Luigina Ricchi è una storica albergatrice, innamorata di San Giuliano mare e della sua identità di sobborgo un po' rude. Nella piacevole e interessante intervista che ci ha concesso non tralascia nulla e acutamente mette in fila problemi e potenzialità di questa parte di città. Comprese le sue proposte per valorizzarla al meglio. Ma non fa sconti: "Quando paghiamo le tasse, l’Imu, la Tari e così via, siamo qualificati come zona turistica. Ma la domanda è: lo siamo veramente?"
Frequentiamo da tempo il Lido San Giuliano. Durante le camminate finalizzate a un minimo di mantenimento fisico (con scarsi risultati), percorriamo spesso il Lungofiume degli Artisti, la strada sterrata che accompagna il fiume Marecchia al mare, divenuta galleria d’arte “en plein air ” dodici anni fa. L’idea di creare dei murales sul retro delle case che affacciano sull’argine è una creatura della Signora Luigina Ricchi (nella foto d’apertura), proprietaria dell’albergo battezzato dal padre con il cognome di famiglia, nel lontano 1934. La Signora Luigina ha potuto coinvolgere i pittori locali (va rimarcato che hanno dipinto i murales a titolo gratuito) attraverso l’Associazione culturale “L’Infezna”, da lei fondata.
L’abbiamo incontrata nell’albergo di famiglia per avere una sua opinione su San Giuliano Mare.
Signora Ricchi, durante il nostro primo colloquio telefonico accennava all’evoluzione di San Giuliano che nella prima metà del ‘900 ha vissuto comprensibili problemi dovuti alla logistica del territorio, di non facile approccio per le nascenti attività turistiche. E oggi?
San Giuliano la ami o la odi. Se la ami, significa che ne accetti serenamente la diversità e la consideri sotto una luce tutta sua, particolare. Sei attratto dalla selvaticità di alcuni scorci, incorniciati da una vegetazione e una fauna lasciata quasi esclusivamente alle benigne cure della natura. Questo, per non disconoscere l’eredità palustre del luogo. Uno dei punti caratteristici di San Giuliano è la genuina essenzialità di taluni spazi. Ad esempio, la piazzetta che prende nome dalla Balena di bronzo creata nel ’69 dallo scultore Elio Morri, dal giorno dell’inaugurazione non ha subìto mutamenti. E la sua semplicità la rende del tutto coerente al contesto della zona. E’ il privilegio che ci deriva dall’essere stati sempre un po’ trascurati dalle dirigenze locali (ammicca, ndr), considerati poco attraenti per quanto riguarda le manovre speculative.
Spesso mi trovo a pensare: dati i disastri che si vedono in giro, meno male che per un po’ certi amministratori pubblici ci hanno dimenticato. Già nei primi anni del secolo scorso esiste documentazione che le pressanti richieste di aiuto da parte dei residenti erano puntualmente disattese. In seguito qualcosa è stato fatto, ma non troppo. Appunto perché erano “distratti”, abbiamo mantenuto la nostra identità di sobborgo un po’ rude, per certi versi difficile, ma verace. Guardi gli amanti della scogliera, per esempio. Vengono qua, parcheggiano le biciclette incastrandone le ruote direttamente tra gli scogli, si stendono sugli asciugamani per leggere un libro, prendere il sole o rimanere in piedi a chiacchierare. Ma per loro l’aspetto fondamentale è avere e vedere il mare a pochi centimetri, cogliere le carezze della brezza in un contesto molto naturale, fatto di pietre, vegetazione spontanea e salsedine. Se possibile, attendono il tramonto: da quel piccolo molo è incantevole.
Beh, forse questa è la vostra genuina identità. Ma in genere il disco ha sempre la facciata B…
Dice bene. San Giuliano è sempre stata di servizio a Rimini. Nel 1800 il Borgo si allaga? Serve un deviatore del Marecchia? «Bene, facciamolo a San Giuliano». Da allora questo è un quartiere lesionato perché era tutt’uno con Rivabella. Qua c’era un piccolo scolo del fiume sicché il deviatore hanno pensato di farlo qui: io lo chiamo “la ferita”. Ci hanno separato da Rivabella. Verso sud già eravamo divisi dal porto canale, a nord ci ha pensato il deviatore. Siamo rimasti chiusi in mezzo. Manca una darsena. «Dove la costruiamo? A San Giuliano». Ben venga, ma l’hanno edificata portando via quasi un terzo di arenile. Spostano verso nord la Fiera di Rimini. Serve il famoso “fila dritto” che risolve qualsiasi problema di viabilità. «Che si fa? Chiudiamo via Carlo Zavagli, naturalmente». L’ingresso storico del quartiere. Ci pensa? Volevano chiuderci, o meglio, tagliarci letteralmente fuori. Sa perché quella piccola rotonda tra via Matteotti e via Carlo Zavagli, per un periodo l’hanno chiamata “Luigina”? Perché mi ci volevo incatenare per protesta. Esattamente lì, dove “loro” avevano previsto un cordolo. Ci avrebbero sigillato come sardine in una scatoletta. Così chi fosse venuto dalla fiera “filava” via prima, verso il centro o la zona mare di Rimini. Se, nonostante tutte le manovre dissuasorie, qualcuno avesse proprio voluto entrare nel quartiere, avrebbe dovuto percorrere per intero la grande rotonda di piazzale Vannoni, invertire il senso di marcia e infilarsi finalmente in via Zavagli. E’ pazzesco. A San Giuliano, se ancora viene considerata zona turistica, un accesso dovrà pur esserci. O no? Forse anche grazie al mio minacciato “supplizio della ruota”, desistettero dal proposito.
In realtà c’è la diffusa sensazione che S.G. (come pure Rivabella) sia considerata una cenerentola.
Quando paghiamo le tasse, l’Imu, la Tari e così via, siamo qualificati come zona turistica. Ma la domanda è: lo siamo veramente? San Giuliano è presa in considerazione? Se la risposta è sì, allora fateci lavorare al pari degli altri. Sennò, e lancio una sfida, se per voi rappresentiamo una mezza realtà, in tal caso dateci la possibilità di cambiare destinazione d’uso ai locali dove svolgiamo il nostro lavoro. Ci sono alberghi e pensioni chiusi ormai da anni. Pochi giorni fa ho letto lo sfogo di una signora che gestisce un hotel da tre anni. Non sa più come tirare avanti a causa dell’inesorabile e costante “spegnimento” di San Giuliano. Negozi chiusi, poche attrazioni e crisi climatiche varie, stanno rendendo complicato praticarvi attività. Tutto questo nonostante l’impegno costante e tanta dedizione da parte del Comitato Turistico locale.
La vostra famiglia ha una lunga tradizione di ospitalità alberghiera. Ora, come stanno le cose?
Per chi ci è nato, l’albergo è una casa. La Riviera è nata sulla spontaneità, poi strada facendo alcuni di noi (per la verità, non proprio tutti) sono diventati imprenditori. Con sacrifici: certo. Con privazioni: è vero. Ma con una mentalità di fondo che è alla base della crescita: il reinvestimento in azienda di parte degli utili. Mio padre aveva una piccola impresa edìle. Si è costruito poco alla volta, è morto giovane, quando ero ventenne. Nonostante la giovane età, mi ricorderò sempre cosa diceva: bisogna reinvestire il 50 per cento dei proventi dell’attività. È quello che abbiamo sempre fatto. Ma se si guarda un po’ intorno, si accorge che non tutti hanno applicato lo stesso principio. L’Amministrazione continua a ripetere che i privati devono contribuire allo sviluppo della città. Il ritornello si è sentito anche in occasione dell’apertura dell’Ufficio partecipativo mobile del Piano Strategico. Le assicuro che chi reinveste, come accennavo prima, ha già contribuito. E in modo considerevole. Il fatto è che lo fanno in pochi. Alla fine che succede? Al primo che arriva con un sacco dell’immondizia pieno di soldi, gli vendono locale, licenza e anima. Ha una pallida idea di quanto abbiamo investito in questi muri dal 1934 a oggi? Si è sempre cercato di tenere l’albergo con un certo decoro, facendo migliorie e ammodernamenti. Mio padre faceva il muratore, ma aveva ingegno e sbuzzo per gli affari. Erano gli anni Venti. Stava cominciando ad arrivare il turismo. Con i tre fratelli si costruirono una casa per ciascuno. Qui, in mezzo alle costruzioni c’era un grande giardino, orto compreso. Ognuno abitava la propria casa, ma le famiglie condividevano il piccolo parco. In estate, visto che passava il suggestivo “treno” del turismo, pensarono al modo di acchiapparlo. Mio padre che era il più vecchio dei quattro, nonostante avesse poco più che i soldi per mangiare, pensò di assumere un cuoco per i primi anni di gestione della pensione.
Evidentemente era una persona che aveva lo sguardo piuttosto lungo. Non erano tempi facili.
Ha investito anche in quella circostanza. Ho una foto (siamo intorno al 1935) che ritrae tutta la famiglia con il cuoco, in mezzo al giardino. Il babbo ha voluto che le donne di famiglia imparassero i criteri fondamentali per gestire la cucina di una pensione. Naturalmente, la metodologia non era la stessa che in casa. Correvano gli anni ’30…, gli albori del turismo. Con una guerra alle spalle e una poco distante, pronta a ghermire il futuro di molti. Chi ne è scampato e ha avuto la fortuna di non subire la distruzione delle proprietà, ha pagato con una grande fatica, ma poco alla volta e con grande forza di volontà, si è ripreso. Siamo tutti figli di quei sacrifici.
Lei è nata a San Giuliano?
Certo. E credo in questo luogo. E’ una piccola realtà che naturalmente racchiude elementi negativi e positivi. Mi spiego: proprio perché minuscola, S.G. è adatta per progetti sperimentali, si presta a scelte uniche, singolari. La novità dell’ultima riunione con il sindaco è il “Piano Spiaggia”. Dicono che lo stiano approvando. Vedremo. Se come detto, in esso fosse compresa la possibilità di creare giochi d’acqua, piccole piscine e analoghi diversivi, sarà una cosa positiva di cui avremmo assoluto bisogno. Quel tipetto là che scorre dove lo hanno costretto e che si chiama Marecchia, ci porta a riva di tutto. Come a maggio. In caso di necessità, serve un’alternativa al mare. Speriamo che questo piano strategico porti qualche buona novità per questa zona che amo molto. San Giuliano non va considerata in negativo come fanno molti: ha enormi potenzialità e nonostante di problemi ne esistano, si possono superare. A cominciare dai trasporti. Da qui al ponte di Tiberio ci sono 700 metri. Ebbene, non c’è un solo collegamento decente. Un mio cliente che volesse farsi un giro a Rimini centro, dispone di un unico autobus che passa nelle vie principali. Arriva fino alla stazione. Corre solo fino alle 19 e 30. Altrimenti deve andare su via Coletti e prendere quello che a sua volta arriva in stazione. In questo caso l’orario è continuato. Si rende conto? Sono due, ma entrambi assai disagevoli.
Sembra impossibile che manchi un adeguato servizio di trasporto pubblico. Lo avete fatto presente?
La situazione è questa. I miei ospiti per andare in centro per ammirare le bellezze di Rimini, prendono un autobus che li deposita in stazione. Quando intendono visitare il centro storico di Rimini, dovremmo dare loro il cestino da viaggio (ironizza ridendo, ndr). Oppure andarci a piedi, magari con il caldo, per poi rientrare quando ancora il sole è alto perché dopo le 19 e 30 non ci sono più corse, è un’assurdità. Tutti i collegamenti esistenti ci tagliano fuori. Sa quanti incontri ha dovuto chiedere mio figlio all’Amministrazione Comunale per avere una linea di autobus che giri tutt’intorno a S.G., raccolga le persone e arrivi almeno fino al parcheggio Tiberio? Infiniti, ma niente da fare. Basterebbe istituire un agile servizio di navette. Anche per i residenti. Per me è fattibile. Noi chiediamo da sempre che costruiscano dei ponti: ponte con Rimini no, ponte con Rivabella nemmeno. Alla darsena c’era un progetto per farne uno che aveva già i finanziamenti. Qualcuno, non mi chieda chi e perché, non lo ha voluto…
La situazione che descrive non è tra le più incoraggianti.
Oggi San Giuliano è a una svolta: andare sul lungomare fa venire i brividi. Tra l’altro, non chiamiamolo lungomare perché tale non è: chiamiamolo semplicemente “viale Ortigara”. E’ solo un vialettino secondario. Comunque, una volta brulicava di gente. La cosiddetta “passeggiata” qui era costituita in larga parte da negozi o meglio, da sgabuzzini convertiti in negozi. Ora tutto è cambiato, quelle attività via via hanno chiuso. E questi locali, oggi a chi li si cede? E se mai qualcuno dovesse comperarli, l’acquirente lo farebbe per vendere cosa? Una volta i turisti che provenivano da Milano, Torino o Bologna venivano al mare e acquistavano qua l’occorrente per la vacanza. Ora lo fanno sul web o a casa loro. E spendono anche meno. Quindi, in base alla vecchia concezione di negozio, questi non hanno più senso di esistere. La situazione però è in evoluzione; S.G. è diventata il posto dei ristoranti frequentati dai riminesi.
E’ già qualcosa, ma questo luogo che vive un momento difficile, come potrebbe essere vivacizzato?
La domanda capitale è questa, ma io una soluzione non ce l’ho. L’unica cosa che penso è che quegli sgabuzzini, quei garage tornino alla funzione originaria. Credo anche che San Giuliano abbia la possibilità di diventare il quartiere residenziale dei riminesi. Qualche segnale c’è. Perché qui si sta benissimo: sei centrale, ma defilato, tranquillo; si dovrebbe decidere di tenere in vita pochi e qualificati alberghi, solo quelli che abbiano il coraggio di chiamarsi tali. Io mi immagino questa situazione, facendo forse un volo pindarico; vedrei S.G. come un accessorio di Rimini che tra l’altro sta diventando proprio una bella città. Certo che, come a una bella signora, se le metti delle ciabatte, non la valorizzi perciò dico che questo luogo deve diventare un piccolo gioiello, prezioso e funzionale a Rimini. E’ inutile continuare a rimpiangere il passato e pensare di riaprire negozietti insulsi. In zona ce ne sono fin troppi. E poi siamo a poche centinaia di metri da piazza Tre Martiri. Naturalmente, e torno al discorso di prima, vanno creati i collegamenti sennò la nostra clientela continuerà a sentirsi relegata nel deserto. Quanto vuole che possa mai costare istituire una navetta che faccia la spola da qui al centro? In fin dei conti sono problemi di facile soluzione. Non chiediamo fontane e fuochi d’artificio, ma solo il minimo indispensabile per sopravvivere. Se fa un giro per le viuzze, potrà constatare che qualche seme già si vede. Ci sono casettine, un tempo molto graziose che i riminesi stanno ristrutturando per venirci ad abitare. Ripeto: bisogna guardare avanti: evitare di rincorrere il modello di un passato che è bene non ritorni e trasformarci, con i giusti collegamenti e con belle aiuole, bei marciapiedi, ordine e pulizia, in un vero grande quartiere residenziale. Ce la faremo? Non lo so, ma bisogna provarci.
COMMENTI