Peep Ausa: oggi deflagra la bomba “oneri d’esproprio”

Peep Ausa: oggi deflagra la bomba “oneri d’esproprio”

Alle 17.45 di oggi la prima e la quinta commissione consigliare si riuniscono (a seguito di "sollecitazioni" che arrivano da due esponenti del Pdl, Mo

Alle 17.45 di oggi la prima e la quinta commissione consigliare si riuniscono (a seguito di “sollecitazioni” che arrivano da due esponenti del Pdl, Moretti e Marcello) in seduta congiunta nella sala del consiglio comunale di Rimini con all’ordine del giorno un tema caldissimo, anzi esplosivo: il Peep Ausa. E’ una storia infinita, intricata e destinata a riservare ancora non poche sorprese. Cade nel periodo peggiore, nel quale la crisi economica si fa sentire e le famiglie sono costrette a tirare la ginghia, a volte fino a soccombere. Ebbene, in questo contesto, il Comune di Rimini chiede a circa 3500 residenti, pari a 1200 unità immobiliari interessate (nella stragrande maggioranza sono unità abitative ma non mancano negozi e altro), di sganciare cifre da capogiro per entrare in possesso della loro abitazione. Si parla, complessivamente, di decine e decine di milioni di euro, oltre 60 milioni di euro stimati solo per i maggiori oneri relativi alle aree. Il totale esatto non è stato ancora esplicitato, forse verrà fuori oggi. In più ci sono gli importi per “saldare” i passaggi in proprietà. Minacciando, per i “soggetti che non adempiano spontaneamente al pagamento delle somme richieste”, di “procedere al recupero coattivo”.
La vicenda parte da molto lontano, addirittura nel 1966, quando prende forma nel Piano delle zone destinate all’edilizia economica e popolare del Comune di Rimini, il quinto comprensorio Ausa. Poi è stato un susseguirsi di atti, delibere, sentenze. La prima stranezza, per usare un eufemismo, che balza subito all’occhio è la lungaggine che ha accompagnato questa storia. Paradossale anche se la si confronta al comportamento tenuto dall’amministrazione comunale per altri comparti: ad esempio i Peep Celle, Marecchiese e Corpolò, dove i conti sono stati chiusi da tempo. Perché la “partita” Ausa è rimasta indietro? Talmente indietro che anche per gli uffici comunali è stato difficile venire a capo della documentazione relativa alle procedure di acquisizione e alienazione del quinto Peep: lo si ammette candidamente nella relazione tecnica allegata alla delibera di giunta del 16 maggio scorso.
L’amministrazione comunale ha inviato di recente una lettera a tutti i residenti spiegando di essere costretta a chiedere il “recupero dei maggiori oneri d’esproprio” delle aree sulle quali è stato costruito il quinto Peep, “soldi versati dal Comune al momento dell’acquisizione delle aree. Il Comune, infatti, ha dovuto sostenere un costo per l’acquisizione delle aree su cui insistono le abitazioni superiore a quanto pagarono all’epoca i concessionari”. Aree che il Comune ha espropriato al valore agricolo dei terreni ma poi una sentenza della Corte Costituzionale (1980) ha dichiarato incostituzionale quella parte della legge relativa alle indennità di esproprio. Il Comune ha quindi dovuto pagare somme ulteriori ai proprietari dei terreni. E queste somme aggiuntive cerca oggi di riscuotere. Perché proprio ora? Perché trascorso il mese di agosto senza notificare le richieste ai cittadini, il credito andrebbe in prescrizione.
Ora l’amministrazione comunale prevede rateizzazioni fino a dieci anni (che possono salire anche a 15) e altre agevolazioni, consentendo 12 rate bimestrali fino alla somma di 10 mila euro, 24 rate fino a 20 mila, 36 rate fino a 30 mila, 48 rate fino a 40 mila e 60 rate per importi superiori. Ma il salasso resta tale. E non è detto che il Comune la spunti. E’ legittimo chiedere a tanti anni di distanza queste somme? Non ci sono responsabilità degli amministratori pubblici? Gli atti compiuti dal Comune sono tutti inappuntabili?
Intanto nel pomeriggio di oggi è prevista una vera e propria invasione dei diretti interessati, che seguiranno il confronto in commissione. Non è difficile immaginare che la temperatura nella sala del consiglio comunale salirà parecchio. E, ovviamente, la storia non finisce qui.
Carlo Piantucci

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