Il comitato di redazione del quotidiano La Voce di Romagna ha proclamato due giorni di sciopero e la motivazione è lapidaria: “Dopo 14 mensilità non p
Il comitato di redazione del quotidiano La Voce di Romagna ha proclamato due giorni di sciopero e la motivazione è lapidaria: “Dopo 14 mensilità non pagate, ai giornalisti de «La Voce di Romagna» non è stato corrisposto nemmeno lo stipendio dei giorni 20-28 febbraio 2015, successivi alla domanda di concordato: per questo motivo il comitato di redazione indice lo sciopero per i giorni sabato 7 e domenica 8 marzo”.
Cosa sta accadendo nel giornale che negli ultimi tre anni ha visto avvicendarsi tre direttori? L’ultimo a lasciare il timone di comando era stato Stefano Andrini e lo aveva fatto con un editoriale un po’ criptico ma ben trasparente agli occhi della sua “ciurma”, lasciata a secco. Una situazione fattasi insostenibile, cioè, perché i dipendenti (per non parlare dei collaboratori) erano lasciati senza stipendio. Era il 30 aprile 2014 e quindi è trascorso quasi un anno ma il problema persiste e nonostante tutto i giornalisti hanno continuato a fare uscire La Voce. Ora però la misura è colma. Le mensilità non pagate (ma non solo) sono state l’innesco di vertenze, tavoli aperti in prefettura, istanze di fallimento, licenziamenti e reintegri per mano del giudice che hanno visto soccombere l’editore Giovanni – per tutti “Gianni” – Celli (nella foto), il cui Dna politico affonda le radici nella sinistra Dc ma al timone della Voce si è beccato anche una condanna per condotta antisindacale.
L’ultima clamorosa decisione della proprietà è stata la lettera datata 14 febbraio che ha annunciato l’avvio del procedimento di licenziamento collettivo per tutti i dipendenti. Pochi giorni dopo l’Editrice La Voce ha presentato domanda di concordato preventivo facendo leva su cause generali e soprattutto esterne, come il calo dei finanziamenti pubblici, la crisi dell’editoria italiana e il difficile accesso al credito bancario. Tutti fattori che hanno avuto un peso, ma la storia della Voce prima del precipitare della situazione, è la narrazione di una crescita importante e di successi mietuti, pur a prezzo del duro impegno e di non pochi sacrifici di chi nel quotidiano (e nei diversi “prodotti” editoriali via via sfornati) ha lavorato. Cosa è successo, allora? In una decina d’anni (fino al 2012) l’Editrice La Voce ha beneficiato di quasi 20 milioni di euro di contributi pubblici che, uniti alle copie vendute e alle entrate pubblicitarie, avrebbero dovuto garantire un futuro quanto meno sereno al giornale. Invece è arrivata a chiedere il concordato preventivo.
A scorrere i bilanci ci si imbatte in strani meccanismi. Nella nota integrativa al bilancio 2013 si legge che “la situazione patrimoniale della società evidenzia crediti verso la società controllante per euro 6.008.273,97”. In notevole crescita rispetto all’anno precedente, di quasi 750 mila euro. Un credito che, spiega sempre la nota integrativa, “determina incertezza in merito alla continuità aziendale, ove non vi fosse la ragionevole certezza del recupero delle somme a credito”. Ma chi è la controllante? E’ la cooperativa “La mia terra”, con sede a Verucchio, il cui dominus è sempre lui, Gianni Celli (insieme ad altri familiari), che è anche amministratore unico della Editrice La Voce, di Spi srl (concessionaria di pubblicità) e “Bella Stampa srl” (editrice del portale), quest’ultima al 50% di proprietà della Editrice La Voce. Quindi, per farla breve, Celli deve avere 6 milioni di euro da Celli.
Nella richiesta di concordato presentata il 20 febbraio scorso l’Editrice La Voce svela un altro colpo di scena, cioè la stipula di un contratto d’affitto di ramo d’azienda con una nuova società, sbucata dal nulla il 2 febbraio (data di costituzione) e iscritta alla Camera di Commercio il 18 dello stesso mese: Edizioni delle Romagne srl. L’amministratore unico è Nicola Celli (figlio di Gianni), che partecipa insieme al fratello Camillo (50% ciascuno). Il capitale sociale si ferma a 10 mila euro, ma quello versato arriva a 2500 euro. La sede è in via Luigi Settembrini 17, quartier generale anche di quello che è il fiore all’occhiello della famiglia, il centro medico polispecialistico “Nuova Ricerca”, diretto da Giorgio Celli (fratello di Gianni).
Edizioni delle Romagne è disponibile a prendere in affitto il ramo d’azienda di Editrice La Voce a condizione che si operi un prosciugamento di 11 dipendenti rispetto a quelli impiegati fino ad oggi, per scendere ad un massimo di 18 unità, ma la rappresentanza sindacale ha detto no a soluzioni che prevedano il “sacrificio di personale”, se non volontario e con incentivi e prima di tutto chiede lo sblocco degli stipendi. Vi state incartando? In effetti non è semplice seguire l’incastro e le capriole di questa vicenda, che nei prossimi giorni potrebbe vedere altri colpi di scena. (c.m.)
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