Mentre i festeggiamenti del Capodanno hanno appena celebrato la "riqualificazione" delle sponde del laghetto del ponte di Tiberio e l'intervento di fronte alla Rocca, una voce fuori dal coro spiega perché si tratta di opere sbagliate. In qualche caso pure bruttine, come le banchine anticarro e le aiuoline da stazioncina ferroviaria di piazza Malatesta. Ha prevalso ancora una volta l'effimera apparenza, la volontà di trasformare tutto in contenitore per eventi.
di Stefano Piccioli, Architetto
Finalmente il Sindaco ha potuto inaugurare i due importanti lavori di “riqualificazione”: le sponde del laghetto del ponte di Tiberio, e la sistemazione di fronte alla Rocca. In occasione delle celebrazioni del capodanno; chissà perché il “più lungo del mondo”, qualsiasi cosa voglia dire: forse per non farsi mai mancare le iperboli autocelebrative, che sembrano essere sempre più una specialità locale. Infatti il Comune ha anche aperto una pagina internet in cui registra tutte le esclamazione di lode e sviscerato consenso; che però, a giudicare da lì, sembrano le sole ricevute, mentre nessuno sembra dissentire.
Non ci uniamo a questo coro degli “oh che bèi! Oh che bèi!”, perché in materia di interventi sul patrimonio storico non c’è niente di più sbagliato della pretesa di far prevalere il proprio giudizio, affermando che è condiviso dalla maggioranza; e sostenendo altresì che è solo una questione di gusti personali; che chiunque ha il diritto di esprimere la propria opinione, ecc: ed avanti su questa strada qualunquista e falsificatrice. Le cose non stanno così, né per il Ponte di Tiberio né per la Rocca: per la semplice ragione che non siamo in presenza di una scelta di gusto soggettiva, ma di interventi sul più importante patrimonio comune, ragion per cui qualsiasi intervento deve essere basato su principi oggettivi e scientifici, che solo un approccio filologicamente rispettoso può garantire. Tutto il contrario di quanto può produrre, anche se in buona fede, l’ineffabile soggettività dell’architetto creativo, o dell’amministratore pubblico alla ricerca di consenso: che devono restare rigorosamente esclusi da questo compito.
In nessuno dei due casi si tratta di beni che si trovino nella disponibilità dell’Amministrazione Comunale pro-tempore: che semmai ha solo la responsabilità della conservazione e della tutela. Si dirà: quello che è stato fatto ha proprio questo scopo. Invece non è così. In entrambi i casi sono state compiute indebite ed inaccettabili manomissioni dei due siti, spacciate per riqualificazione e valorizzazione.
Nel caso del Ponte il motivo di questo giudizio è di un’evidenza addirittura banale, per cui non si dovrebbe neppure essere costretti a perdere tempo per discuterne. Ma tant’è, ripetiamolo in due parole: né a monte del Ponte, né tantomeno a valle, serviva alcun intervento. Le ragioni per cui il Sindaco ha preteso pervicacemente di procedere sono di altra natura, tutte assolutamente estranee alla valorizzazione o riqualificazione del luogo; tutte pesantemente pericolose per il sito; finalizzate ad un suo indebito sfruttamento economico-turistico basato solo sul rumoroso sballo di massa, mai sulla contemplazione silenziosa: come dimostra la rumorosissima inaugurazione avvenuta nella notte di capodanno.
Lungo il lago il buon senso e la corretta gestione delle risorse disponibili avrebbero dovuto suggerire di lasciare le cose come stavano: lasciare le sponde erbose del lago, naturali e di facile manutenzione, ossia la logica parte finale del parco, che è poi l’alveo di un fiume; invece di inventarsi la costosa geometrizzazione delle ripe, tutta acciaio e cemento, per creare la sedicente “piazza sull’acqua”: ossia l’ennesimo luogo per eventi caciaroni di cui a Rimini non c’è davvero bisogno, né lì né altrove. Oltretutto questa costosissima sistemazione è esposta ad ogni tipo di rischio idraulico: dalla periodica e frequente acqua alta, fino alle più rare, ma non davvero centenarie, piene del Marecchia, quando il fiume esonda dallo sbarramento a monte, all’altezza dell’Ina casa, e si riappropria del vecchio alveo, travolgendo tutto ciò che incontra.
A valle del Ponte poi, e l’abbiamo già ampiamente dimostrato e documentato, l’operazione è davvero un vandalismo: perpetrato contro uno dei pochi spazi urbani carico di memorie e pressoché immune dalle manomissioni, come invece purtroppo è avvenuto altrove a Rimini negli ultimi decenni. Altroché migliorare la fruizione della vista del Ponte! Eppure il peggio qui ha ancora da venire. Infatti si sta completando il camminamento pensile attaccato alle mura malatestine: che oltre ad averle massacrate di buchi per infilarci gli agganci, verranno messe in ombra in tutta la porzione sottostante (già lo si vede adesso e ci voleva poco ad immaginarlo) per cui la parte rinascimentale del muraglione sarà resa pressoché invisibile, come un sottoscala o un retrobottega irrilevante. Bella valorizzazione! Poi verrà realizzata la passerella galleggiante di attraversamento del fiume, la cui presenza stravolgerà non poco l’immagine dello specchio d’acqua antistante al Ponte; ed infine verranno issati ingombranti e incoerenti castelli di ferraglia, ed altri camminamenti pensili, per risalire sul lato opposto del fiume, nel borgo San Giuliano. Faccio notare che fino a ieri questa discesa dal borgo al fiume avveniva attraverso una esile e discreta fenditura storica nel muraglione di sinistra, quasi invisibile ma più che sufficiente: invece no, si è preteso di lasciare un segno offensivo e sgangherato che con il luogo non ha niente a che vedere.
Ma il peggio del peggio è capitato alla Rocca: anche qui già fioccano i giudizi positivi e spensierati, di chi irresponsabilmente non capisce che qui si potevano ammettere soltanto interventi saldamente basati sul recupero dell’originale attacco a terra del poderoso edificio. Poderoso ma semiaffogato dal riempimento del fossato. Lo diciamo da mesi, e qualche spiritoso ha creduto di tagliare corto dicendo che nel fossato ci si sarebbero potuti mettere i coccodrilli: sai che ridere! Mentre invece scavare il fossato sarebbe la sola cosa da fare per restituire la fabbrica del Brunelleschi alla sua vera dimensione; oggi immiserita da questo inaccettabile sprofondamento. Infatti oggi possiamo solo immaginare l’imponenza della Rocca, priva com’è di almeno tre metri della sua statura. Il recupero del fossato – e non solo dalla parte di piazza Malatesta, ma anche su tutti gli altri lati – era ed è l’unico doveroso intervento ammissibile: un’operazione che sarebbe stata al contempo un restauro architettonico ed una riqualificazione urbana. Invece lo si è escluso, dopo aver promesso anni fa che si spostava il mercato settimanale proprio per rendere possibile lo scavo. Invece perché al suo posto si sono realizzate delle irresponsabili banchine anticarro, con le aiuoline da stazioncina ferroviaria, ed altre micrognosità fuori scala rispetto all’imponenza del manufatto storico, tuttora formidabile seppur immiserito dal contesto? Lo vogliamo ripetere: il recupero del fossato era il solo metodo filologicamente corretto per intervenire, senza la pretesa di affermare un “gusto moderno”, soggettivo, comunque inappropriato e perciò inammissibile.
Infine fa davvero meravigliare che il Sindaco, che appare così ansioso di lasciare un segno nella città, non abbia capito che il recupero integrale del fossato e la restituzione della Rocca Malatestiana alla sua immagine originale, ideata anche da Brunelleschi, sarebbe stato davvero un’opera epocale, che avrebbe fatto parlare ovunque di Rimini, da parte degli studiosi e dei media di tutto il mondo: con un ritorno di immagine che dubitiamo possa essere prodotta dai giardinetti realizzati. Che peccato! Ha fatto tanta fatica per convincere al trasloco il mercato ambulante, per poi accontentarsi di un risultato così modesto. Però dimenticavo: il fossato forse non lo si è recuperato perché nella parte alta di piazza Malatesta si vuole realizzare un ennesimo spazio per eventi! Come si dice a Rimini: “Un éltre? “.
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