"Esiste una cristianofobia diffusa dentro il mondo di oggi. In oltre il 70% degli stati di tutto il mondo la religione cristiana è quella più persegui
“Esiste una cristianofobia diffusa dentro il mondo di oggi. In oltre il 70% degli stati di tutto il mondo la religione cristiana è quella più perseguitata. Ma bisogna chiedersi: perché i cristiani danno fastidio e vengono perseguitati? Accade in Siria, in Egitto, in Arabia Saudita debbono stare nascosti e non possono neanche tenere un quadretto della Madonna in casa, perché è proibito, così come vengono perseguitati in Pakistan, in India, in Cina e in molti altri paesi”. Lo ha detto padre Bernardo Cervellera (nella foto con Marco Ferrini e don Tarcisio), missionario del Pime e direttore di Asianews.it, incontrando sabato pomeriggio i giovani del parrocchia del Villaggio I Maggio, mentre in serata ha portato la sua testimonianza alla preghiera per i cristiani perseguitati del Medio Oriente organizzata dal Comitato Nazarat sul sagrato del Duomo di Rimini (nelle foto qui sotto). Una sala gremita al pomeriggio e tantissime persone in serata (circa 400), che ha visto anche la presenza del coro ecumenico “San Nicola” e della fiamma di Betlemme.
Nell’intervento tenuto nei pomeriggio nella parrocchia di don Tarcisio Tamburini, padre Cervellera ha spaziato sui temi di maggiore attualità, soffermandosi anche su aspetti del problema medio-orientale che solitamente i media non spiegano.
Come mai i cristiani vengono perseguitati? “Perché offrono una testimonianza dell’umanità così grande e così importante che risulta insopportabile per tutti coloro che invece vorrebbero un uomo “rattrappito”. I cristiani sono portatori di un modo di vivere che mette in crisi chi vuole dominare il mondo e schiacciare gli esseri umani”, ha chiarito padre Cervellera.
“In Iraq i cristiani sono perseguitati anche perché continuamente sottolineano l’importanza del fatto che i proventi del petrolio devono essere distribuiti in tutto il paese, mentre ogni gruppo e ogni regione vorrebbe quei proventi solo per sé. I cristiani sostengono che se la ricchezza è del paese va distribuita a tutti. I cristiani sono perseguitati dall’Isis non solo perché sono di un’altra religione ma perché sono portatori di un modo di vivere che l’esercito islamico non sopporta. L’Isis vuole riportare il mondo a come viveva Maometto, al settimo secolo, una cosa folle. E’ per questo che i cristiani già da quattro anni vengono definiti da Al Qaeda e poi dall’Isis come gente che inquina il Medio Oriente. Ma i cristiani erano li prima del mondo islamico, a partire dalla prima età apostolica. Quando San Pietro ha parlato a Gerusalemme subito dopo la Pentecoste, descrivendo la situazione che ci viene riportata da San Luca negli Atti degli Apostoli, ha elencato tutti i rappresentanti dei popoli presenti allora: “Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi …”, quindi gli arabi cristiani vivono la fin dal giorno della Pentecoste”.
I cristiani in Medio Oriente “hanno costituito per secoli una funzione di cerniera grazie alla capacità di stare con tutti i popoli e con tutte le culture, tirando fuori il buono ovunque: vagliate tutto e trattenete il valore. I cristiani pertanto non hanno inquinato il Medio Oriente ma hanno fatto in modo che dialogasse”.
Padre Cervellera ha poi spiegato la ragione dell’accanimento dell’Isis verso le donne e in particolare nei confronti delle scuole: “Per il fanatismo islamico la donna dovrebbe vivere ancora come ai tempi di Maometto, senza istruzione, stando a casa e facendo figli. Per questo motivo l’Isis rapisce e sequestra le giovani che vogliono darsi un’istruzione, distrugge le scuole, soprattutto quelle femminili, che poi sono scuole cattoliche o cristiane, perché il cristianesimo assegna grande importanza alla dignità della donna e al contributo che essa porta alla società. Il motivo per cui non si sopportano i cristiani è perché portano la libertà, una nuova dignità, apertura. Proprio per questo i capi religiosi iracheni supplicano i cristiani di non andare via: senza di voi – dicono – noi ritorniamo nella barbarie”.
Accenni ad altre situazioni di persecuzione dei cristiani padre Cervellera li ha fatti anche parlando del pogrom contro i cristiani lanciato in India e dei campi di concentramento ancora numerosi in Cina (“nei quali vivono e vengono torturati anche preti e vescovi e dove secondo Herry Wu sono internati 4 milioni di cinesi”), un paese, ha detto, “che è cambiato in tante cose, diventando ad esempio quasi liberista dal punto di vista economico, che ha stabilito rapporti col mondo intero, però non ancora disposto a concedere la libertà religiosa, terreno sul quale lo stato vuole essere controllore assoluto”.
Il filo rosso che accompagna le persecuzioni contro i cristiani è la volontà di spegnere una forza rivoluzionaria che non si fa dominare: “Ha ragione papa Francesco quando parla della situazione da ospedale da campo che stiamo vivendo: la mania del potere, del controllo, della dittatura di tipo statalista, materialista, fondamentalista, sta rendendo il mondo un luogo impossibile da vivere. Lo testimoniano anche lo stato in cui versa l’economia, la difficile convivenza fra i popoli, le guerre che si moltiplicano, l’immagine dell’uomo che viene a confondersi sempre di più. Se si vuole veramente che il mondo abbia un futuro, da una parte bisogna che i cristiani vengano lasciati liberi e dall’altra che i cristiani si impegnino ad essere tali. I cristiani perseguitati per i quali noi preghiamo e che cerchiamo di aiutare con le diverse forme di sostegno, ci dicono che il motivo per cui vale la pena vivere e morire è la fede in Cristo”.
Padre Cervellera ha anche raccontato di essere tutti i giorni a contatto con situazioni di martirio, di testimonianza, di sofferenza. Il Pime, l’istituto Pontificie missioni estere, conta ben diciotto martiri: “Quando arriva la notizia che un nostro confratello è morto martire, andiamo in cappella e cantiamo il Magnificat: grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, un cantico di gioia perché il Signore ha fatto cose grandi. Il martirio è veramente il segno dell’amore supremo, del fatto che Gesù Cristo non abbandona il popolo in cui è avvenuto il martirio, che è sempre seme di una nuova umanità”.
La disumanità di chi in Italia combatte gli immigrati. “In Italia la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente viene utilizzata per imbastire una polemica contro gli immigrati, contro i musulmani e le varie etnie che sono presenti da noi, e questo è sbagliato. Nei confronti dei musulmani abbiamo due tipi di atteggiamento: il rifiuto in nome del fatto che accoglierli rappresenterebbe un problema troppo grosso, ma questo è ridicolo perché ad esempio in Libano ci sono 2 milioni di profughi su 6 milioni di abitanti, quindi un terzo della popolazione, mentre in Italia ci lamentiamo di poche migliaia di profughi che arrivano, questa è disumanità. Oppure, secondo atteggiamento, per convivere nascondiamo la nostra identità. Certi presidi dicono: per rispetto delle altre religioni noi non dobbiamo fare il presepio. Io ho amici musulmani che sono felicissimi di partecipare ai presepi viventi o che fanno il presepio in casa. In realtà anche sotto queste posizioni emerge una politica di tipo dittatoriale laicista che mette una religione contro l’altra per eliminarle tutte e due. La vera questione è garantire al musulmano, al cristiano e all’ebreo di potere esprimere la propria fede anche in pubblico”.
Lo scandalo del secolarismo. A proposito dell’atteggiamento da tenere nei confronti dei musulmani che vivono in Italia, Cervellera ha detto che “bisogna testimoniare anche davanti a loro la nostra fede, perché spesso rimangono scioccati dal fatto di non vedere segni religiosi, sono scandalizzati per il secolarismo che vedono in Occidente”.
Perché l’Isis arruola molti giovani occidentali oppure musulmani di seconda o terza generazione? “Perché questi giovani, educati in Occidente, sono cresciuti nel vuoto religioso. Magari sono figli di genitori musulmani che sono grati all’Occidente che li ha accolti e si sono messi a lavorare dalla mattina alla sera per garantire il benessere dei loro figli, come tanti genitori anche in Italia che si preoccupano di dare benessere ai figli ma non di offrire un senso del vivere. E questi ragazzi sono cresciuti vuoti dal punto di vista spirituale e magari andando a fare un viaggio nei loro paesi d’origine hanno riscoperto la fede, decidendo di combattere la vuotezza dell’Occidente”.
C’è un Islam che prende le distanze e si schiera contro l’Isis? “Si, anche a seguito di una presa di posizione molto netta del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. La maggior parte dei Mufti e degli stati di maggioranza islamica ha condannato l’Isis, ma dalla condanna formale al fare qualcosa di concreto ce ne passa”. Tra le cose più importanti che sono avvenute in queste settimane Cervellera ha ricordato la forte condanna arrivata dall’università di al-Azhar del Cairo nei confronti della violenza dell’Isis, della sua manipolazione del Corano e allo stesso tempo anche la difesa dei cristiani, del dialogo e della convivenza con loro.
“Il grosso problema resta quello di stati come l’Arabia Saudita e il Qatar, che hanno interessi egemonici sul Medio Oriente e che di fatto finanziano l’Isis. Se bloccassero questi finanziamenti in poco tempo l’Isis finirebbe”.
Ma Cervellera ha anche parlato della “inerzia dell’Occidente“: un po’ per la crisi economica, un po’ perché nessuno si vuole rovinare i rapporti con l’Arabia Saudita, Italia compresa, la guerra all’Isis non si fa veramente, limitandosi ai bombardamenti dall’alto, mentre risulterebbe decisivo il combattimento di terra e quindi l’intervento di un esercito.
L’inerzia sostanziale è però di altro genere: “L’Occidente ha avuto rapporti con questi paesi solo dal punto di vista economico, mai da quello culturale, mentre invece ci sarebbe bisogno di finanziare università, studi, libri per cercare di migliorare la comprensione tra Oriente e Occidente. Obama nel 2009 fece un discorso bellissimo al Cairo proprio nel senso dell’apertura di dialogo col mondo islamico, però poi non è successo niente, anzi sono avvenute queste guerre”.
Papa Ratzinger aveva visto giusto. “Tutto quello che sta succedendo in Medio Oriente è la realizzazione di quello che aveva detto Benedetto XVI nel suo discorso a Regensburg, quando aveva fatto la famosa citazione di Michele II Paleologo. Disse che non si può parlare di Dio e affermare la violenza perché la violenza è contro la ragione. Dio è ragione e quindi non si può rivendicare alla violenza un carattere religioso. Ricordiamo che ci furono tante critiche nel mondo islamico a quel discorso, ma si sta manifestando adesso chiaramente che è venuto il tempo per l’Islam di rinunciare esplicitamente alla violenza. Benedetto XVI disse anche un’altra cosa, che nessuno mai ricorda: che l’Occidente deve aprire la sua ragione alla dimensione religiosa altrimenti non riuscirà a capire e a dialogare con le culture extraeuropee. Se l’Occidente rimarrà chiuso dentro la sua mentalità razionalista e materialista non potrà avere rapporto con altre culture al di fuori dell’Europa, ed è quello che sta avvenendo. Molta violenza in Medio Oriente è causata anche da questo occidente materialista preoccupato solo di fare i propri affari in quei paesi”.
Segni di umanità in mezzo all’umanità calpestata. Tutte le storie difficili che conosciamo, di persecuzione e sofferenza, ha concluso padre Bernardo Cervellera, sono allo stesso tempo storie di una umanità grande. “Un sacerdote cinese che ha fatto 30 anni di campi di concentramento e poi ne è uscito, a quasi 90 anni d’età prendeva ogni giorno la sua bicicletta e andava in giro a fare catechismo nei villaggi della Cina. Diceva: “Io voglio continuare ad annunciare il cristianesimo, perché la Cine senza il cristianesimo si distrugge”. Ricordo ancora gli occhi bellissimi di questo prete, Padre Paolo, che a quasi 90 anni sembrava un bambino. Dentro le brutture ci sono dei segni di umanità che sono meravigliosi. Come nei campi di concentramento nazisti c’è stato un uomo come padre Kolbe che ha scambiato la sua esistenza con la vita di un altro”, ha concluso Cervellera.
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