Ruderi e speranze: Rimini deve tornare a giocare nella serie A del turismo

Ruderi e speranze: Rimini deve tornare a giocare nella serie A del turismo

Ha gestito una ventina di alberghi tra Rimini, Riccione, Milano Marittima, Marina Romea, Salsomaggiore Terme, dove è stato anche amministratore delegato di Convention Bureau. É tornato a Rimini dopo 14 anni per ripartire dall'Imperial Beach di Rivabella. Ma ha subito dovuto constatare che la realtà non collima con le aspettative. "Lungomare in ritardo, alcune strutture fatiscenti... In queste condizioni investire diventa complicato". Intervista a Loris Filanti.

Da almeno un paio d’anni, quasi ogni mattina d’estate facciamo una camminata veloce tra San Giuliano e Viserbella. Abbiamo più volte pensato di intervistare gli albergatori che in viale Toscanelli a Rivabella hanno l’avventura di condividere la vicinanza con l’abominevole ex pensione Manzi a fare da succoso wurstel da sandwich tra l’hotel Driade e l’hotel Imperial Beach. Pochi giorni fa, fuori da quest’ultimo prendiamo accordi con il gestore. Lo incontriamo il pomeriggio stesso. Ci informa che soltanto da pochi giorni ha preso in gestione la struttura. La cosa ci incuriosisce. Dobbiamo ripensare le domande che avevamo in programma di porre. L’hotelier ci facilita il compito e rompe il ghiaccio con una breve ma precisa auto presentazione.

Loris Filanti

«Mi chiamo Loris Filanti. Faccio l’imprenditore-albergatore. Nella mia carriera, considerando quelli di proprietà (la maggior parte) e quelli in affitto, ho avuto una ventina di alberghi tra Rimini, Riccione, Milano Marittima, Marina Romea (in quel caso era un villaggio turistico), Salsomaggiore Terme. Là sono stato amministratore delegato di Convention Bureau. Avevo anche in affitto il Palacongressi e il Palazzetto dello Sport ex Palacotonella, “miss Italia” per intenderci».

Da quanto tempo è nel mondo dell’ospitalità alberghiera?
«Ho 57 anni. Sono nato in hotel perché mio padre faceva l’albergatore quindi, se vogliamo, attivamente dall’età della ragione. In casa abbiamo diversificato. Mentre mio padre era all’interno dell’albergo, io ho cominciato a lavorare al di fuori della struttura. Lo “commercializzavo”, nel vero senso della parola. Sempre in accordo con il Comune. La stessa cosa è successa di recente a Salsomaggiore, in una delle ultime esperienze fatte. In quel caso, l’Amministrazione era piuttosto presente: essa si occupava della “promozione” mentre noi albergatori, della “Commercializzazione”. La città contava fino al 2015 circa 110 alberghi (il secondo polo turistico/alberghiero dell’Emilia-Romagna). Avevamo trovato una buona sinergia tra promozione e commercializzazione. Con le risorse che si avevano, riuscivamo a fare discreti numeri».

Per quanti anni è stato a lavorare fuori da Rimini?
«Per 14 anni. Non le nascondo che tornando pensavo di essere in serie “A” perché dicono che dopo Miami, come intensità alberghiera, venga Rimini. Invece, purtroppo devo fare i conti con la triste realtà. Lavori in ritardo, alcune strutture fatiscenti… In queste condizioni, investire diventa complicato».

Quell’orribile immagine che si staglia tra questo albergo e l’hotel Driade, presumibilmente non incoraggia i turisti a fermarsi. A meno che non siano cultori dei famosi “ghostbusters” (i cacciatori di fantasmi del celebre film americano), quando vedono quel relitto, tirano dritto. E scusi la rima.
«Se potessi esprimere un desiderio, per quello scheletro, come minimo richiederei una pannellatura. Non solo per il degrado ambientale e per l’immagine, ma anche per un fatto di sicurezza. Vedo bambini che vanno a giocare là. Quello è un rudere pericoloso. Cade a pezzi. Però so anche che per i comuni il problema è spinoso e difficile da risolvere. Avevamo una situazione analoga in pieno centro a Salsomaggiore Terme. È molto difficile riuscire ad agire. Comunque, se non altro bisognerebbe alleggerire il problema dal punto di vista estetico per una questione di decoro della zona, in prima battuta, e della città. Se fossi nei panni dell’Amministrazione, imporrei un rivestimento provvisorio non solo per l’estetica, ma per la messa in sicurezza dell’edificio, per evitare inciampi accidentali o pezzi di intonaco che vadano a colpire gli ignari passanti, oltre che per l’igiene pubblica. In attesa peraltro di sviluppi più interessanti».

Gli unici “sviluppi” visti di recente sono stati a cura degli immigrati clandestini e dei venditori abusivi che hanno eletto quel luogo a loro domicilio e postazione logistica dei loro traffici.
«Ancora non conosco l’Amministrazione di Rimini. Lo farò a breve. E andrò anche a iscrivermi all’Associazione Albergatori come ho sempre fatto ovunque sia andato. Non sono al corrente delle dinamiche locali, però mi permetto di fare considerazioni da cittadino. Siamo praticamente in centro e siamo sul mare: una cosa del genere è impresentabile e fuori da qualsiasi logica. Torno ancora una volta a Salsomaggiore. Con una forzatura fatta in coalizione fra tutte le categorie, dai commercianti agli albergatori e ai ristoratori, appoggiati dall’amministrazione, avevano imposto ai proprietari dei negozi sfitti di allestire comunque una vetrina e di tenere le luci accese durante la sera, fino alle 23.30. Chi fosse passato nel centro storico della città e avesse visto uno o più attività chiuse sarebbe stato sconveniente e penalizzante per tutti gli altri esercizi. In quell’occasione si riuscì ad agire sui proprietari degli immobili. Credo che qua, per fare qualcosa di analogo, la forza ci sia».

Più che altro servirebbe la volontà di farlo. Appena potrà, faccia un giro a Marina Centro per vedere com’è ridotto il “salotto buono” di cui avrà sicuramente memoria. Ma prima ancora, se fa duecento metri e si guarda intorno, noterà un fabbricato che ricorda molto quelli di alcuni paesi arabi in cui domina il non finito, il provvisorio. Se quell’edificio è come lo vede, significa che qualcuno lo tollera. O, nella migliore delle ipotesi, che ha le mani legate. Anche se la storia di Rimini, di “forzature” ne conosce. Ciò detto, da cosa deriva la scelta di prendere in gestione un albergo a Rivabella?
«Ho avuto diverse proposte di begli alberghi in diverse aree della città; strutture anche molto interessanti, ma alla fine la scelta è caduta su questa perché mi era particolarmente piaciuta. E devo dire che mi ha intrigato anche la zona. Qui sei fuori dal cuore di Rimini, quindi hai meno concorrenza e forse si presta a un turismo diverso, meno di massa. Le saprò essere più preciso alla fine di agosto, dopo il fondamentale test di quei trentuno, fatidici giorni. Francamente, nonostante sia nato e abbia l’abitazione qua, immaginandomi in altra situazione, credo che farei fatica a venire in vacanza a Rimini. Preferirei realtà più piccole, controllate e di nicchia. Come Riccione, Milano Marittima, Cattolica e perché no, come Rivabella. Ecco perché, come diceva lei questa mattina, negli anni ha sempre visto parcheggiate qui, auto svizzere e tedesche. Forse non sono l’unico a privilegiare zone più contenute, meno caotiche, sostanzialmente più defilate».

Nuovo lungomare, ritardi imbarazzanti

Ci vuole coraggio a prendere in affitto un’attività impegnativa in un momento tanto complicato.
«Al di là del rischio d’impresa, di cui sono perfettamente conscio, la cosa che più mi preoccupa sono i ritardi dei lavori del lungomare. A mio giudizio (ma non solo mio) si sarebbe potuto lavorare anche in presenza del Covid-19. Naturalmente è un parere da imprenditore e da albergatore, non da tecnico della materia, però visto che a Genova hanno continuato a operare anche durante il confinamento in casa, non vedo perché la stessa procedura non potesse essere applicabile anche qua. Avrebbero potuto portare avanti i servizi pubblici con più facilità vista l’assenza del traffico. Però, non conosco a fondo i problemi e il mio rimane un ragionamento da “uomo della strada” che però a volte si interroga e che non sempre riesce a trovare spiegazioni».

Si consoli, non è il solo. Per questa struttura ha un progetto di lungo respiro? Intende migliorarla?
«L’albergo, internamente è stato completamente ristrutturato. Vale a dire camere, materassi, tende e sommier nuovi (divani letto, ndr) e così via. In pratica, all’interno è tutto nuovo. Quando l’ho preso in affitto, questi lavori erano già stati in parte eseguiti. Li ho solo ultimati. Se tutto va bene e non ci bloccano nuovamente con il “lockdown”, il prossimo anno metteremo mano anche all’esterno dell’edificio. Anche se a dire la verità, i miei collaboratori e io, per i motivi di cui si diceva, abbiamo perso un po’ dell’entusiasmo iniziale. Non posso pensare che in una città che vive di balneare e con le fiere, si scivoli sulla buccia di banana del lungomare. Per dirne solo una. Perché ci sono altre cose che a mio parere andrebbero riviste».

L’ex pensione Manzi, in totale degrado, fra l’hotel Driade e l’Imperial Beach.

Quali?
«Per esempio, rivedrei la spiaggia. A Milano Marittima ho avuto l’hotel Caraibi. Chi scende in spiaggia nota subito che i bagni sono ben attrezzati, fatti in un certo modo. Intendo dire che là gli operatori del settore si sono evoluti e hanno saputo stare al passo con i tempi. I ricordi di quando ero un bambino di 6 o 7 anni e andavo al mare, coincidono ancora con quelle cabine e quel bar che vedevo allora. Il tempo sembra essersi fermato a mezzo secolo fa. Se vogliamo fare turismo dobbiamo investire tutti quanti insieme ed essere continuamente aggiornati, senza sentirsi mai arrivati. Non possiamo far pagare al cliente il costo del “lockdown” incrementando i prezzi, pur dando gli stessi servizi. Un cliente soddisfatto paga e lo fa volentieri. Per uno insoddisfatto, qualsiasi cifra è ingiustificata. Sono contrario anche all’imposta di soggiorno, ma non mi dilungherò su tale argomento. Preferirei una tassa di scopo. In tal modo sapremmo dove vengono finalizzati gli investimenti. Penso che alcuni servizi, se si vuole lavorare, oggi siano indispensabili. È ridicolo che uno spenda, che so, due milioni di euro e il cliente inciampa nel marciapiedi non finito o venga morso da una pantegana in libera uscita dal locale fatiscente di turno (di questi abbiamo un campionario invidiabile di cui ci siamo occupati in passato, ndr)».

Difficile darle torto. Si vedono cabine e passerelle che non sfigurerebbero nella Chernobyl post ’86.
«Comunque, nonostante tutto, voglio credere in questo albergo perché ribadisco, mi piace. La stessa cosa dicasi della zona. Mi aspetto molto, non solo da me stesso, ma anche dai colleghi e dall’Amministrazione locale. Per crescere insieme. Ho quasi sempre avuto 3 o 4 alberghi in contemporanea: con pochi soci scelti e collaboratori fidati e collaudati con cui si parla la stessa lingua. Ora parto con un hotel. Se mi trovo bene, ne prendo un altro».

Una volta terminato il lungomare, crede che l’aspetto generale ne beneficerà in modo sostanziale?
«Sì, tra l’altro sto stringendo collaborazioni che mi sembrano interessanti. Credo di sì, la situazione dovrebbe cambiare in meglio».

E i parcheggi?
«Qui abbiamo posto per 15/20 auto, una rarità. Sono difficilissimi da trovare e questo mi preoccupa molto, ma non vorrei mai pensare che io debba mettere in evidenza questo aspetto: abbiamo il mare e una vista mozzafiato sulla darsena».

I clienti come ci arrivano?
«Con l’elicottero, presumo. A parte gli scherzi, non saprei proprio. Ci sono giorni in cui faccio fatica ad arrivare qua. Anche con la moto. Devo lasciarla fuori perché è tutto transennato. Forse ci daranno un “pass” per permettere alla clientela di raggiungere l’albergo. Ovviamente, poi dovranno fermare l’auto. Ma almeno parcheggiano. Si immagini il caos, se fossi già stato aperto».

Quindi non ha avuto contatti o informazioni dal Comune, riguardo ai parcheggi?
«Dei parcheggi non so nulla, mi guardo in giro e non ne vedo. Vengo da anni in cui al cliente (mi vengono in mente i buoni benzina) lo si aiutava non solo a promesse. Qualche anno fa lo Stato agevolava chi veniva in vacanza da noi. Specialmente in un momento di crisi come questo, il bonus vacanza va bene, anche se lo ritengo macchinoso. Come già sopra detto, non ho mai visto di buon occhio l’imposta di soggiorno. Come idea generale, caso mai sarei più propenso a una tassa di scopo. Vogliamo rifare il lungomare? Costa “X”? Bene, facciamo una raccolta di fondi fino a raggiungere la cifra. Alla fine abbiamo il lungomare. E poi, parliamoci chiaro: non siamo Milano, non siamo Roma, siamo Rivabella…
Quella di soggiorno è una tassa che potrebbe tranquillamente essere rivista ed è tutta a carico del cliente».

L’articolo si sarebbe chiuso qui, ma c’è stato un colpo di teatro finale: l’arrivo della “forza pubblica” che ha suonato la carica. Come in ogni finale che si rispetti, questo inopinabile, ma da tempo desiderato “arrivano i nostri”, sancisce l’interesse (finalmente!) della Pubblica Amministrazione verso il problema segnalato alcune righe sopra. Il signor Filanti, gestore dell’hotel Imperial Beach, ci avvisa infatti che nella tarda mattinata di oggi è avvenuta un’operazione che ha visto in campo una quindicina di agenti, alcuni in divisa o tuta mimetica, altri in borghese. “A titolo personale, ma anche dei colleghi, desidero esprimere gratitudine per l’operazione condotta dalle forze dell’ordine. Hanno visto con i loro occhi alcuni bambini che giocavano a nascondino” ci racconta l’albergatore, “e preso atto sia della pericolosità che delle intollerabili condizioni in cui versa la struttura. Hanno scattato numerose fotografie dell’immobile e intervistato i vicini. Io e alcuni colleghi imprenditori con cui ho appena parlato, abbiamo dato la nostra disponibilità per partecipare alla pannellatura dell’edificio al fine di metterlo in sicurezza. All’aspetto estetico penseremo in futuro”.

Da parte di privati cittadini c’è stata dunque una generosa proposta di collaborazione. Da parte delle Istituzioni si attende una rapida soluzione della vicenda. E si spera di non dover scomodare Dan Aykroyd, Bill Murray e Sigourney Weaver…

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