Manca la volontà politica di dirimere la vicenda. Sul consiglio comunale di ieri sera, ancora un nulla di fatto.
Chi ha avuto modo di assistere al Consiglio Comunale tematico di ieri sera, ha in realtà rivisto per l’ennesima volta lo stesso siparietto ormai consunto e sempre propinato. Si parlava dell’Anfiteatro romano e – ovviamente – del CEIS nel quadro di una vicenda che si protrae da oltre 70 anni senza una soluzione.
Non è difficile capire come mai dopo tanto tempo si è giunti ancora oggi ad un nulla di fatto; oltre all’inerzia istituzionale, è mancata in modo chiaro la volontà politica di dirimere la vicenda, nonostante i vari momenti di offerta di collaborazione da parte di chi si propone sia per salvare quell’istituzione scolastica e sia per restituire quel monumento nella sua interezza alla cittadinanza.
È ormai prassi consolidata che deriva dall’ultimo decennio, e di cui la tradizione continua tuttora, che allorquando l’amministrazione cittadina è a corto di argomenti relativamente ad un fatto specifico, si dice sotto attacco per motivi ideologici. Lo abbiamo visto per la cementificazione di piazza Malatesta, del Castello del Brunelleschi trasformato in un contenitore di materiali di scena cinematografici, ed anche nel caso dell’Anfiteatro. Sarebbe il caso di porre fine al comportamento di creare contrapposizioni, e cercare una soluzione unitaria al problema; insomma di crescere.
Del resto vari esponenti dell’opposizione che hanno preso la parola, non solo hanno riconosciuto la validità del CEIS, ma si sono dichiarati disponibili a collaborare per risolvere l’annoso problema. Il consigliere Renzi, a tal proposito, citava un episodio in cui l’allora sindaco Alberto Ravaioli lo aveva incaricato per trattare lo sgombero di una stazione di servizio antistante il monumento, che si era concluso con esito positivo.
Non esistono ideologie, ma solo il tentativo di mettere le cose al loro giusto posto, tanto che oggi assistiamo al paradosso che le opposizioni cercano di ottenere dalla maggioranza il rispetto di quegli strumenti urbanistici creati in passato proprio da quest’ultima, intesa come continuità politica, e sempre disattesi.
La storia è assai complessa ma non è stato bello sentir dire dal sindaco che in quell’area è tutto regolare, quando ciò che è stato autorizzato è viziato dall’inottemperanza di ben due vincoli di tutela assoluta, inedificabilità, di cui il primo del 1913 ed il secondo del 1914.
Come pure sentire tutti quegli interventi in cui il CEIS appariva il vero monumento del sito, o il richiamo all’Enciclopedia Treccani dove di quella struttura ne è riportata la storia. Soliti scenari che hanno sempre sostituito quei fatti mai compiuti, come peraltro sentir dire che si sta lavorando per una soluzione; promessa ormai troppo datata e mai mantenuta.
Poi il finale, quando il sindaco ha affermato che si faranno dei sondaggi per sapere cosa c’è, e se c’è qualcosa al di sotto dell’area in cui insiste il CEIS.
Qualcuno ha colto questa come un’apertura, ma in realtà c’è l’impressione che sia ancora una volta un modo di prendere tempo, perché tutta la vicenda è stata condotta anche in tal senso.
Cosa ci potrà mai essere nel sottosuolo, non certo la tomba di Dracula come amaramente ironizzava il cessato sindaco, a fronte degli importanti ritrovamenti emersi in piazza Malatesta. Lo ha spiegato molto bene il professor Giovanni Rimondini con il suo lucidissimo intervento di cosa si stia trattando, ma anche l’ampia letteratura passata ad opera di eminenti storici e soprintendenti.
Quindi? Tornando al temporeggiare, fino a quando si materializzeranno questi sondaggi, tra finanziamenti, contatti con la soprintendenza e altro, passerà ancora tanto tempo senza che la situazione si risolva. Poi anche se emergerà ciò che non è difficile immaginare, cosa deciderà la politica?
Non è sfiducia, ma piazza Malatesta insegna. In quel sito si è trovato di tutto, dal fossato del castello, ad evidenze di origine romana e medievale; in pratica la storia del cuore di Rimini. Ma per l’amministrazione di allora non c’era nulla. Ed è fin troppo ovvio, perché chi non ama o comprende queste cose non può vederle; ed è questo il rischio che si corre a Rimini.
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