Ma davvero il turismo massacrato dalla pandemia può ripartire dalla Notte rosa?

Ma davvero il turismo massacrato dalla pandemia può ripartire dalla Notte rosa?

Il tempo si è fermato? Ci stiamo accontentando di una spolverata alla solita offerta di eventi per "riaprire" la stagione dopo il periodo più difficile della nostra storia? La creatività si è inchiodata mentre la narrazione ci descrive grandi, imbattibili e in grado di tenere testa alle destinazioni che fanno furore. Cosa ci sta succedendo? Lettera.

Effettivamente questa pandemia ci ha insegnato poco, ma qui a Rimini assolutamente nulla. E mentre altrove si progettano nuovi scenari sotto il dettame del rinnovamento, perché si è compreso che in qualche modo molto è cambiato, qui continua la pratica dell’accanimento, non terapeutico, ma … garampiano.
Siamo ancora alle prese con tante difficoltà di vario genere, e c’è già chi pensa alla prossima estate: lungimiranza di amministratori pubblici? Non proprio, perché i temi sono quelli della notte rosa e della riesumata molo street parade. “All’insegna di una ritrovata normalità”, si dice; ma quale è questa normalità? Pietanze stracotte, riciclate e, ormai, indigeribili, di cui si auspicava la cancellazione.
Chi amministra non ha ancora capito che è giunto il momento di offrire qualcosa di maggiore spessore e migliorativo dell’offerta turistica, per attrarre un tipo di turismo di qualità. Di cambiare strategie e modo di pensare.
Non ha idee, procede nel vuoto pneumatico, e nella perpetuazione di sgangherate e obsolete sagre da strapaese, al cui termine segue sempre la ormai tradizionale conta di importanti fatti legati al degrado che esse generano.
Senza tenere conto poi dei disagi creati già da prima dell’inizio di quei miseri riti, sia al traffico veicolare che pedonale specie con la chiusura della zona del Porto ove non è neppure possibile recarsi in spiaggia a piedi agevolmente.
A ciò si aggiunga l’ormai normale caos della mobilità cittadina a cui, è ormai opinione diffusa da parte di tanti, manca la risoluzione con l’impiego di veri esperti del settore. Oltre al costo economico in capo a tutta la comunità, in termini di ordine pubblico, nettezza urbana e dilatazione dei tempi di percorrenza, che un’amministrazione pubblica dovrebbe rendere noti ai propri cittadini, a proposito di trasparenza. Nella normale dialettica, si parla di un bilancio tra costi e benefici.
Ma pare che sia un contributo irrinunciabile che la città deve pagare al cessato sindaco, ideatore di queste ed altri dozzinali cosiddetti “eventi”, che gli attuali orfani regnanti, dolenti, offrono. Una continuità alla quale pare non si possa sottrarre alcuno di quella compagine anche se, quasi certamente, non la condivide.
È questa Rimini, una città ostaggio di sé stessa, immota da tempo, che cerca disperatamente di apparire quale richiamo internazionale ma deve fare i conti con le infelici posizioni nelle importanti e negative classifiche riguardanti la qualità della vita e non solo. E che non sa cogliere questi indicatori come un momento di riflessione e spunto per migliorare o cambiare passo. E che sottace questi problemi, soverchiandoli di notizie circa fantastici interventi che, semmai avverranno, poi non ne è scontato il positivo esito.
Rimini si bea quando una rivista estera la cita a proposito della cultura, dandone ampio risalto, invece di capire da dove giungano questi ammiccamenti. Peccato però che troppo spesso quei mezzi d’informazione provengano da Paesi di poca cultura; non perché la rifuggano, ma troppo giovani per avere la nostra storia e il nostro meraviglioso vissuto che, purtroppo, non tutti qui a casa nostra hanno il dono di comprendere ed apprezzare. Basta farsi un giro tra le piazze degli Incubi® e del Rino.
Suvvia, inseriamo quindi la notte rosa e la molo street nel PNRR; ma facciamo ancora di più, e candidiamole al patrimonio mondiale Unesco.

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