L’iniziativa privata umiliata da palazzo Garampi: l’incredibile storia di “Rivabella Domani”

L’iniziativa privata umiliata da palazzo Garampi: l’incredibile storia di “Rivabella Domani”

La narrazione sul parco del mare enfatizza spesso e volentieri il "processo partecipativo". Il caso che vi raccontiamo dimostra l'esatto contrario: i cittadini sono pronti da oltre vent'anni e avanzano proposte al Comune, ma incontrano solo muri di gomma. E l'area che ruota attorno al rudere della ex chiesa resta una mostruosa ferita. Tanto che i diretti interessati annunciano: "non vorremmo vederci costretti a vendere a qualcuno che poi legittimamente apra una moschea". Parla l'ingegner Loris Tamburini.

Groundhog Day (Giorno della Marmotta) è un film americano del 1993, diventato con il tempo un “cult movie”. In Italia prende il titolo “Ricomincio da capo”. E’ possibile che tra la pellicola interpretata da Bill Murray e la vita di Rivabella Domani srl (Associazione con struttura economica aperta a rivabellesi) ci sia una sinistra analogia nella focale narrativa su cui si impernia la trama del film? Certamente. A cominciare dal suono della sveglia mattutina, il protagonista dell’opera cinematografica (Bill Murray) è costretto a rivivere all’infinito la stessa giornata, come avvolto da un incantesimo. Il lavoro, fondamentalmente è comico, ma induce anche a riflettere sull’alienazione e sul malessere della società. Ebbene, la “nostra” protagonista (Rivabella Domani) vive e rivive da anni le stesse giornate, gli stessi appuntamenti, le stesse promesse, gli stessi rinvii e le medesime, immancabili delusioni. Cambiano i comprimari (sindaci, assessori, tecnici), ma la conclusione è invariabilmente una: che non c’è conclusione. Roba da uscire di testa dal ridere. Quasi. Ma questa non è finzione cinematografica. E’ una pessima realtà sbattuta e risbattuta in modo seriale sul muso dei Rivabellesi. La trama si srotola attraverso un periodo di vent’anni e più. Circa diciotto mesi fa incontriamo il presidente di Rivabella Domani, l’ingegner Loris Tamburini. Gli chiediamo come mai Rivabella (ma non è l’unica) risulti come trascurata dai progetti di rinnovamento sventolati da palazzo Garampi. In quell’occasione il racconto è intenso e lungo. Cerchiamo di sintetizzare così l’intervista che ci concesse l’ingegnere. Che comincia così: «circa 22 anni fa la curia vende una struttura che mai è stata adibita a chiesa se non in via temporanea. Con il sindaco Chicchi si comincia a parlare di rapporto pubblico/privato: ciò che fa il privato deve avere anche un interesse pubblico. Sulla base di questo concetto, a Rivabella si costituisce una società. Si chiamano tutti i rivabellesi a partecipare attraverso pubblicizzazione e manifesti. L’obbiettivo? Acquistare l’immobile. Non per realizzare un condominio, come da progetto proposto, ma un centro di riqualificazione e aggregazione per Rivabella».

Avete già un buon carburante di idee da mettere nel motore della vostra iniziativa?
«Dopo l’acquisto della struttura e del lotto ad essa pertinente viene proposto un bando pubblico di progettazione per corrispondere a quella finalità. Si vorrebbe realizzare una piazza, collegare la zona con la spiaggia, spostare i negozi che erano sotto gli alberghi evitando tuttavia di creare un vero e proprio centro commerciale e riqualificare il territorio. Questo il vero unico scopo.
Si vorrebbe costruire anche un grande parcheggio sotto via Toscanelli perché ne siamo veramente carenti. La gara fu vinta dall’architetto Mariella Franchini che successivamente andò a discuterla con il Comune che nel frattempo aveva nominato come responsabile del procedimento l’allora dirigente Alberto Fattori. Poi però si blocca ogni cosa. L’assessore Maurizio Melucci si “accasa” a Bologna e tutto termina lì».

Nel frattempo è immaginabile che ci sarà stato un considerevole dispendio di energie economiche.
«All’epoca, costituita la S.R.L. con varie quote di partecipazione di bagnini, albergatori, baristi e operatori vari, raccogliamo circa 2.000.000.000 di lire di cui la metà finanziati dalla banca Malatestiana. La superficie utile proposta (salvo ulteriori accordi con la Pubblica Amministrazione) è di circa 2200/2400 mq.; allora il PRG (1975) ne permetteva 2600, compreso l’esistente. Naturalmente, prima di fare qualsiasi operazione avvisiamo il Comune e il Sindaco. Ci fanno capire: “andate avanti”. E’ un periodo in cui basta la parola. Non c’è bisogno di scritti. Quindi si parte così e non si fa nulla per aspettare le mosse definitive del Comune. Evitiamo di mettere mano alla costruzione per rispettare le finalità dell’operazione. Ci credevamo, lo si faceva per tutti noi. Tutto aveva un orizzonte ampio e comune. Noi ci sentivamo il COMUNE. Si percepiva un’intensa partecipazione e tanto entusiasmo. Nel frattempo si aspettava sempre la mossa decisiva del “vero Comune”, ma questa non si è mai concretizzata. Di Amministrazione in Amministrazione ci dicono che il progetto è valido, ma non si riesce mai a concretizzare.».

In genere, in caso di operazioni simili non è previsto l’aiuto delle Istituzioni?
«Ogni sindaco che veniva, a partire da Conti fino a Gnassi passando per Ravaioli, dicevano “sì, bello, bisogna farlo, questo progetto”. L’attuale primo cittadino quando viene da queste parti dice sempre: “questo va fatto subito”. Parole. E, considerato che un attore importante del progetto è il Comune stesso in quanto proprietario di una parte dell’area, a oggi l’inerzia è totale. Un mese prima delle ultime elezioni, Gnassi è venuto qui e ha detto: “questo è uno schifo”, bisogna fare qualcosa. Aveva ragione in pieno. Un paio d’anni fa il Comune di Rimini sembrava che si fosse attivato, ma tutto si è risolto in nulla… ».

Rinvii dopo rinvii avete avuto il “privilegio” di conoscere uno stuolo di sindaci, assessori, tecnici…
«Una settimana fa Maurizio Ermeti (Piano Strategico Comune di Rimini) mi scrive che è tutto pronto per partire. Anche se ancora nessuno si è mosso è probabile che si muoverà. Non so dirti quando, ma spero avvenga presto. Se vuoi attenzionare la vicenda al Sindaco, sarebbe bene che tu gli scrivessi una e-mail. Io che faccio? Accetto il suggerimento scrivo l’e-mail. Mi avvertono che l’assessore Roberta Frisoni (Deleghe: Mobilità, Programmazione e gestione del territorio, Demanio) mi darà un appuntamento. Ora aspettiamo di vedere che succede».

Ci eravamo salutati nel giugno del 2018 in attesa (sai che novità?) di sviluppi. Veniamo a oggi. Prendiamo appuntamento con l’ingegner Tamburini per sapere se sia stato sciolto l’incantesimo. Novità, Ingegnere?
«C’è molta confusione».

E’ previsto in sceneggiatura. Come dal copione del film “Ricomincio da capo”, del resto.
«Sì, è una costante, nella sceneggiatura del nostro film. E come sempre le promesse sono molte, tuttavia alla volontà di seguire la vicenda che ci riguarda non si accordano i fatti. Questo come suggestivo commento generale. Nel particolare, certamente si può anche entrare nel merito. Per esempio potrei dire che abbiamo avuto successivi incontri con l’assessore Roberta Frisoni per chiarire alcune questioni dopodiché le comunicazioni si sono arenate. Non ne capiamo il motivo, ma si sono interrotte. A partire da quattro o cinque anni (come accennato) avevamo addirittura messo tutto in mano al Comune nella persona di Maurizio Ermeti. Questi era venuto a Rivabella, aperto un ufficio, raccolto i desiderata della gente, mostrato e illustrato piante, piantine e propositi. Durante la settimana in cui è stato qui, la gente del posto è andata a informarsi, a vedere le novità, e immaginarsi a come sarebbe potuta diventare Rivabella».

Compresa l’area in cui insiste l’edificio di vostro interesse?
Tutte le ipotesi esposte e previste nel piano consideravano anche la superficie di nostra pertinenza. Tanto è vero che era previsto l’inserimento di quella struttura, la cui posizione non può che essere valutata centrale rispetto alla globalità del progetto generale. Certamente era da ottemperarsi quantomeno una compatibilità economica che comunque non contemplava da parte nostra speculazioni economiche di nessun tipo perché il risultato andava ascritto a Rivabella e quindi a tutte le attività, comprese le nostre. La gente si espresse in modo del tutto positivo. Questa esperienza doveva essere continuata da Ermeti con incontri con albergatori, bagnini e commercianti per verificare al meglio le varie esigenze, ma la cosa non è stata fatta. Come stimolo, l’ho invitato a partecipare a un’assemblea della società».

Cosa ha detto, l’ineffabile Ermeti, ammesso che abbia aderito all’invito?
«E’ venuto. In quel consesso ha detto che le cose si stavano stringendo, di avere pazienza, che “la tavola è apparecchiata” (ermetico Ermeti!; ndr) eccetera. Questa pantomima è durata due anni, due anni e mezzo, poi il nulla cosmico. Maurizio Ermeti sparisce dalla scena, volontariamente o no, ma sparisce dalla cronaca ufficiale del Comune. Silenzio assoluto. In precedenza mi ero volutamente defilato per non interferire a titolo personale. Avevo detto: decidete voi quello che ritenete meglio per l’interesse pubblico e noi ci adegueremo e collaboreremo. A quel punto mi sono visto costretto a insistere nuovamente con il Sindaco. Andrea Gnassi mi spedisce dall’assessore Frisoni, la quale ci chiede cosa volessimo. Nulla, rispondo. Non abbiamo richieste particolari. L’unico obbiettivo era unicamente quello che l’intera operazione avesse compatibilità economica da una parte e dall’altra potesse soddisfare il pubblico interesse».

Vi avrà dato qualche certezza, una solida traccia operativa, finalmente.
«“Ma sì”, ci dice, “ora vediamo, bisognerà parlare con gli uffici…”. Bene, mi ricevono all’ufficio del Piano Parco del Mare. L’ingegner Della Valle (dipartimento territorio, settore infrastrutture, mobilità e qualità ambientale – responsabile di settore; ndr) valuta le nostre prospettive come perfettamente coerenti all’interno del Piano, quindi compatibili in toto. Dunque chiediamo quali fossero gli oneri poiché per pesare la compatibilità economica devi sapere quanto spendi, se serve qualche sforzo finanziario in più. Riceviamo solo una mezza risposta. Stavamo completando il quadro per fare un’ipotesi di trattativa con il Comune. Ancora nessun riscontro. Allora proponiamo: lasciamo stare tutto come sta ora. Non pretendiamo nulla di particolare. Quel famoso edificio è composto da due blocchi: un appartamento più una parte a destinazione religiosa. Noi si vorrebbe spostare la farmacia, mettere una banca, insomma fare qualcosa che serva, che illumini, per così dire, quel tratto così desolato di Rivabella e di Rimini.
Poi, nell’evenienza di poter aumentare (sempre nel completo rispetto delle normative) di 2/300 metri le superfici realizzabili, chiediamo al Comune quanto ci sarebbe costato. Ci arriva un conteggio di circa 500 mila euro. Non scartiamo affatto l’eventualità. Altra proposta: potremmo inserire anche esercizi pubblici. Stavo pensando alle nostre specialità locali. Si pensava a cose di questo genere, a null’altro. Ribadisco: eravamo disposti a fare qualunque mossa e concordarla preventivamente con l’Amministrazione».

La via più semplice e sicura nonché burocraticamente meno traumatica, pare di capire.
«Naturale. L’importante, come faccio presente alle istituzioni, è che si accenda un faro, che ci sia un punto di partenza e uno di arrivo, qualcosa che costituisca anche un ulteriore motore di avvio per la ristrutturazione di Rivabella. Il tutto, ragionando in termini di ambiente, di verde, di energia, di wellness. Propongo una bella piazza dove il Comitato Turistico locale possa fare delle feste, un luogo che va ragionato come il palcoscenico di un teatro, o comunque un’iniziativa che possa costituire un contagio virtuoso, una spinta per rimodernare alberghi e attività. Ancora una volta, silenzio assoluto. Di riscontri, positivi o meno, nemmeno l’ombra».

Davanti a tanto ostinato e incomprensibile mutismo, come vi siete mossi?
«Dopo tanti mesi, ma solo perché sollecitati dal sottoscritto, mi dicono: “vi consigliamo di presentare un programma nell’ambito delle “manifestazioni d’interesse”. Visto che ero lì, presente e disponibile, chiedo di dirmi chiaramente cosa desiderino che noi si faccia. Se volete qualcosa, ditemelo e lo faccio mettere nella proposta che faremo. Lo suggerisco per snellire la procedura, ovviamente. “No, deve vedere lei, perché l’area adesso è vincolata al fatto che è a destinazione religiosa… e bla, bla, bla…”. In definitiva, e lo dico in maniera brutale, vengo messo davanti a un aspetto squisitamente tecnico; pertanto viene escluso un qualsivoglia fattore di sviluppo o di qualità. Morale: mi mettono spalle al muro. “Ciò che potete fare è questo, ora vedete voi”».

In pratica hanno escluso improvvisamente qualsiasi negoziazione. Come avete pensato di regolarvi?
«Di fatto una vera trattativa non è mai iniziata, nonostante qualche anno fa in piazza a Viserba avessero messo un poster con un’area grigia (la nostra) in cui era specificato: “soggetta ad accordo con i privati”. Quando ho chiesto se si poteva discutere quell’accordo, mi hanno risposto che “forse sarebbe meglio di no. Ci vuole troppo tempo, occorrono troppi anni per un accordo di programma con la normativa attuale. E’ preferibile muoversi diversamente”. Benissimo, ditemelo. In ogni caso, al di là di ciò che era scritto in normativa abbiamo presentato una manifestazione di interesse per dire “Siamo vivi. Siamo qui”.
Ennesimo silenzio. Mi faccio vedere, venti giorni fa. Chiedo lumi. Risposta: “Siamo un po’ in ritardo, ma entro l’anno vi daremo un parere”. Sarebbe da ridere, se non fosse tutto maledettamente vero e grottesco».

Dai suoi racconti affiorare una sola, incontrastata certezza: vi stanno prendendo per il naso!
«No, ci stanno prendendo per un’altra parte del corpo che per decenza non voglio citare…
All’ultima assemblea dicono: “quella è un’area da valorizzare”. Lo sapevamo. Ma va bene lo stesso, siamo qua. Siamo pronti. “L’area è da sistemare, è da mettere a posto”. Ok, lo facciamo domattina, iniziamo immediatamente. “Bisogna fare secondo la legge”. Ma certo, tutti noi vogliamo rispettarla. “Guardate che qua gli appartamenti non si fanno”. E chi li ha mai chiesti?»

Molti mesi fa, quando ci siamo incontrati per la prima volta, sa come ha chiuso l’intervista? Così: “Va a finire che a Rivabella non si farà nulla perché non è politicamente valida. Non ha peso politico. E’ troppo frazionata. Disgraziatamente, non è un bacino di voti importanti.
«E così è. E’ tanto vero che è così che le racconto questo: si era costituito un gruppo di persone assai interessanti e molto attente a Rivabella. Quella aggregazione rappresentava una poderosa spinta per la nostra causa. Se ci sono una cinquantina di persone che tutte insieme si incazzano e dicono, per esempio: “vedi di sistemare questa faccenda, altrimenti con noi hai chiuso”, si capisce bene che la cosa cambia aspetto. C’è molta sensibilità ai voti e alla questioni più strettamente politiche in termini di ritorni elettorali. Purtroppo, la realtà è questa. Dopo riunioni su riunioni, incontri, buoni propositi, incoraggiamenti, appoggi verbali e dichiarazioni di intenti sistematicamente disattesi, siamo sempre al palo».

Abbiamo trovato sul web un articolo del 2009 nel quale si legge: “Si chiama Rivabella Domani, è un consorzio di privati che già dal 1994 progetta un nuovo volto per la parte centrale della frazione, ma dopo quindici anni tutto è ancora in alto mare […].
«Guardi, noi abbiamo preceduto il “Parco del Mare”. Ma troppo in anticipo. Ci sono degli esecutivi, degli schizzi, delle proposte presentate anche in Comune, che risalgono a decine di anni fa (e queste immagini le ho e posso produrle) dove si ipotizzava già cosa si sarebbe potuto fare nella congiunzione, nelle cerniere con il mare, sul Parco del Mare. Questa proposta è stata fatto l’anno dopo le famose mucillagini».

In definitiva, qual è la situazione in questo preciso momento? La questione si risolve o no?
«Sono persuaso che la situazione sia questa: il peso, che chiamiamo politico, ma che in realtà è sociale, che condiziona i politici, non si riesce ad esprimere e Rivabella conta sempre di meno».

Oramai vi sentirete scoraggiati. Dopo tanto penare senza ottenere risultati, non è facile continuare a crederci.
«Lo scoramento esiste eccome. Vorremmo soltanto cercare di riaccendere in quel luogo un barlume di attività, prima che venga adibito a moschea o a scuola coranica».

Moschea… o scuola… coranica? Cosa intende?
«Dico che non vorremmo vederci costretti a vendere a qualcuno che poi legittimamente apra attività dedicate al culto islamico. E’ chiaro che non sarebbero propriamente le nostre intenzioni. Considerate le reiterate rassicurazioni avute negli anni, qualcuno di noi ha creduto fortemente nel progetto di Rivabella Domani e investito di conseguenza. Ha impegnato parecchio denaro. Ora non intende buttarlo in un tombino. E non può più permettersi di aspettare. Non in eterno. E adesso propone di vendere tutto per recuperare almeno parte dei soldi spesi. Nel caso, si sappia che non sarà per colpa nostra».

In effetti, leggendo le cronache di molti anni fa, si parlava di nuova vita per Rivabella, piani di ammodernamento per Rimini nord, abbellimenti e riscatti delle zone/cenerentola…
«Ha ragione, ma credo che non aspetteremo più di tanto».

Il parco del mare e Rivabella: un bel punto interrogativo

Sembra quasi che vi stiano costringendo a meditare scelte estreme. La vostra vicenda ricorda sempre più quel film americano e il tempo che non passa mai perché la vita si replica all’infinito…
«Forse ha ragione, ma a me viene in mente un pensiero di Seneca. Direi che la citazione calza a pennello: “Parte del tempo ce lo strappano di mano, parte ce lo sottraggono con delicatezza, e parte scivola via senza che ce ne accorgiamo”. Noi di tempo non ne vogliamo più sprecare e d’ora in poi non staremo più, fermi, ad aspettare il nulla con infinita pazienza orientale».

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