Le stesse mura per un ufficio comunale sono “malatestiane” e per un altro “ottocentesche”

Le stesse mura per un ufficio comunale sono “malatestiane” e per un altro “ottocentesche”

Quando le mura vengono "aggredite" dalla mano del Comune, la loro datazione sale (e diventano tardo ottocentesche), quando c'è da far rispettare la legge nei confronti dei privati, la datazione scende e d'improvviso diventano beni da tutelare. Ecco cosa mettono nero su bianco due diversi dipartimenti di palazzo Garampi.

Non si sa se siano lacune, scarsa o confusa conoscenza, oppure qualcosa di diverso. Sta di fatto che la stessa amministrazione comunale, quella di Rimini, per mano di due uffici diversi, definisce le mura su sponda sinistra del Marecchia, quelle che di recente sono state tagliate come un filone di pane toscano per realizzare il famoso balcone aggettante e la scalinata che permette di arrivare alla passerella galleggiante, una volta “malatestiane” e un’altra “ottocentesche”. Difficile da credere, ma è così. Difficile, anche perché la materia dovrebbero averla studiata bene in vista della realizzazione del comparto 4 del progetto Marecchia, che ha comportato lo “sfondamento” delle mura su sponda destra e la “breccia di piazza Pirinella”, come è stata definita. Interventi che hanno visto piovere esposti sul Comune, fra l’altro proprio in merito alla questione del valore “monumentale” delle mura e come tali vincolate. Procediamo con ordine.

Mura ottocentesche. Leggiamo dalla relazione generale tecnico-architettonica (progetto preliminare definitivo) dell’architetto Francesca Dellarosa, ufficio lavori pubblici di palazzo Garampi.
A pag. 16: “Il tratto iniziale dell’asta del Porto canale è costituito dal bacino del Ponte di Tiberio delimitato dai bastioni medievali in sponda destra e dai bastioni ottocenteschi in sponda sinistra verso il Borgo San Giuliano”.
A pag. 27: “L’area del Canale è delimitata dalle antiche mura di cinta cittadine lungo la via Bastioni Settentrionali e dalle mura ottocentesche lungo il Borgo San Giuliano…”.
A pag. 30: “Le mura in sponda sinistra verranno abbassate in corrispondenza di due nicchie presenti nella muratura tardo ottocentesca“.
A pag. 37: “L’intervento mira a valorizzare e qualificare questo luogo eletto per creare uno scorcio preferenziale sul bi-millenario ponte romano, per godere al meglio, già dalla Piazzetta, della vista delle mura ottocentesche poste in sponda sinistra e per trasformarlo in fulcro di relazioni e luogo di socializzazione”.
A pag. 39: “Le rampe si insinuano fra le mura ottocentesche, girano su di esse inseguendo il ponte in pietra d’istria, si protendono verso di lui proiettandosi sull’acqua e ripiegano verso l’attracco del ponte galleggiante per poi depositare i visitatori sul piano delle banchine”.
Di passaggio segnaliamo che qui l’architetto definisce tout court, senza ombra di dubbio, le mura su sponda destra “medievali” e “antiche”, mentre l’amministrazione comunale nel rispondere agli autori degli esposti, al riguardo aveva fatto molti distinguo, parlando di “un palinsesto murario dalla stratigrafia complessa”, di una “parte basamentale” più antica rimasta intonsa e una parte “superiore, dalla cordolatura in laterizio fino alle copertine lapidee di coronamento” di datazione “settecentesca e in molti tratti ricostruita nel dopoguerra”. Ma torniamo alle mura su sponda sinistra.

Mura malatestiane. Pare che l’amministrazione comunale si sia messa in testa l’idea di applicare, senza se e senza ma, agli abitanti del Borgo San Giuliano, il Regio decreto del 1904 sulla tutela fluviale, che prevede una fascia di rispetto sulle sponde dei fiumi per il deflusso delle acque in caso di esondazione. La filosofia sposata nel caso di specie è la seguente: la tutela idraulica del fiume Marecchia prima di tutto. Inflessibili come Alberto Sordi nei panni del vigile Otello Celletti. Ebbene, nel contestare ai privati gli abusi che sarebbero stati commessi costruendo a ridosso delle mura, un altro ufficio comunale le chiama, mettendolo nero su bianco, “mura malatestiane”. E allora, se così stanno le cose, il Comune ha sfondato mura malatestiane per ricavare balcone e scale? Mettetevi d’accordo.

Ma c’è di più. Se il Regio decreto ha valore nei confronti dei privati che avrebbero commesso abusi, alcuni dei quali già raggiunti da ordinanza di demolizione, non ce l’ha anche per “soppesare” le opere costruite dall’amministrazione comunale nell’alveo del Marecchia, ovvero i comparti 3 e 4 del progetto Tiberio che qualcuno ha portato all’attenzione della Procura? Il pugno duro degli uffici comunali verso i borghigiani rei di essersi ricavati manufatti e giardini a ridosso delle mura rischia di trasformarsi in un’arma a doppio taglio. Perché il Testo unico sulle opere idrauliche vieta anche qualsivoglia “costruzione” negli alvei. Se i residenti di via Marecchia dovrebbero demolire opere edificate sull’argine, comunque all’interno delle mura, che dire del terrazzo aggettante ricavato sfondando addirittura gli argini? O del pilone del ponte dei Mille, anch’esso compreso nella fascia di rispetto?

Per ora va constatato, oltre allo strabismo nella datazione delle stesse mura, che quando queste vengono “aggredite” dalla mano del Comune, la loro datazione sale (e diventano tardo ottocentesche), quando c’è da far rispettare la legge nei confronti dei privati, la datazione scende e d’improvviso diventano beni da tutelare.

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