Paolo Biondi indaga i misteri dell’Ara Pacis

Paolo Biondi indaga i misteri dell’Ara Pacis

Il giornalista riminese, da anni trasferitosi a Roma dove da ultimo è stato capo della redazione romana dell’agenzia Reuter, ha inaugurato nella sua città natale gli incontri di presentazione del suo nuovo libro.

I misteri dell’Ara Pacis: ecco il secondo libro di Paolo Biondi, un riminese che vive e lavora a Roma ormai da una quarantina d’anni ma che mantiene legami costanti con la sua città d’origine. E domenica scorsa questi legami sono stati sottolineati dal primo appuntamento del tour di presentazione del libro, pubblicato dalla società cooperativa Edizioni di Pagina di Bari (giugno 2017, 156 pp., 14 euro). Nella sede della libreria Riminese nel centro di Rimini erano presenti una quarantina di persone che affollavano gli spazi dell’esposizione. Tanti vecchi amici dell’autore, appassionati e professori.

Biondi, che è stato capo della redazione romana dell’agenzia Reuter e analista della politica italiana, ora che è in pensione collabora con il sito www.sfogliaroma.it e si dedica alla scrittura. E dopo il primo libro, un romanzo storico dedicato a Livia Drusilla, l’influentissima moglie del primo imperatore Cesare Ottaviano Augusto, in questa seconda opera prende in esame l’Ara Pacis, un libro di viaggio, quasi un saggio scritto attraverso racconti. Perché i ‘misteri dell’Ara Pacis’? Questo monumento, ideato nel 13 avanti Cristo e inaugurato il 30 gennaio del 9 avanti Cristo, cadde nell’oblio già nel II secolo perché fu letteralmente sepolto dai detriti delle catastrofiche alluvioni del vicino Tevere e inghiottito nel terreno paludoso dell’area in cui sorgeva, vicino al campo Marzio. E sparì ben presto anche dalle cronache di quegli anni. Ma, a partire da questo, i misteri si moltiplicano: infatti la scoperta dei pezzi di questo monumento risale al 1500, ma solo nel 1879 l’archeologo tedesco Friedrich von Duhn ipotizzò che si trattasse dei pezzi dell’Ara Pacis, il simbolo del principato e della politica di Augusto. Insomma ci sono voluti tre secoli per capire cosa rappresentasse quell’altare circondata da pareti in marmo di Carrara scolpito con bassorilievi e festoni floreali voluti dall’imperatore per celebrare le sue campagne volte a ristabilire la sua politica di pacificazione in Germania, Francia e Spagna (tra il 13 e il 10 a.C.) e sancire così il periodo aureo della pace cantato da Orazio. Ma nonostante questo dopo una prima proposta di recupero nel 1903 sempre ad opera di un archeologo tedesco, Eugen von Petersen, fallita per la pericolosità del terreno paludoso che insisteva peraltro su una falda (l’Ara Pacis si trovava allora otto metri sotto il suo livello attuale), l’ipotesi venne concretizzata solo nel 1937 ad opera di Mussolini che colse il bimillenario della nascita di Cesare per autocelebrarsi e comunque chiudere i lavori nel 1938. E come ricordano le cronache del tempo, con tecniche d’avanguardia. Venne infatti immesso nel terreno azoto liquido per congelarlo e così potere effettuare gli scavi in sicurezza.

Ma i misteri sono tanti altri: perché, per fare un altro esempio, sparì dalla memoria la figura di Livia alla quale fu dedicato questo monumento? E quale fu, in questo oblio, il contributo del successore di Cesare e cioè Tiberio? E ancora quale fu la responsabilità di Tacito che raccontò l’epopea augustea, cercando di metterne in cattiva luce l’influente moglie Livia? Su questo monumento ci sono anche questioni prettamente stilistiche, per esempio sul colore, perché ora è bianco come anche oggi noi immaginiamo i monumenti sia latini che greci. In verità tracce di colore vennero scoperte negli scavi ma scomparvero in una sorta di pulitura operata dagli stessi archeologi. Si deve anche dire tuttavia che i colori usati sia dai greci che dai romani per noi contemporanei avrebbero un impatto piuttosto kitsch. Un altro aspetto misterioso svelato dal libro è il motivo per cui la prima iconografia cristiana risalente al IV secolo riprende i motivi floreali della vite coi tralci presenti nell’Ara Pacis, che tuttavia era sottoterra da circa due secoli: perché nel portico e nei giardini della villa di Livia a Roma esiste una copia di questo monumento. Nel libro si evince anche che le dimensioni e la composizione del monumento sono vicine al 90% a quelle originali. E comunque quel 10% costituisce ulteriore materia da indagare perché alcuni pezzi dell’originale non sono nella posizione attuale; quattro sono a Villa Medici che è un edificio di proprietà italiana ma affittato in modo perpetuo per una cifra simbolica (1 euro all’anno) ai francesi, mentre un altro pezzo mancante si trova addirittura al Louvre di Parigi e i francesi, soprattutto nel 1938, non ne vollero sapere di restituire all’Italia questi reperti.

C’è un ‘mistero dei misteri’ in questo libro? E’ stato chiesto all’autore dalla sorella Loretta Biondi presente all’incontro. Paolo ha risposto:
“Spero di non divagare se rispondo che il vero mistero credo sia quello dello sguardo di noi che passeggiamo tra questi monumenti, per me ora a Roma ma per voi anche passeggiando sopra il ponte di Tiberio o sotto l’arco d’Augusto, facendo proprio l’incontro con una realtà ancora viva nelle sue espressioni letterarie, artistiche e allargando la nostra indagine personale.
Non avrei mai pensato, sia per il primo libro su Livia che su questo secondo, di trovare tanto interesse nelle scuole dove vado a parlare agli studenti e mettendo in atto quella interdisciplinarietà di cui si parlava anche quando ero studente io ma che alla fine era solo la compresenza di alcuni prof.
Credo infine che il ‘mistero dei misteri’ dell’Ara Pacis che forse resta ancora in sospeso, sia comprendere questo monumento per quello che è, non solo la sua storia o i suoi stili artistici. Anche le polemiche e i conflitti dei tanti studiosi che si sono occupati di questa struttura dipendono secondo me anche dal fatto che ciascuno lo analizza dal suo punto di vista, non nella sua totalità”.

L’uscita riminese di Paolo Biondi s’è conclusa a San Giovanni in Galilea, nel cui cimitero riposano entrambi i genitori.
La sua passione per la scrittura prosegue
, visto che rimetterà mano a quello che avrebbe dovuto essere il suo secondo libro dedicato ad un’altra figura femminile dell’epoca romana, Giulia, e che invece è stato accantonato per scrivere i misteri dell’Ara Pacis.

Il suo primo libro (Livia) uscito nel giugno 2016 è già stato ristampato ed ha venduto un migliaio di copie.

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