Parte da Rimini il catamarano riciclone che educa alla difesa del mare dal “mal di plastica”

Parte da Rimini il catamarano riciclone che educa alla difesa del mare dal “mal di plastica”

Una barca interamente costruita con materiali di riciclo, principalmente quasi 2500 bottiglie di plastica. Per andare da Rimini a Venezia. Solo dalla nostra città poteva partire un'idea così geniale e dirompente, alla quale stanno lavorando tre giovani decisi a varare un progetto capace di scuotere le coscienze sul folle inquinamento provocato dall'uomo, per ridurre l’utilizzo di plastica usa e getta e la sua dispersione in mare. Si salpa in estate.

Nel 1979 esce Quintet, il film più controverso girato da Robert Altman (1925-2006). Un uomo e una donna camminano in mezzo a una sconfinata distesa ghiacciata. La scena si svolge in un non-luogo. A un certo punto, i due vedono volare un’anatra selvatica che si staglia solitaria sul cielo biancastro e opaco. Pare fuso con il panorama circostante. La donna chiede cosa sia. Il compagno le spiega che un animale come quello non lo vedeva da anni. Le immagini sono più che inquietanti. L’intera pellicola, a dire la verità è un inno alla catastrofe. Altman, un veggente? Potrebbe anche darsi.
Nel 2010 un critico cinematografico riprende in esame il film. In un passaggio della relazione sostiene: “Altman in questo film mette veramente in scena il nostro futuro, senza mezzi termini né spettacolarizzazioni; e soprattutto dimostra che l’apocalisse non è avvenuta per motivi naturali, ma per via della nostra clamorosa, efferata e ripetuta stupidità. Sarebbe bastato poco per salvarci, per governare le risorse della Terra anche in mezzo alle difficoltà, invece…”

Il capodoglio spiaggiato in una immagine gentilmente concessa dall’Ufficio Comunicazione Istituzionale del Comune di Arzachena.

Il 31 marzo del 2019, pochi giorni fa, su “La Zampa.it”, canale de “La Stampa” dedicato al mondo animale, il corrispondente Nicola Pinna scrive da Porto Cervo (Sassari): “Nelle buste recuperate dai veterinari si legge ancora chiaramente il codice a barre. E’ l’ultimo piatto avvelenato finito nello stomaco del povero capodoglio (otto metri per sette tonnellate di peso) che vagava agonizzante tra il Tirreno e le Bocche di Bonifacio. A soffocargli lo stomaco è stata proprio quella grande polpetta di plastica: 22 chili di materiali di ogni tipo: piatti, lenze, un sacchetto di detersivo con la marca ancora ben leggibile, ma anche una rete da pesca, sacchetti e teli vari che i biologi hanno ritrovato mentre cercavano di capire la causa della morte di quel gigante del mare ritrovato tre giorni fa nella spiaggia di Cala Romantica, in una piccola baia vicino a Porto Cervo”.
E non basta: aggiunge che mamma capodoglio aveva in pancia un feto di quasi tre metri. Bel colpo: due in uno, verrebbe da commentare. Siccome ce ne sono troppi, riusciamo a farli fuori ancor prima che nascano.
Si potrà tornare indietro? Difficile dirlo. Qualcuno sostiene che moriremo sommersi dalla plastica e dai rifiuti. Dunque, che fare? C’è chi ha pensato di sensibilizzare le giovani generazioni verso un problema che incombe sul loro futuro. Nulla è più efficace di una comunicazione semplice e comprensibile. L’obiettivo principale? I bambini. Certo non solo loro, ma l’investimento è principalmente sul buonsenso delle generazioni che verranno. La storia della nave che al varo si chiamerà “Mal di Plastica”, comincia così: Matteo Munaretto, giovane uomo dell’81, nasce a Rimini come il fratello maggiore Piero, ma la famiglia paterna è di origini veneziane. La Serenissima ha un ruolo importante nella vicenda che raccontiamo.

Una sera Matteo propone all’amico Stefano Rossini di costruire una barca fatta con legno di recupero e bottiglie di plastica per fare un viaggio o una traversata. L’idea viene immediatamente accettata con entusiasmo anche dal fratello Piero che da anni va per mare con la vela. Il progetto prende corpo già quella sera. Nel giro di poche ore, facendo una ragionata, assume connotati che sfociano decisamente verso l’impegno sociale. I tre hanno ben chiaro verso chi dirigere la prua del loro proposito per segnalare il letale problema della plastica nel mare.

Il loro siluro comunicativo sarà quello di smuovere le rammollite coscienze degli adulti, ma soprattutto ispirare ai giovanissimi il rispetto dell’ambiente. Dal mese di ottobre, in un magazzino messo a disposizione da un amico, cominciano a fare i disegni, a procurare materiale e a immaginare chi poter coinvolgere per farsi affiancare nella costruzione del natante, un catamarano di circa 6 metri per 3 da realizzare totalmente con materiali di recupero. Da metà maggio la loro base diventerà il Marina di Rimini. Il punto di forza? Bottiglie di plastica, usate. Ne impiegheranno circa 2.500 per riempire i due scafi del catamarano il cui scheletro, costituito da bancali di legno smontati e riassemblati è in dirittura d’arrivo. Il sistema velico realizzato da Venanzio Ferri, velaio ed esperto velista, in assenza di vento vedrà la collaborazione di un sistema propulsivo a pedali messo a punto da professori e studenti della Fondazione Enaips Zavatta di Rimini e pure il supporto di un piccolo motore elettrico. Nota doverosa. Tutti coloro che hanno prestato la loro opera (qui, per ovvie ragioni ne citiamo solo alcuni) lo hanno fatto a titolo gratuito. Imprenditori, privati cittadini e istituzioni pubbliche, si adoperano costantemente per dare il loro apporto. Evidentemente la “folle avventura” di andar per mare cavalcando bottiglie di plastica è ben vista e condivisa da molti.

Il catamarano “Mal di plastica” comincia a prendere forma

Dove li porteranno, le tremila e passa bottiglie? A 99 miglia da Rimini. A Venezia, per la precisione. La più longeva tra le antiche Repubbliche Marinare, ma se vogliamo, anche quella più a portata di “pedale”. Scherzi a parte, l’intento è di salpare nel corso della prossima estate e veleggiare sempre molto vicino alla costa per ottenere la massima visibilità e rimanere in sicurezza. La navigazione dovrebbe durare 4 o 5 giorni. Il viaggio non prevede soste, ma alla velocità tutt’altro che vertiginosa di un solo nodo orario è un ottimo sistema per farsi notare anche dai meno attenti. I più curiosi potranno raggiungere il catamarano a nuoto o in pedalò. A proposito di curiosità è legittimo chiedersi dove hanno reperito le bottiglie. Provengono dalle scuole. Sono state portate dagli alunni di alcune classi elementari, sensibilizzati e coinvolti nell’iniziativa, forse l’obiettivo cruciale che si sono posti gli organizzatori.
Progetti come questi hanno la facoltà di infiammare l’interesse dei più giovani, come asserito da alcuni insegnanti che hanno seguito l’evolversi dell’impresa. “Domani inizieremo la raccolta delle bottiglie e consegneremo i doni forniti dal Gruppo Hera ad ogni scolaro che ha contribuito all’iniziativa”, affermano i tre soci. Il premio che invece hanno già ricevuto gli ideatori della “folle avventura” (come da loro stessi definita) è il patrocinio dato dal Comune di Rimini, dalla Regione Emilia Romagna e da Legambiente Emilia Romagna e Veneto. In particolare, il regalo più gratificante è questo: “Troviamo ogni giorno sostegni che non avremmo mai immaginato. Ci telefonano da ogni parte d’Italia per offrirci aiuti, supporto e sprone. Non potevamo chiedere di meglio”, affermano.

Dunque, la singolare iniziativa piace, la scommessa intriga, il fine è socialmente utile. I tre “marinai” finiscono su molti giornali (anche a tiratura nazionale) pur non avendo strangolato nemmeno una vecchietta… Va anche detto che nel 2018 si sono costituiti nella A.S.P. (Associazione di Promozione Sociale) “Tormentina”, senza fini di lucro, aperta a chiunque voglia iscriversi. Al progetto, teso a sensibilizzare al problema della plastica usa e getta e la sua dispersione in mare, ne seguiranno di sicuro altri.

Le idee ci sono, l’entusiasmo non manca. Rimini 2.0 aderisce con convinzione alla loro iniziativa attraverso gli strumenti della comunicazione. Seguirà quindi gli sviluppi del progetto. Al momento della partenza, dilaterà le gote come Eolo per gonfiare le vele del “Mal di Plastica” in viaggio verso Venezia. E al ritorno, tutti al molo per festeggiare, compresa la “sirena” appena tornata a “casa”. Per allora sarà pienamente operativa. E come direbbe un consumato velista: “Buon vento e mare calmo!”.

Fotografia: da destra, Matteo Munaretto, Stefano Rossini e Piero Munaretto.

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