Sono sempre stato attratto dai luoghi storici, li amo, li apprezzo, sento lo scorrere dei volti che hanno rosicchiato con gli occhi i monumenti, ne ha
Sono sempre stato attratto dai luoghi storici, li amo, li apprezzo, sento lo scorrere dei volti che hanno rosicchiato con gli occhi i monumenti, ne hanno scolpito lo spessore della pietra e della tecnica. Per caso mi sono imbattuto in una esperienza professionale che speravo fosse un’eccellenza, voluta fortemente dal territorio nelle sue espressioni sfaccettate, sia politiche che agricolo economiche.
cibi, parole, emozioni
di Paolo Bissaro
Il viaggio che intrapresi non fu solitario, ma assieme ad amici e a professionisti del settore, io non mi reputo un professionista, anzi mi sento un artigiano che si consuma con il tempo, che si spegne con il vento. Questo progetto aveva caratteristiche e vincoli nobili, condivisibili, da tutte le parti, non poteva costituire problemi in quanto si pensò di costruire uno spazio che fosse al servizio delle filiere produttive locali, quindi il vino, la carne, il pesce, i formaggi, dovevano essere gli ambasciatori silenti di un territorio stupefacente come è quello dell’entroterra riminese. Noi dovevamo essere il megafono e la tecnica per valorizzarli, per esaltarli nella contemporaneità delle esigenze, senza spettacolarizzazioni machiavelliche, rispettando la materia e ripulendola dalle sovrastrutture mediatiche e modaiole, riportando e portando per mano un territorio verso la giusta collocazione delle eccellenze che ogni luogo geografico deve per forza mantenere. Durammo il tempo di una mezza stagione, d’altronde viviamo nelle mezze stagioni, l’entusiasmo iniziale si sostituì ad una rassegnazione scivolosa verso lo stomaco delle paure. Noi con la forza e la determinazione di chi crede ancora nel merito non facemmo i conti con il mondo degli adulti, lo eravamo anche noi, ma credevamo che essere adulti significasse assumersi responsabilità di fronte agli errori, ma non furono errori, furono orrori ben orchestrati in cui noi purtroppo non potemmo fare altro che abbandonare la nave prima che la nave ci venisse sequestrata dalle autorità portuali, le stesse che ci vollero a comando della nave dopo che vincemmo un bando pubblico all’interno del solito consorzio italico.
Il motivo per cui scendemmo dall’imbarcazione fu semplice e chiaro, non si potevano ottenere i regolari permessi per operare nell’ambito merceologico specifico in quanto non esistevano, e per quel che mi risulta tutt’ora non esistono, i requisiti per potersi chiamare, bar, mensa o ristorante. Non fummo degli Schettino, anzi col tempo capii che fu cosa buona e giusta scendere da un mercantile per trafficanti, per lo meno abbiamo avuto la possibilità di salvarci, dalla crisi sempre più forte e buia, ma anche e soprattutto dalla logica centripeta che contraddistingue la nostra classe dirigente. Sono Paolo Bissaro cuoco artigiano, non mi spaventa il vento mi alleo con il tempo, gestivo la Domus di Bacco, la caffetteria ristorante all’interno del Museo della Città, lasciai perché era ed è tecnicamente impossibile poter ottenere una regolare licenza, nemmeno Melucci ci riuscii.
Ricetta per 10 persone
3 kg di coscia di maiale rustichello nostrano con cotenna
20 gr di sale di Cervia
1 limone grattuggiato e il suo succo
q.b. finocchio selvativo
2 spicchi d’aglio
q.b. pepe nero
Procedimento
La coscia di maiale la si stende sul tagliere nel senso della pelle, si praticano 2 incisioni laterali per il lungo con una angolazione di circa 45 gradi, bisogna fare attenzione a non recidere la cotenna. Grattare il limone spargendo la buccia in modo uniforme, spremere il limone sulla carne e massaggiare per qualche minuto. Su un altro tagliere con il coltello tagliare il finocchio selvatico, l’aglio ed il sale fino ad ottenere un composto omogeneo e sottile. Condire in modo uniforme massaggiando sempre con o polpastrelli. Grattare il pepe nero, la quantità corretta è di 2 grattate per sezione. Legare la carne. Lasciate marinare per 24 ore in frigorifero. Il giorno seguente la si porta dal macellaio e la si fa chiudere sottovuoto. Avvolgere la porchetta sottovuotata in un panno di cotone bianco e legare la massa onde evitare che possa uscire il sacchetto in fase di pulitura. Impostare la lavatrice a 60 gradi con un tempo di lavaggio di circa 4 ore, saranno sufficienti, mettere la porchetta in lavatrice e azionarla. Al termine della cottura lasciarla raffreddare per qualche ora e posizionarla nel frigo. Il giorno seguente sarà una favola, da tagliare con il coltello a fette sottili, abbinarla a sottoli fatti in casa si corre il rischio di non andare più al ristorante. Ricordate la porchetta è un piatto che va servito freddo, ma anche caldo.
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