La chiesa di Santa Croce torna in vita grazie agli “uniati”

La chiesa di Santa Croce torna in vita grazie agli “uniati”

Nella chiesa di via Serpieri dal 2 agosto padre Cristian celebra messa in rito bizantino e in lingua romena. Sono i cattolici orientali in comunione con la sede apostolica romana. Si attende con ansia anche un cambiamento all'esterno dell'edificio di culto.

Sarà capitato a molti di passare in via Serpieri a fianco del centro commerciale Coin e vedere persone di varie etnie, età, condizioni sociali, bivaccare sui gradini di una chiesa dal portone serrato.

Altre volte, di notare ciò che rimane del campeggio “mordi e fuggi” (interpretato alla lettera) consumato sugli scalini. La pratica, ormai consolidata, è uno spettacolo indegno, un oltraggio al luogo di culto, un ceffone verso i gestori delle attività vicine che per certo (in quanto portatori di sostanziose quote di Ta.Ri. non anelano a condividere gli altrui rifiuti, ancorché a titolo gratuito) e in ultima battuta, un’ingiuria che si aggiunge al già consunto decoro della nostra città. Protagonista del nostro breve racconto, oltre a un sacerdote, è la secentesca chiesa della Santa Croce Nuova.

Edificata nel 1625 dalla Confraternita della Santa Croce, riceve successivi ampliamenti, migliorìe e rimaneggiamenti in epoche successive, ma subisce importanti ferite nel ventesimo secolo: dalla natura, durante il terribile terremoto del 1916 e dall’uomo, a causa dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. All’interno, rimangono tuttavia due pale d’altare, affreschi, statue in gesso settecentesche e sull’altare maggiore un crocifisso ligneo del ‘400. La chiesa merita sicuramente una visita. Un pomeriggio di alcuni giorni fa, passando da quelle parti vediamo una persona (in borghese) girare la chiave della canonica. Non esitiamo a chiedergli lumi sulle sorti della chiesa e su quei gradini usati a mo’ di angolino per i “comodi” di chiunque si trovi a passare di là. È notorio che situazioni come sopra descritte siano comuni a molti monumenti sparsi per l’Italia. Chiunque si sente autorizzato a servirsene come meglio gli aggradi. Per citare un paio di episodi, si pensi alla fontana del Bernini (la Barcaccia) a Roma, devastata cinque anni fa da un aristocratico manipolo di tifosi olandesi o la Fontana dei Quattro Fiumi di Piazza Navona (sempre del Bernini), danneggiata dall’acuto verso il cielo dell’intelligenza di un tuffatore che usò la coda di uno dei mostri marini a mo’ di trampolino, spezzandola. Di fontane, in Italia e a Roma in particolare, ce ne sono molte. Materiale per dissetare i vandali ce n’è in abbondanza. Torniamo alla chiesa di via Alessandro Serpieri e alla persona che stava entrando in canonica. È un sacerdote rumeno. Gentilmente, ci racconta qualcosa di sé. Padre Cristian Coste, sposato e padre di due bambine è sacerdote da diciotto anni. Il vescovo dal quale dipende in Romania, nel 2003 lo manda in Italia come assistente spirituale per i rumeni appartenenti alla Chiesa Cattolica Greca di rito bizantino. E anche per affiancare un altro sacerdote, padre Muresan, colui che un anno prima ha iniziato ad aprire al culto cattolico greco – bizantino le comunità rumene dell’Emilia – Romagna. Insieme, girano la regione a cominciare da Imola, poi Forlì, Cesena, Faenza e Bologna. Nel 2008 padre Cristian viene trasferito a Rimini dove la parrocchia tuttavia esiste già da quattro anni presso la chiesa della Madonna della Scala (edificata nel XVII secolo, anche questa viene ricostruita dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale). Qualche mese fa, il religioso ottiene la canonica in via Serpieri. A quel punto, chiede al Vescovo di Rimini di poter celebrare messa in concomitanza con don Silvano Rughi che all’epoca era l’esorcista di Rimini. Il Vescovo, dopo avere fatto le debite valutazioni, acconsente. Tanto più che nel frattempo don Silvano si è dovuto ritirare per motivi di salute. Queste, le sintetiche informazioni che ci ha dato il sacerdote. Incuriositi, gli abbiamo rivolto qualche domanda per comprendere le difformità (se non altro quelle più evidenti) esistenti tra le due chiese.

Padre Cristian, quali sono le differenze basilari tra la vostra e la chiesa cattolica latina?
«Alla fine del diciottesimo secolo è stata fatta l’unione, cioè ci siamo uniti alla chiesa del Papa, però abbiamo mantenuto il rito ortodosso. Siamo chiamati “uniati”. Vale a dire, i cristiani d’Oriente che seguono le dottrine cattoliche e sono in comunione, cioè uniti (ecco l’origine del termine) con la sede apostolica di Roma. Siamo cristiani cattolici, ma abbiano riti liturgici differenti dal latino. Come Chiesa Cattolica Orientale abbiamo il “metropolita” (in pratica un arcivescovo), comunque nominato dal papa e assistito nel governo della Chiesa dal consiglio dei gerarchi. Va detto che nella Chiesa cattolica, oltre alla Chiesa latina coesistono diverse Chiese orientali “sui iuris”, ovvero dotate di autonomia giuridica. Il Codice dei canoni delle Chiese orientali è stato promulgato da papa Giovanni Paolo II il 18 ottobre 1990. Esso costituisce il codice comune a tutte quelle “sui iuris”, diverse dalla Chiesa latina».

Quali e quante sono le Chiese cattoliche di rito orientale?
«Se ne contano ventidue: tredici di “rito bizantino”, tre di “rito alessandrino” e altrettante di “rito siriaco – occidentale”, due di “rito caldeo” e una di “rito armeno”. Ognuna di esse conserva le proprie tradizioni cristiane orientali in merito alla spiritualità, alla liturgia, ad alcune peculiarità teologiche e alla normativa canonica e disciplinare che le distinguono dalla Chiesa “sui iuris” latina. Tutte sono rette dal Codice dei canoni delle Chiese orientali e dal proprio diritto canonico.
Per esempio, quelle di tradizione bizantina, come quella a cui appartengo, ammettono uomini sposati al presbiterato, altre esigono che i candidati cattolici pratichino il celibato, ma accettano, in via straordinaria, sacerdoti sposati convertiti al cattolicesimo dopo essere stati ordinati nelle corrispondenti chiese ortodosse».

Quanti fedeli avete, qui a Rimini?
«Non siamo molto numerosi. Lo stesso accade in Romania. C’è un motivo: durante il periodo comunista la nostra chiesa è stata bandita, i vescovi incarcerati e più di duecento preti sono stati assassinati. E le strutture esistenti, consegnate alla chiesa ortodossa. Si è consumata una vera e propria persecuzione. Più di quarant’anni di quel regime hanno avuto un ruolo importante contro la Chiesa Cattolica Orientale che è stata letteralmente decimata. Ora, piano piano, stiamo crescendo di numero e attualmente a Rimini contiamo circa novanta famiglie. Tuttavia, essendo questa una città turistica, il numero è molto variabile. Infatti ho molti fedeli che lavorano stagionalmente nel settore turistico».

Che ne sarà della comunità della chiesa di via Madonna della Scala?

«Fino a questo momento, in quella sede officiavamo in tre congregazioni: la comunità cattolica latina, quella greco – cattolica rumena e la greco – cattolica ucraina. Ora noi ci spostiamo qui, ma le altre due comunità rimarranno presso quella chiesa».

Quando comincerà a dire messa nella chiesa della Santa Croce?
«Il giorno due di agosto, esattamente dalle 9 e 30. Dirò messa in rito bizantino e in lingua romena».

Buona fortuna, Padre Cristian. Siamo sicuri che d’ora in poi, su quei gradini non si vedrà più sporcizia e nemmeno rifiuti abbandonati.

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