suo” assessore anche il consigliere del Pd Samuele Zerbini, che al referendum sull’acqua si schierò per il no: “Lei ha cavalcato, organizzato, il comitato per il si al referendum”, ha detto rivolto all’assessore, “ma oggi ci troviamo a gestire il risultato di quel referendum e scopriamo che è stato uno strumento per il Pd e la sinistra per abbattere Berlusconi. Proseguire sulla linea del Comitato è un errore gestionale: il problema per me non è Hera o non Hera ma che il sistema funzioni”. E Zerbini ha anche detto che “è bene che il Comune di Rimini esca da Hera per rendere chiare le divisioni in campo: chi gestisce i servizi e chi li governa e regolamenta non possono coincidere”.
Sara Visintin ha replicato sfoderando le unghie e minacciando querele ma respingendo il “processo alla credibilità o meno dell’assessore”. E’ partita dagli esiti del referendum, sostenendo che “non ci sono state strumentalizzazioni di sorta” e a proposito dei quattro anni trascorsi a non far nulla in materia di acqua ha fatto un elenco degli interventi e dei finanziamenti reperiti, citando fra gli altri il piano delle fogne e alcune riduzioni tariffarie. Si ma ora, davanti al tema acqua che si fa? “La scelta va ponderata”, ha argomentato lei, tenendo insieme da una parte l’esito referendario e dall’altra l’analisi di un piano finanziario, le normative, i costi, il mantenimento degli standard di servizio. Si è detta però disponibile al consiglio comunale aperto richiesto dal Comitato (e ci mancherebbe altro). “Da parte mia non c’è stata nessuna narcotizzazione del Comitato”, ha risposto a Tamburini.
Sta di fatto che a sinistra c’è grande imbarazzo: come salvare la faccia e un minimo di coerenza referendaria? Nel consiglio comunale alla fine ha avuto la meglio la versione Galvani e anche su questo le opposizioni hanno acceso la miccia. Un emendamento 5 Stelle chiedeva di mettere almeno un paletto ai tempi (40 giorni) per avere lo studio ma è stato bocciato. I grillini hanno chiesto anche di commissionare lo stesso studio “in modo serio e imparziale” ad una entità indipendente che non abbia lavorato con il gestore (Hera) negli ultimi 3 anni e che lo stesso faccia nei 3 anni successivi. Bocciato anche questo.
Efficace la sintesi di Gioenzo Renzi (Fratelli d’Italia): “Non si vuole togliere la gestione al grande monopolizzatore privato della risorsa idrica, che è Hera. Perché i Comuni esprimono uomini di partito nei cda e in Atersir, che dovrebbe essere il soggetto regolatore. Ma tra dirigenti e cda Hera costa 17 milioni di euro in un solo esercizio. Se i Comuni sono soci di Hera e partecipano alla distribuzione degli utili, come fanno poi a tornare alla gestione pubblica del servizio?”
Nemmeno Pazzaglia ha risparmiato bordate al Pd: “Quella che la gestione in house da parte dei Comuni dovrebbe sopportare una ingente quota di debito per abbandonare il vecchio gestore non è la vera motivazione che frena il Pd. Il problema è il patto politico fra Hera e Pd che passa da Bologna e arriva a Rimini”. Un “patto d’acciaio”, secondo Pazzaglia, “che significa soldi e potere, economico e politico”. E ha rincarato: “Concentrare il servizio idrico nelle mani di Hera significa per i Comuni della provincia di Rimini rinunciare definitivamente alla propria sovranità. Atersir è succube di Hera e con Hera i comuni non contano più niente. Chiediamo un sussulto di dignità al sindaco di Rimini”. Ed ha concluso rivolto alla maggioranza che sostiene il sindaco e in primis al Pd: “Almeno abbiate il coraggio di mandare a casa il sindaco su un tema di valore come quello dell’acqua, non aspettate il rinvio a giudizio sull’aeroporto”.
“A sinistra volano gli schiaffi”, insomma, come ha sottolineato Gennaro Mauro, capogruppo Ncd-Fi. Difficile, anzi sembra impossibile, staccarsi “dal grande padrone”, ha aggiunto: “Hera fornisce 2,5 mln di utili l’anno al Comune e quindi non si tocca. Ma Gnassi in questo modo inganna gli elettori”. Per Mauro però “la società in House non è la soluzione (ci vogliono i privati)” quindi occorrerebbe “un bando pubblico aperto e non una posizione dominante”.
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