L’anfiteatro romano e quel monito che attraversa i secoli

L’anfiteatro romano e quel monito che attraversa i secoli

Sembra che non c'entri con noi e che la sua sopravvivenza non ci riguardi. In realtà è un «monumentum» – da «monere» ammonire – al mistero tremendo della guerra, che è già nuovamente in Europa.

Gli anfiteatri venivano usati per abituare i Romani giovani e vecchi, maschi e femmine, plebei e patrizi, schiavi e imperatori allo spettacolo della morte e del sangue. Il fine di tanta crudeltà era allevare un popolo guerriero abituato allo spettacolo di Tanathos, e perché si identificasse con i vincitori: te regere imperium popule romane memento parcere subiectis debellare superbos […popolo romano ricorda che devi comandare sul mondo, risparmiare chi si sottomette e sterminare i ribelli]. Quale miglior monumento è l’Anfiteatro: monumentum – da monere ammonire – al mistero tremendo omicida e suicida di sempre della guerra, che è già nuovamente in Europa e potrebbe travolgerci da un momento all’altro.
Tenerci dentro dei bambini non esorcizza la violenza del monumento, anzi ci ricorda in modo inquietante i bambini vittime che in questi momenti che state leggendo vengono massacrati in Palestina senza che il rosa delle nostre ignave estati turistiche si tinga di rosso. L’Anfiteatro è un monumento alla tragicità dell’esistere, mediato però dalla bellezza dell’arte e dalla maestà della storia, soprattutto in una società narcisista stracciona ed edonista della nostra Rimini di oggi.
Ma la sabbia dell’arena non si tingeva solo del sangue dei gladiatori. Erano spettacolarizzate anche le esecuzioni capitali dei condannati a morte per qualche delitto infame; i condannati vestiti nei panni di eroi mitologici o dei nemici di Roma erano massacrati alla fine di recite teatrali per il divertimento sadico e l’educazione dei giovani guerrieri.

Certamente nella nostra arena vennero messi a morte i primi cristiani di Ariminum e diligenti scavi potrebbero trovare delle crocette, dei graffiti e delle epigrafi a ricordo dei martiri.
Ma i nostri preti – i pochi rimasti e i seminari sono vuoti – e i vescovi, secondo voi leggitori, hanno interesse per la storia della religione cristiana? Oggi altre religioni producono martiri assassini.
Costruito ai tempi dell’imperatore Adriano (117-138 dopo Cristo), il nostro Anfiteatro sotto Aureliano (270-275 dopo Cristo) venne inglobato nelle mura che orlavano a est e sud la grande fossa della subsidenza che aveva fatto sprofondare il ponte di Augusto e Tiberio, una bella fetta della forma urbis di Ariminum e tutta l’area del futuro Borgo di San Giuliano.

Vediamo nella tamponatura degli archi dell’Anfiteatro muri ottenuti con i sedili numerati in pietra delle scalinate interiori, ma non è detto che il grande invaso avesse perduto la sua funzione di luogo degli spettacoli gladiatori e delle esecuzioni capitali. La verità verrà trovata nei futuri scavi.
Sono sicuro che queste generazioni di politici distruttori e ignoranti e di addetti ai lavori timidi e sprovveduti passeranno e nuove generazioni di veri politici efficaci e di addetti ai lavori creatori costruiranno nel rispetto del remoto glorioso passato una Rimini veramente degna di diventare la capitale nazionale della cultura e non solo per un anno.
Per ora dobbiamo guardare con malinconica attenzione i sindaci che cementano un fossato opus magnae mentis et praecellentis ingenii [opera di una grande mente e di un famosissimo ingegno] progettato dal più grande architetto di tutti i tempi, o le rampe del ponte romano…
Vero è che il sindaco delle rampe pro tempore non è stato assistito, ammesso che volesse farsi assistere, da archeologi astuti e preparati. Avete letto nell’ultimo libro uscito sul ponte romano che qualcuno degli autori si è accorto che il ponte romano è a bagno fino all’imposta degli archi?
Quando lo vedranno – anche loro poverini hanno occhi per vedere e o prima o poi lo vedranno – si chiederanno perché mai il ponte è a bagno…Ma non curiamoci di questi sprovveduti silenziatori…

È un brutto momento però, siamo onesti, non solo per il mainstream culturale riminese, ma anche per tutto il settore umanistico dell’Alma Mater dopo i fasti di Andrea Emiliani, l’ultimo dei grandi longhiani che hanno ripristinato nel mondo il valore della grande pittura bolognese del ‘500 e del ‘600, di Pier Luigi Cervellati, che ha salvato la città dalla cementificazione e dall’espulsione delle classi popolari dalle periferie, e di molti altri protagonisti della cultura di una Bologna che non c’è più, ahimè, e adesso corre il rischio di ridursi ai livelli di Rimini.
Nell’Alma Mater si trascina nel campo dell’arte uno stanchissimo “realismo”, un signor fenomeno se è stato adottato contemporaneamente dalle ‘democrazie europee’, dai sovietici, da fascisti e dai nazisti e poi nel dopoguerra; cioè a dire un bel problema storico e critico non trovate?
Insomma non basta dire dei dipinti di Annibale Carracci che “sembrano vivi”; quando avevo 14 anni nella prima mostra su Carracci – che meraviglia – la chiave di comprensione allora era: “sembrano veri”.
Futuri addetti ai lavori di Rimini date un’occhiata al volumetto di Walter Siti sul realismo Il realismo è l’impossibile.

Mio nonno Enea faceva lo “spondino”, cioè ogni anno aggiustava le sponde dei fossetti, dei fossi, delle fosse matrici che mantenevano l’assetto idraulico delle strade e dei campi coltivati. La mia famiglia contadina appartiene ad una Partecipanza del bolognese – a Medicina Taberna Medicina il nome che i Romani davano al monumento che i Riminesi chiamano domus del chirurgo –, un enorme latifondo di origine imperiale romana, in gran parte tuttora esistente. Coltivato al tempo di Augusto ma poi per un fenomeno di subsidenza sprofondato di circa 4 metri; al tempo dell’imperatore Federico Barbarossa era divenuto un acquitrino boscoso. Abbiamo avuto archivi favolosi e storici locali che li hanno consultati. Conosco il mio capostipite un Rimondinus di cui si hanno notizie nel 1250.
Forse questo spiega perché mi sono accorto della subsidenza del ponte, della città romana e del borgo di San Giuliano, solo in mezzo a tante belle addormentate.
E il nonno Neo mi avrebbe potuto spiegare come si governa il sistema dei fossi per mantenere asciutti campi e strade.
Bè mi ha aiutato ugualmente perché spesso penso alla sua vita, al suo lavoro, e ai fasti dei contadini che abitano nei territori centuriati. Io ho visto nel dopoguerra, prima dell’abbandono dei campi, gli ultimi fuochi di marzo in onore del Dio della guerra, accesi dai discendenti dei legionari che hanno mantenuto intatte le centuriazioni idrauliche nei quasi due millenni.
Negli anni ’60 un giovane archeologo dell’Università di Grenoble, Gerard Chouquer, ottenne una somma considerevole per fotografare da un aereo tutta l’area centuriata romagnola e pubblicò nella rivista dell’istituzioni culturali francesi a Roma Les centuriations de Romagne oriental. Scoprì le tre centuriazioni di Ariminum e del suo territorio. Anticipò anche, nello spiegare certe curvature delle strade centuriali dovute al mutare di sito dei fossi, che la centuriazione non era un sistema di strade, ma un sistema idraulico…
Del suo fondamentale studio nelle biblioteche di Romagna esiste una sola copia fotostatica nella Biblioteca di Cesena.
Come mi piacerebbe averne discusso col mio amico e maestro Giancarlo Susini, esperto di centuriazioni viarie asciutte.
La centuriazione non è solo un sistema di strade, è soprattutto un sistema idraulico con tutte le situazioni spaziali del territorio, nient’affatto piatto come generalmente viene presentato ma in pendenza verso un fiume o il mare e conosciamo tutti gli strumenti antichi necessari per crearla: determinanti sono i terreni in pendenza per far scorrere le acque, già descritti da Vitruvio: libratur autem dioptris aut libris aquariis aut chorobaten […bisogna stabilire il livello servendosi delle diottre, delle livelle e del corobate… Trad. Luciano Migotto] –. Lo scrivo per i giovani e futuri archeologi: invitandoli a cercare cosa sono le diottre e i corobati nel De Architectura libro ottavo paragrafo V. Sistemi di livellamento –.
E si possono cominciare i nuovi studi sulle centuriazioni come complesso e ben governato sistema idraulico con le ricche e dettagliatissime mappe del Consorzio di Bonifica della Romagna, destinato ad essere il partner delle scuole di archeologia.
Queste non sono informazioni che potete trovare nel Museo della Centuriazione Romana di Borgoricco che ignora la centuriazione come sistema idraulico e presenta solo quella asciutta.
Se volete ringraziarmi, giovani futuri archeologi, vi invito ad acquistare e a far acquistare la versione cartacea del mio Rimini città del Rinascimento uscito sul mercato di Amazon, dove troverete cose sulla storia di Sigismondo Pandolfo che voi mortali non avete mai nemmeno sognato.

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