La proposta di soppressione arrivò dalla Congregazione di Carità e fu motivata da ragioni sanitarie e funzionali. Si oppose un "comitato cittadino" ante litteram, sostenendo che si sarebbe penalizzato il collegamento col Corso d'Augusto. Ma a nulla valsero le proteste. Accadeva negli ultimi anni dell'800.
C’era una volta un vicolo, a Rimini, che ad un certo punto fu soppresso. Immagino che nella storia cittadina il fatto si sia ripetuto più volte ma qui racconteremo ciò che accadde al Vicolo Ospedale (qui nella mappa con il toponimio del “Suffraggio”) altrimenti detto “dei matti”.
Anticamente tra il complesso dell’ex Collegio dei Gesuiti, attuale Museo della Citta, e il fabbricato attiguo esisteva un vicolo che permetteva di transitare dalla Contrada Codalunga (attuale Via Cavalieri), a quella del Suffraggio (attuale Via Tonini).
Nella seduta del 13 giugno dell’anno 1888 nel Consiglio Comunale della città viene, tra l’altro, presa in esame una lettera del 9 aprile precedente inviata dalla Congregazione di Carità che evidentemente già gestiva l’ospedale. In detta missiva si esordiva affermando che la stessa aveva “acquistato nell’interesse del dipendente Istituto Valloni, uno stabile in Via Cavalieri di ragione degli eredi del fu Marchese Adauto Diotallevi per collocarvi stabilmente il Ricovero di Mendicità”; data, come già detto, l’adiacenza dei due predetti edifici si chiedeva quindi la “soppressione e chiusura del vicolo detto dei matti che divide il detto fabbricato dal Civico Ospedale”.
Ovviamente lo scopo era quello di rendere più funzionale il collegamento tra i due fabbricati ora divenuti un unico complesso, ma anche di far sì che “malattie sospette” non si diffondessero facilmente; in sostanza un miglioramento delle condizioni igieniche sia interne che esterne.
Inoltre a compenso di quanto prospettato la richiedente si impegnava a “mettere a disposizione di codesto Municipio qualche letto in locale apposito, affinché tanto l’Autorità Municipale quanto quella di pubblica sicurezza possano col solo pagamento della spedalità provvedere convenientemente ai casi più urgenti”.
A norma di legge di allora a questa richiesta fu data pubblicazione, affinché chi avente interesse potesse opporre un reclamo che, peraltro, non si fece attendere.
E così un gruppo di ben 24 firmatari tra proprietari ed abitanti di immobili del luogo “…ricorrono alla bontà e rettitudine d’animo della S.V. Illustrissima, perché non voglia concedere la richiesta chiusura del vicolo Ospedale detto dei matti, come all’avviso Municipale N. 1292 delli 30 Aprile…”. I ricorrenti, di fatto, sottolineando l’esclusivo vantaggio della Congregazione di Carità, rimarcavano che la chiusura del vicolo avrebbe “fortemente compromessa” la viabilità di coloro che da quella zona potevano raggiungere trasversalmente “…dalla Via Clodia percorrendo Vicolo Fagnani…” e via via raggiungere il Corso d’Augusto, e che tale percorso era assai praticato. Dopo la lettura delle lettere si apre quindi la discussione tra i Consiglieri.
Alessandro Conte Castracane propone di sospendere ogni discussione per approfondire meglio il caso, volendo assecondare la richiesta della Congregazione, ma senza arrecare pregiudizio al pubblico.
Alberto Leonardi, invece, approvando la soppressione esordisce dimostrando “…topograficamente l’inutilità del vicolo…” dato che sullo stesso non si affacciano proprietà private; inoltre rincara la dose affermando che “…esso non è che deposito di immondizie e anche favorevole alle insidie per la sua conformazione tortuosa…” rammentando infine, a tal ultimo proposito, che “…molti anni or sono quel vicolo fu teatro di un tremendo assassinio…”.
Gli fa eco il collega Fanchinetti affermando l’inutilità e pericolosità del vicolo “che tutti conoscono”.
A quel punto Castracane ritirerà la sospensiva dato “che molti Consiglieri si mostrano così bene illuminati in merito…”, e la discussione procede.
In seguito interviene Sensoli d’accordo sulla soppressione dei vicoli “per ragioni di sicurezza, di igiene e di moralità” e che in sostanza non ha pregio il fatto che per raggiungere il centro della città di debba “fare poche decine di metri in più”.
Allineato anche il Masi che anzi sostiene che data la situazione, avrebbe dovuto essere lo stesso Municipio a proporre la chiusura del vicolo. Seguono altri interventi ma, considerata congrua la proposta della Congregazione a fronte della chiusura del vicolo, si giunge alla conclusione.
In quella data il Consiglio delibererà all’unanimità per alzata di mano l’accoglimento della proposta della Congregazione di Carità, rigettando le ragioni degli opponenti. E così nel 1888 scomparirà definitivamente quel vicolo, che a ragion veduta non doveva avere una gran fama. Oggi non è più visibile, in parte edificato dalla parte di Via Cavalieri, appartiene all’area del Museo cittadino di cui si può immaginarne la passata esistenza guardando il cancello laterale sulla Via Tonini, spesso utilizzato come uscita del prestigioso Istituto culturale.
Possiamo affermare che anche allora esistevano una sorta di Comitati, in assenza dei Consigli di Quartiere anche oggi negati.
La storia si ripete sempre sebbene lo si dimentichi; perché le decisioni che coinvolgono la città, ancorché fondate come in questo caso, vanno sempre condivise a priori e non sortite a posteriori quando materializzate. I cittadini dovrebbero essere sempre coinvolti in scelte importanti che riguardano la loro città, perché il confronto ha la capacità di renderle sempre migliori. Un basilare insegnamento – purtroppo – alieno a Rimini, che di recente è stato continuamente posto in scena.
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