La soluzione ingegneristica rettificò la strada tra Santa Giustina e San Vito, ma emarginò Santarcangelo. La quale, centro pulsante della vallata, seppe riconquistarsi un ruolo di primo piano e con esso anche la Via Emilia attuale
A proposito della Via Emilia: quando Augusto “drizzò” la consolare romana grazie al nuovo asse fra Santa Giustina e San Vito, “scavalcando” Santarcangelo!
Il tratto della Via Emilia tra Santa Giustina e San Vito non appartiene al tracciato originario della grande strada consolare romana. Fu invece il frutto di un intervento mirato, voluto dall’Imperatore Augusto attorno al 2 a.C., per risolvere una situazione ormai insostenibile: il percorso che, da Rimini, si dirigeva verso Santarcangelo di Romagna seguiva un tracciato più vicino al torrente Uso, ma proprio per questo era soggetto a frequenti danneggiamenti, smottamenti e allagamenti stagionali. Il regime turbolento di quel corso d’acqua rendeva difficile garantire una viabilità continua, sicura ed efficace, soprattutto per i traffici militari e commerciali che transitavano lungo l’Emilia.
Augusto intervenne con una soluzione ingegneristica lungimirante: rettificare il tracciato spostandolo più a ovest, tra Santa Giustina e San Vito, in un’area più stabile e protetta. È in questo contesto che fu costruito il bel ponte di San Vito, una struttura in pietra squadrata, esempio tipico dell’ingegneria romana, pensata per garantire un attraversamento sicuro e stabile del fiume. Questo tratto di strada, più diretto e funzionale, fu noto -e in parte lo è ancora- come il “drizzagno augusteo”, dal verbo “drizzare”: rendere dritto, allineare, rettificare. Appunto, rettificare la strada fra Santa Giustina e San Vito.
Questo cambiamento modificò in profondità l’equilibrio urbanistico della zona. Il nuovo tracciato lasciava fuori, emarginava Santarcangelo, che fino ad allora era stato un punto di passaggio naturale e privilegiato. Fu una sorta di “scavalcamento” territoriale: la centralità del borgo fu temporaneamente ridimensionata, a favore di un percorso più breve, efficiente e sicuro.
Ma la storia, come spesso accade, non si ferma. Col tempo, Santarcangelo seppe riconquistare un ruolo da protagonista, grazie alla sua crescita economica, alla forza attrattiva e soprattutto all’espansione del borgo Clementino, che tra Sei e Ottocento divenne centro vitale di commercio, cultura e servizi. Il valore simbolico, sociale e infrastrutturale del tracciato originario tornò a prevalere, fino a riportare in primo piano proprio la via consolare passante per Santarcangelo, che è infatti quella tuttora percorsa e riconosciuta come Via Emilia.
I segni di questa vicenda sono ancora visibili: nei toponimi come “Via Emilia Vecchia”, nei resti del ponte romano di San Vito, nei paesaggi che conservano tracce antiche, anche sotto le strade moderne. Sono dettagli silenziosi ma eloquenti, che ci raccontano come le grandi trasformazioni infrastrutturali del passato abbiano continuato a influenzare lo sviluppo urbanistico, la crescita delle comunità e persino il nostro modo di pensare il territorio.
A proposito, dunque, della Via Emilia: due tracciati, due logiche, due momenti storici diversi, che oggi si intrecciano nel paesaggio e nella memoria collettiva. Due vie romane, una sola identità.
In questi tempi così effimeri, complicati e difficili, non è poco riconoscerlo.
(cfr. Prof. Augusto Campana; Prof. Guido Achille Mansuelli)


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