Nasce “Riminibanca”: il prezzo della fusione vale 13 poltrone

Nasce “Riminibanca”: il prezzo della fusione vale 13 poltrone

Ormai il dado è tratto. Domenica 8 novembre nasce Riminibanca, frutto della fusione di Banca di Rimini e Bcc Valmarecchia. I soci sono chiamati a deci

Ormai il dado è tratto. Domenica 8 novembre nasce Riminibanca, frutto della fusione di Banca di Rimini e Bcc Valmarecchia. I soci sono chiamati a decidere anche l’organigramma al vertice del nuovo istituto di credito, ma i giochi sono tutti già fatti e Rimini 2.0 anticipò la decisione lo scorso agosto. Il consiglio di amministrazione di Riminibanca avrà 13 membri, molti, forse troppi anche per i parametri seguiti da Bankitalia in caso di fusioni come queste, e fra gli addetti ai lavori si fa notare che nel caso in questione ci sono almeno 4 nomi di troppo, ma alla fine ha prevalso la logica di non scontentare nessuno. Perché parlare di unire le forze è semplice, ma cedere quote di potere e di rappresentanza territoriale è molto meno facile. E così è un po’ tutto ridondante, anche il nome, che per esteso è questo: “Riminibanca, credito cooperativo di Rimini e Valmarecchia”.
A proposito di potere, l’uomo che esce ulteriormente rafforzato al termine di questa operazione è Fabio Pula, che dal trampolino di lancio della Valmarecchia ha ramificato la sua presenza nei principali organismi regionali e nazionali del credito cooperativo ed ora diventerà presidente di Riminibanca. Banca di Rimini esprimerà il vicepresidente Cesare Frisoni e il direttore generale Gianluca Conti, ma anche la sede legale sarà quella dell’attuale Valmarecchia.
Si diceva dei 13 membri nel nuovo cda: il presidente e 6 consiglieri in quota Bcc Valmarecchia e vicepresidente e 5 consiglieri per Banca di Rimini. I nominativi sono più o meno gli stessi che siedono nei consigli di amministrazione delle rispettive banche. Ad esempio, per Banca di Rimini gli unici a non essere riconfermati sono Eugenio Angelino e Carlo Forlani, e quindi si preparano a gestire anche Riminibanca Anna Maria Annibali, Maurizio Casadei, Cesare Frisoni, Lorena Montebelli, Oliviero Morri e Luciano Vignoli.
Il presidente incasserà 45 mila euro l’anno, amministratori e sindaci un gettone di 350 euro a seduta. C’è poi il comitato esecutivo, che sarà formato da Pula, Frisoni e da un consigliere di Banca di Rimini e due consiglieri di Bcc Valmarecchia. Anche per loro un gettone di 350 euro. Trentamila euro al presidente del collegio sindacale.
Le Bcc stanno attraversando uno dei momenti più tempestosi della loro storia. La riforma del sistema del credito cooperativo (che segue quella delle banche popolari) sta creando parecchie frizioni, non da ultimo perché la strada delle fusioni porterà a dimezzare circa l’attuale numero delle banche di credito cooperativo. C’è chi sostiene che la riforma snaturerà il mondo delle Bcc e chi invece la vede come indispensabile per eliminare anche qualche stortura. La governance del sistema attraverso i patti di coesione è uno dei capisaldi della riforma, un altro molto importante è l’apertura ai capitali esterni.
A sparare alzo zero su chi, in casa Bcc, frena la riforma, è stato di recente il prof. Stefano Zamagni, che ha puntato il dito su quanti hanno visto accrescere il loro potere, in barba ai valori del gruppo: “Nell’ultimo decennio per diverse ragioni in alcune Bcc il potere dei manager è diventato troppo ampio rispetto a quello dei consiglieri di amministrazione, ma questo è uno stravolgimento del principio democratico alla base del credito cooperativo: il consiglio è espressione della volontà dei soci, mentre i dirigenti sono al servizio dei soci. Se lasciamo alle direzioni il potere di fissare il modello di business, il principio cooperativo è stravolto”, ha tuonato il professore. E ad occhi allenati a guardare dentro la realtà riminese delle Bcc, l’analisi di Zamagni calza in qualche caso proprio a pennello. (puccio carlini)

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