Già in questi giorni siamo travolti da sollecitazioni al voto per i Partiti e i candidati che si presentano alle elezioni regionali del 23 Novembre. S
Già in questi giorni siamo travolti da sollecitazioni al voto per i Partiti e i candidati che si presentano alle elezioni regionali del 23 Novembre. Sarà un crescendo di affermazioni, di dichiarazioni, di promesse e di impegni solenni che, il più delle volte, non si realizzeranno. Si troverà sempre una giustificazione o una scusante per dimostrare che l’elettore aveva inteso male quelle promesse e che, sì, in fondo, all’indomani del voto non si sono concretizzate le condizioni per rendere fattibili quegli impegni solenni! Questa via d’uscita sarà utilizzata indistintamente dai rappresentanti eletti di tutti i Partiti, nessuno escluso.
Nella Regione Emilia Romagna c’è, però, dell’altro. Questa Regione è da sempre sottoposta a un ferreo controllo politico pressoché incontrastato. Ciò è dovuto alle indiscutibili capacità espresse da numerosi dirigenti politici nati, svezzati e cresciuti nel vecchio P.C.I.. Cioè nel grembo di una Sinistra che col passare dei decenni è stata in grado di trasformarsi da stalinista in forza di governo democratico e capace di attrarre il consenso di gran parte dell’elettorato regionale, persino di settori lontani sul piano dell’identità ma, di fatto, pragmaticamente in grado di votarla “turandosi il naso”.
Questo controllo politico della Regione è stato possibile anche grazie a uno strisciante consociativismo che ha permeato nel tempo quasi tutti i settori produttivi, culturali e associazionistici, grazie ad una sapiente invasività sociale che in alcune zone della nostra Regione si è rivelata capillare.
Con questa capacità pervasiva e persuasiva le ultime giunte regionali hanno stretto accordi anche con gruppi e associazioni distanti dal punto di vista politico. Del resto le possibilità di finanziamento e di distribuzione di contributi erogabili dalla Regione Emilia Romagna, hanno consentito di “tenere a bada” pericolose sacche di dissenso politico che, appagate e compromesse, non hanno mai trovato il coraggio di una vera e propria contrapposizione al sistema di potere così ben strutturato.
Le iniziative del centrodestra sono apparse velleitarie e poco convincenti come reale alternativa alla Sinistra e in alcuni casi al centrosinistra. Inoltre, l’attuale incapacità di fare coalizione con le residuali rappresentanze del cosiddetto centro della politica italiana, fa della destra liberale un competitore debole rispetto alla corazzata del PD e dei suoi alleati della Sinistra.
Infine, le liste civiche che in queste ultime settimane si sono gettate nella sfida elettorale regionale, si palesano come tardive e rischiano di ottenere scarsi risultati.
A causa di queste valutazioni in alcuni settori di questa Regione si sta facendo strada l’orientamento di invitare gli elettori a evitare il voto al PD.
L’invito tende a scongiurare di consegnare di nuovo questa Regione a una maggioranza saldamente imperniata sul PD e sui suoi consumati dirigenti, nonostante l’apparente rinnovamento. Per lo meno di ridurre il consenso elettorale che il PD ha ricevuto in occasione delle ultime europee, grazie ad un “renzismo” dilagante, interessato e senza reali competitori.
Con un PD contenuto nel perimetro di percentuali di reale consenso democratico e perciò costretto ad un più serrato confronto con le opposizioni, si potrebbe sperare pure in una limitazione di quel consociativismo che ha prodotto tanti guai.
La realtà riminese è emblematica di quel consociativismo foraggiato dalla classe dirigente provinciale e regionale del PD, che ha purtroppo causato disastri incalcolabili ed enormi macerie sotto alle quali sono stati sepolti enti, società, posti di lavoro e ricchezza sociale.
Evitando il voto al PD, le elezioni regionali del prossimo 23 Novembre possono essere l’occasione per mettere un freno a un sistema di governo che a Rimini ha mostrato da tempo i suoi limiti.
Marino Straccialupi
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