Ancora molti tronchi impigliati nei piloni del cavalcavia e finiti sugli scogli di San Giuliano. Prima che l'estate entri nel vivo qualcuno pulirà? E poi un pedalò mezzo affondato ed altri "parcheggiati" sotto il ponte di via Coletti. Per finire con l'opera di Elio Morri, che attende un bravo veterinario specializzato in balene di bronzo.
A qualche metro di distanza sembra una piccola installazione di Christo, l’artista bulgaro/statunitense massimo esponente della “land art”. Ma non è così; è solo un sudario di plastica avvinghiatosi a un arboscello sull’argine del fiume, reso melmoso dalle piogge e la piena di metà maggio.
Sulla sponda, arbusti e canne fanno da proscenio alla scenografica rappresentazione di piante e rami incagliati contro i piloni di due viadotti. Sopra di essi corre la ferrovia che attraversa in perpendicolare il corso del fiume Marecchia. Liberiamo l’arbusto dalla “plastica” installazione. Non sarà la sola che raccoglieremo durante la faticosa ispezione agli scheletri di legno che da più di venti giorni vivono sotto quei ponti. Di tronchi clochard se ne vedono parecchi. Chi ha la facoltà, ma soprattutto il dovere, di collocarli altrove?
All’epoca, chiedemmo a un funzionario della Agenzia Regionale di Protezione Civile di Rimini a chi corresse l’obbligo di farlo. Al termine della conversazione il tecnico osservò che “le pile dei ponti che fanno da argine a vari detriti trasportati dalla corrente, creano una sorta di filtro; almeno, impediscono a molti materiali di finire in mare. Gli enti amministratori degli attraversamenti dei cavalcavia (comune e provincia) hanno la gestione della struttura e sono responsabili anche dell’area ad essa pertinente, quindi quella del fiume sottostante. In sostanza, dovrebbero essere loro, avendo un piano di manutenzione dei cento metri a monte e cento metri a valle dei ponti, a esserne competenti”. Molto bene: una prima risposta ci era stata data. Resta il fatto che a distanza di più di venti giorni, i tronchi sono ancora là. Ma non solo là.
Ce ne sono in quantità anche sugli scogli del piccolo molo di San Giuliano. A chi spetta rimuoverli? E chi riporterà a riva il pedalò semi affondato vicino ai casotti di pésca, a circa 250 metri dalla foce? Naturalmente, non c’è fretta. Per una manciata di polimeri in più in acqua, che volete che sia.
E che dire dei quattro mosconi parcheggiati sotto al ponte di via Coletti, a pochi metri dalla scultura dedicata a Fellini? E’ regolare che stiano là dove sono? Possibile che li notiamo solo noi? Alla prossima piena, causa piogge, ne ritroveremo cinque: le poppe sul fondo e le prore a rimirar lo cielo, in mezzo al fiume.
Già che siamo in zona e il morale è alle stelle, per chiudere in bellezza la gita lungo il Marecchia, prima di buttare nel bidone i teli di plastica raccattati qua e là, gettiamo uno sguardo alla balena di San Giuliano, nella piazzetta in fondo a viale Carlo Zavagli. Elio Morri (1913-1992) realizzò la scultura nel ’69. La balena sta male. Soffre da anni l’aggressione del calcare e manco a dirlo, lamenta l’incuria di chi dovrebbe occuparsi di lei. Servirebbe in fretta un bravo veterinario specializzato in balene di bronzo. Quanto a rami e pedalò, qualcuno conosce mago Merlino?
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