«Lo chiamano palazzo Garampi a causa di un incredibile errore»

«Lo chiamano palazzo Garampi a causa di un incredibile errore»

Monumenti, epigrafi, vicende dei secoli andati spiegati dal prof. Rimondini

Luigi Tonini attribuisce al conte Francesco Garampi la ricostruzione del palazzo consolare o, alla latina, curia della città. Ma ... non solo i titoli attribuiti a quest'ultimo sembrano molto tremanti. Di certo il terremoto ha scosso anche il palazzo pubblico, in una Rimini che ha conosciuto terribili maremoti.

Gianni mi ha insegnato che le epigrafi cittadine raccontano sempre delle storie, che partono da ciò che recitano e rimandano sempre a fatti accaduti in Rimini, ed ai loro personaggi protagonisti. Ora quindi non posso fare a meno di notare questi “messaggi lapidei”, ogni qualvolta che li scorgo dove essi siano. E così mi si offre quella a superficie curva di una bella pietra dalla superficie rosata, forse di marmo rosso di Verona, posta in un angolo del porticato di Palazzo Garampi.

Chiamo il mio erudito amico e gliene parlo, immaginando già che conosca quel manufatto, e di fatto così è; ci diamo quindi appuntamento sul posto.

CIVITAS.HAEC.ET.CVRIA
TERRAEMOTVS.INCLEMENTIA.DIRVTAE
ANNO.SALVTIS.MDCLXXII
CIVIVM.CALAMITATIBVS
DIV.SVPERSTITES.INGEMVERE
DONEC.VNAM.REGNATRIX
CLEMENTIS.X.P(ONTIFICIS).M(AXIMI).MVNIFICENTIA
PECVNIARIO.SVBSIDIO.EREXIT
ALTERAM-MAIORI.CLADE.PROSTRATAM
PVBLICO.AERE
PROVIDA.SENATVS.MAGNIFICENTIA
INNOCENTIO.XI.PON(TIFICE).MAX(IMO)
PARENTE.TOTIVS.ORBIS.OPTIMO
CARD.DOMINICO.MARIA.CVRSIO
ANTISTITE.HVIVS.URBIS.OPTATISS(IMO)
AC.AEMILIAE.LEGATO.VIGILANTISS(IMO)
PRISTINAE.MAIESTATI.RESTITVIT
ANNO DOMINI MDCCLXXXVII

“Questa città e il palazzo consolare, distrutte dall’inclemenza del terremoto dell’anno della salvezza 1672, a causa delle calamità dei cittadini a lungo rimasero intoccate, finché la munificenza del Pontefice Massimo Clemente X con sussidio di denari risollevò la città; il palazzo consolare, abbattuto da maggiore rovina, con denaro pubblico, restituì alla primitiva maestà la provvida magnificenza del Consiglio cittadino, (stimolata) dal Pontefice Massimo Innocenzo XI, ottimo padre di tutto il mondo, da Domenico Maria Corsi, vescovo di questa città desideratissimo e legato dell’Emilia vigilantissimo.”

Gianni, allora questa epigrafe ricorda una prima distruzione di palazzo Garampi; ma a proposito, perché lo chiamano palazzo Garampi?
«Salvatore te lo dico se mi prometti di non dirlo a nessuno.»

Difficile mantenere questa promessa per chi, come noi, ha il piacere di divulgare notizie storiche cittadine, ma ci proverò; perché quindi?
«Lo chiamano palazzo Garampi a causa di un incredibile errore di Luigi Tonini, e io credo che ben gli stia a questi rozzi amministratori, che dal dopoguerra in poi hanno massacrato i nostri beni culturali, di riunirsi e decidere il destino della nostra povera città in un luogo che ha l’inaugurato nome falso di Palazzo Garampi.»

Ma ne sei sicuro?
Tutto comincia nella Guida di Luigi Tonini edizione del 1878, citata anche dall’enciclopedia tedesca, la Bibbia degli artisti, da cui partono tutte le ricerche critiche, che chiamiamo, semplificando il lungo titolo tedesco, il Thieme – Becker.
Luigi Tonini attribuisce al conte Francesco Garampi la ricostruzione del palazzo consolare, o alla latina la curia della città di Rimini, semidistrutto dal terremoto della settimana santa nell’aprile del 1672.

Come semidistrutto, non era stata completamente abbattuta dal terremoto insieme alla torre?
«Ma Salvatore, bisogna diffidare dalle affermazioni così perentorie; in una lettera del 7 dicembre 1672 gli amministratori riminesi dicono che stanno finendo di restaurare la torre, evidentemente non crollata, ma forse colpita dall’effetto colpo di frusta del terremoto nella sua cima. Insomma, ho l’impressione che avessero esagerato per stimolare l’invio di denaro da Roma.
Allora il Tonini conferisce a questo Conte Francesco Garampi architetto, che dice morto nel 1714, oltre il palazzo pubblico, anche la chiesa dei Paolotti che dice eretta nel 1721. Accidenti non bisogna mostrare ad uno di 81 anni suonati queste assurdità, perché comincia a dubitare di avere le traveggole.»

Ricorre sempre il nome Garampi, ma chi era veramente costui?
«Alla ricerca di questo Conte Francesco Garampi architetto, ho guardato il manoscritto sulle famiglie riminesi di Michelangelo Zanotti, della fine del ‘700, primi dell’‘800. Lo Zanotti che era il notaio custode dell’archivio pubblico, scrive basandosi su documenti notarili ed è affidabile. Questo Francesco che muore nel 1714, figlio di Innocenzo, a sua volta figlio di un primo Francesco venuto a Rimini dalla campagna, non risulta essere conte, e nemmeno architetto.
Suo padre Innocenzo era stato “depositario”, ossia cassiere, che aveva lasciato ai suoi eredi alcuni beni del Comune per la qual cosa era sotto inchiesta dal 1674. Potrei raccontarti le malizie dei cassieri, veri ladri pubblici, ma non divaghiamo. Ad acquistare il titolo di conte è il figlio di questo, Francesco, presunto architetto, che si chiama, Lorenzo, secondo la solita trafila, plebei ricchissimi acquistavano il titolo nobiliare dal papa o da altri poteri abilitati a nobilitare. Francamente non credo che questo Francesco si dilettasse di architettura, forse i suoi nobili eredi avrebbero avuto tempo, lui era ancora occupato dal dovere socioeconomico di fare soldi. Aveva delle concerie, ci dice lo Zanotti, e quindi trafficava nel pellame e pellicce. Poi a nessun titolo gli si può attribuire una chiesa eretta nel 1721 se lui è morto nel 1714, non trovi?»

Certo, ma allora da quando hanno cominciato a chiamarlo Palazzo Garampi?
«Credo dopo il Tonini. Bisognerebbe fare una ricerca; ma io non ho tempo né voglia di farla.»

Come ti spieghi allora che nessuno se n’è mai accorto?
«Mi devi ancora promettere di non dire a nessuno quello che sto per dirti, d’accordo?»

Ci riprovo…
«Perché nessuno se ne è mai accorto? Perché la maggior parte dei vecchi storici di Rimini si affida alla tradizione con metodo fiducioso boccalone, senza sognarsi di emendarla da falsità ed errori; ecco perché. Nessuno dei vecchi storici ha raccolto la strepitosa notizia che Castel Sismondo era opera di quel Filippo Brunelleschi genio assoluto inventore del Rinascimento di maggiore importanza del grandissimo Leon Battista Alberti. Ma che lo dico a fare? Tanto le cose ‘culturali’ amministrative non cambieranno mai a Rimini.»
Sante parole, e del terremoto che puoi dire?
Non sono un esperto di terremoti. Ma ho letto il saggio sul terremoto del 1672 di Jano Planco, alla fine del quale c’è la descrizione di un anno di mucillagini. Quando il nostro mare si riempì di muco lo pubblicai su “Settepiù” e mi venne “rubato” anche dal ministro… A proposito ho trovato che nel 1664, come scrive Giacomo Villani, un testimone vide l’acqua del mare alzarsi improvvisamente moltissimo, affondando le barche in mare e la città. Non è l’unico tsunami della nostra storia marittima, ma è quello meglio descritto.
Uno tsunami del ‘700 il Bianchi lo descrive come “un turbine” che spinge tutte le barche del porto, strappate dagli ormeggi, contro il ponte romano. Vedi Salvatore, dalla storia abbiamo dei moniti, dovremmo preparaci alla eventualità. Ti immagini uno tsunami a Ferragosto? I Bagnini dovrebbero stipendiare gli storici per sapere cosa è successo e cosa succederà, e prepararsi. Poi anche lo tsunami potrebbe essere l’effetto di un terremoto, e c’è la leggenda del vulcano sottomarino al largo di Rimini.»

Gianni mi consta che Luigi Tonini dica che il palazzo originario crollato o parzialmente distrutto nel 1672, è opera dell’architetto Ludovico Carducci di Urbino.
«L’architetto Carducci venne chiamato nel 1587 per “la fabbrica del porto”. Del prolungamento dell’edificio dell’Arengo fino al Corso si era cominciato a parlare in Consiglio Generale nel 1528, ma la proposta era caduta ed era stata ripresa nel 1558 con diverse proposte e scambi di lettere con i “padroni” romani. Il progetto era molto costoso perché prevedeva l’acquisto e la distruzione di un intero isolato che comprendeva anche una chiesa. Un primo progetto informe, venne abbandonato.
Nel 1562 papa Pio IV accetta di ridurre le tasse che la città doveva pagargli, e nel 1564 un architetto di Cortona dice di avere visto i dodici pilastri alti qualche metro da terra. Poi anno dopo anno i lavori durarono fino al 1612, quando le ultime case dell’isolato vennero acquistate e due anni dopo fu inaugurata la statua di papa Paolo V, opera dello scultore francese Nicolas Cordier (1567 -1612). L’autore del progetto? Dobbiamo cercare di capire chi sia stato con un’analisi filologica dell’edificio costruito. Il palazzo unisce caratteristiche dell’architettura pesarese e urbinate, con precise citazioni di un disegno dell’architetto bolognese Sebastiano Serlio (1475-1554). Ho ipotizzato che a disegnare il progetto potrebbe essere stato l’architetto del duca di Urbino Guidobaldo II della Rovere, il bolognese Filippo Terzi. Il palazzo fu in gran parte distrutto anche durante la seconda guerra mondiale, ma venne ricostruito con diligente capacità da parte di muratori e scalpellini di grande tradizione.»

Gianni mi lascia, e mentre abbandono a mia volta quel sito in attesa di prossime scoperte, scorgo la plancia in cui è esposta la fotografia del Palazzo del Comune danneggiato dai bombardamenti. Aveva proprio ragione Gianni, è stato ricostruito proprio bene.

Ma sotto quel manufatto, come in tanti altri sparsi per la città, noto la scritta “Rimini città d’arte”, e penso che dopo avere brutalizzato monumenti e luoghi identitari cittadini, qualcuno pensa che queste plancette possano fare di Rimini una città d’arte (!).
Poi a proposito di “città d’arte”, mi balza alla mente un interrogativo: ma chi occupa tale edificio per una carica pubblica ne conosce la storia, e soprattutto ha mai notato quell’epigrafe e sa di che narra? Oggi, grazie a Gianni, a varie domande abbiamo ottenuto risposte chiare e precise, ma a quest’ultima temo che non vi sarà un esito. Quindi affidiamola ad una libera interpretazione.

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