Se oggi l'amministrazione sembra puntare ad una permanenza del CEIS sopra l'area archeologica dell'Anfiteatro romano, in verità in tutti gli atti precedenti aveva manifestato,e assicurato l'intenzione e l'impegno di spostarlo in altra area
È strana a volte la politica ma, forse, sono coloro che la praticano che la rendono tale. E nella nostra realtà locale questa peculiarità tocca il suo apice nella telenovela Anfiteatro – CEIS, che continua ad andare in scena sfidando i decenni. Strana, ad essere benevoli, perché ripercorrendo le tappe di questa bizzarra storia, e prendendola con un fondo di amara ironia, appare come un’opera buffa in cui i tanti protagonisti hanno recitato una parte in totale antitesi con gli stessi strumenti urbanistici che emettevano, e con i loro medesimi predecessori o successori seppure sempre di pari provenienza politica.
Volendo serenamente ripercorrere la vicenda è bene ricordarne alcune tappe salienti: dalla concessione di occupazione temporanea del CEIS in quell’area, che tralasceremo poiché ampiamente già documentata sul nostro giornale, alle puntate successive.
Inizieremo dal 1969 quando a seguito di una richiesta di autorizzare “la sostituzione di tre dei padiglioni situati nell’area dell’Anfiteatro romano”, la stessa veniva autorizzata dalla Soprintendenza, a firma del Soprintendente Gino Vinicio Gentili, “a condizione che i suddetti padiglioni rivestano carattere di provvisorietà e che il Comune di Rimini, … si impegni a procurare al più presto, altro terreno da destinare al trasferimento definitivo del Centro e di tutte le sue strutture edilizie”; Lettera del 03/10/1969 prot. 3405, Pos. B4 indirizzata al Sindaco del Comune di Rimini.
Seguiva uno scambio epistolare tra le due Istituzioni che culminava con una risposta vergata dall’allora Sindaco in cui si affermava che “… questo Comune si impegna, espressamente, a trasferire, allorché sarà necessario, la sede del Centro Educativo Italo -Svizzero, in un’altra ubicazione diversa dall’attuale.”; Lettera del 29/12/1969 prot. 26884.
Arriviamo in un salto al 1991 quando evidentemente a motivo delle continue richieste di risolvere la questione ancora pendente, l’architetto Pier Luigi Foschi, a nome del Comune di Rimini, rispondeva ad una lettera della Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna di Bologna, in cui si assicurava: “… comunico che l’ Am.ne Com.le ha in avanzata fase di ultimazione il Piano Regolatore Generale la cui presentazione è prevista per l’ estate 91. Nel nuovo strumento urbanistico sarà anche indicata l’area prevista per il trasferimento del Centro Educativo Italo-Svizzero (C.E.I.S.)”.

La comunicazione del 1991 con cui si assicurava la Soprintendenza dell’imminente PRG in cui si sarebbe annunciata l’area destinata al trasferimento del CEIS
Proseguiamo con gli strumenti urbanistici del 1994 in cui nel Piano Regolatore Generale adottato nel 1994 a pagina 89 si individuano i Comparti da assoggettare a piano urbanistico preventivo. L’area dell’Anfiteatro Romano, unitamente a quella ex Padane, è connotata come “Comparto 5”, trattato al punto 5 della pag. 91, in cui si legge testualmente:
“5.Anfiteatro La sistemazione si attua attraverso un piano urbanistico preventivo di iniziativa pubblica che preveda la demolizione di tutti gli edifici compresi all’interno del comparto in modo da consentire lo scavo archeologico. A seguito dei risultati dell’indagine, l’area andrà sistemata a verde pubblico in maniera da consentire la conservazione e/o la visita dei reperti.” (sic).
Tralasciando altri noiosi passaggi, giungiamo all’approvazione del PSC avvenuta con Delibera del C.C. n.15 del 15/03/2016, sindaco Andrea Gnassi, in cui si conferma sostanzialmente quanto deciso in precedenza.
Ma continuiamo a correre fino all’anno 2022, e nonostante non fosse mai accaduto nulla di quanto promesso, in occasione della prima proiezione del documentario “Lo spazio che vive”, dedicato appunto all’asilo italo-svizzero, prodotto dal Gruppo Icaro, Ceis e Fondazione Margherita Zoebeli. In sala, presente tutta la schiera dei massimi rappresentanti del Pd nelle istituzioni, dalla vicesindaca Chiara Bellini, dall’ex sindaco Andrea Gnassi alla presidente dell’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, Emma Petitti, a tutti i vertici del Ceis, il direttore del Ponte Giovanni Tonelli e tanti altri, dove il Sindaco, anch’egli presente e tuttora in carica, avrebbe asserito pubblicamente che “il CEIS vale un anfiteatro”. Un palese corto circuito.
Nel frattempo erano state fatte demolire varie strutture prive di titolo autorizzativo in giro per la città, quale lo storico bar “Il Tricheco” e non solo; sed lex dura lex!
Arriviamo quindi ai giorni nostri. Dopo avere gridato a presunte guerre ideologiche e reiterate improbabili narrazioni circa l’assenza di evidenze storiche al di sotto dell’area oggetto di qualche saggio in passato, oggi che è stato dimostrato che non è proprio così, il nuovo messaggio emesso consiste nel fatto che se c’è qualcosa non vale la pena prenderlo in considerazione. Poi si teorizza ancora confusamente sulla convivenza nello stesso sito sia del monumento che del CEIS, che tradotto in pratica significa la conservazione dello stato di fatto.
A questo punto è lecito chiedersi quale valore abbiano gli impegni assunti formalmente da un’Amministrazione pubblica, la validità degli strumenti urbanistici che essa progetta ed approva anche in funzione dell’esempio che deve rendere alla città. E in questo quadro si inserisce anche l’affermazione del presidente del CEIS, riportata in modo virgolettato da alcuni mezzi d’informazione locali, “I nostri tecnici stanno lavorando insieme a quelli del Comune per trovare una soluzione e regolarizzare una volta per tutte i fabbricati” che, se vera, andrebbe per lo meno dovutamente spiegata nel suo contenuto alla cittadinanza al pari delle altre domande all’inizio di questo ultimo capoverso.
È strana la politica perché specie in questo caso sarebbe stata necessaria una trasparenza ed una linearità che è mancata, e che tuttora latita, come pure un costruttivo confronto che avrebbe probabilmente favorito una soluzione condivisa con coloro che sostengono da sempre che CEIS ed Anfiteatro siano entrambe una risorsa irrinunciabile per Rimini. Strana anche perché con tutta probabilità all’interno dello schieramento che prosegue sulla propria strada autoreferenziale, forse qualcuno vorrebbe esprimere qualcosa di diverso, ma gli risulta impossibile non potendo uscire dalla linea ufficiale che non ammette dialogo.


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