Ingombrante, esteticamente pesantissimo. Ma soprattutto privo di rapporto con l'orrore della guerra. «Ritengo che quella sorta di "sepolcro onorario" si dovrebbe spostare nel cimitero, ripristinando in piazza Tre Martiri la situazione precedente nella sua drammatica semplicità». Riflessioni a caldo di Giovanni Rimondini.
In occasione del rifacimento della pavimentazione dell’attuale piazza Tre Martiri, gli Amministratori di allora pensarono bene di lasciare un tangibile segno di ricordo dell’efferato episodio che si perpetrò in quel luogo nel 1944, e che in seguito cambiò il toponimo di quel sito ancor prima chiamato piazza Giulio Cesare. E così fu posto in risalto il punto preciso in cui i tre Partigiani subirono l’assassinio mediante vile impiccagione.
Fu fatto in maniera discreta e ossequiosa, con una modalità non stridente ma che comunque induceva alla sacralità di quel luogo, tanto da invitare coloro che lo visitavano a riflettere sull’accaduto, e sul senso del loro sacrificio per la libertà della Patria e, magari, ad una preghiera per chi crede. Con questo spirito fu anche ben integrato nel contesto del vicino Tempietto di S. Antonio, anch’esso nella memoria storica ed etica della città, in perfetta coesistenza.
Tre luci e due poste metalliche con i loro nomi a ricordare i sostegni del telaio del patibolo, perimetrati da una cornice di pietra a raso; poi l’epigrafe bronzea dell’artista Elio Morri apposta in una vicina parete, in ricordo del triste evento.
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In questi giorni però in quel luogo è apparso all’improvviso un pesante allestimento metallico, oltretutto visibilmente ridondante e similmente cimiteriale, che lo ha in qualche modo alterato. Cosa è accaduto? Con determinazione Dirigenziale n. 1843 del 31 luglio 2024 ne è stata decisa la realizzazione per un costo di ben 36mila euro Iva esclusa.
Ce n’era bisogno di una cosa del genere, che non solo non aggiunge nulla a quel sito ma, anzi, stride sia con esso che con il vicino Tempietto? Pare una scelta che si inserisce nel filone delle interpretazioni fantasiose dei luoghi storici e della memoria comune, ormai da tempo pratica ordinaria nella gestione del patrimonio culturale in senso lato.
Sinceramente frastornato da tutto ciò, ho però voluto chiedere un autorevole parere in merito all’amico Giovanni Rimondini, le cui competenze in archeologia, storia, storia dell’architettura e storia dell’arte sono note.
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Gianni come ti sembrano le novità di piazza Tre Martiri nel luogo dell’impiccagione dei tre ragazzi partigiani?
«Sarà perché sono vecchio, e tutte le novità insensate – il nuovo per il nuovo – che modificano il visus storico ed estetico di Rimini mi disturbano. Specialmente le novità che cambiano e modificano in peggio la situazione piena di senso alla quale il passato e il quotidiano ci ha, ci aveva, abituati. Soprattutto le novità che cancellano i valori e i moniti della storia. I tre buchi di prima sulla nuda piazza, già pasticciata rispetto a quella dei cubetti di porfido, ricordavano i pali del capestro ed erano abbastanza reali per suscitare terrore e angoscia quando ci si pensava».
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Non credo che ciò che percepisci sia dovuto ad uno stato senile, ma piuttosto alla constatazione che, come accennavo, è ormai pratica corrente reinventare con leggerezza ciò che nel tempo è divenuto patrimonio storico e della comune memoria cittadina.
Quali pensieri, sentimenti ed emozioni ti venivano in mente, sotto la targa di bronzo di Elio Morri, che ora è lì separata dal nuovo, e che faceva blocco con le tre tacche?
«Mi faceva venire in mente quei tre poveri ragazzi, le loro intense sofferenze ed il dolore nelle mani spietate dei loro carnefici mentre li appendevano alla trave, e le ultime immagini che i loro occhi vedevano, quelle di questa piazza che prima delle novità vedevamo anche noi».
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Vero Gianni anche se da allora ad oggi la piazza ha subito alcune modifiche…
«Ma quell’ingombrante incorniciamento nuovo, così estraneo, così cubista, così ‘carino’, così simile alle protuberanze di marmo rosa davanti al castello e, in piccolo, al catafalco di Dracula sull’orlo settentrionale del fossato, è anche privo di rapporti con l’orrore della guerra».
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Mi sembra confermarsi il fatto che allora, allorquando ripavimentarono la piazza, ci fu un’attenzione oculata nel porre in evidenza il luogo del martirio, nel pensarlo come luogo discreto ma profondamente sacro e drammatico; ed ora cosa può esprimere?
«A mio parere, uno pseudo decoro immaginato senza consapevolezza etica ed estetica, che ritengo sortisca l’effetto contrario a quello che forse hanno immaginato i promotori, perché rimuove nell’effimero e nella decorazione insensata la coscienza di un recente passato che aveva quasi annientato la città, e anche l’amara aspettativa del prossimo ‘ritorno’ della guerra. Monumento immaginato per conto di un’amministrazione senza cultura storica, responsabile dei cambiamenti della Rimini degli ultimi due sindaci che si estende banalizzando la location con il suo nuovo dove arriva, come da tempo denunciamo come associazione “Renata Tebaldi Rimini Città d’Arte”, come non smetteremo di denunciare. Non amiamo questa Rimini paesone felliniano dei balocchi e delle notti rosa, anestetizzata dal banale per non turbare una società di governo vuota di idee e di valori, i cui giovani sono stati e vengono educati all’edonismo, al narcisismo, all’autoritarismo, ai privilegi e alla mancanza di democrazia, all’assenza di senso politico, di senso culturale, e sono privati di un futuro, con i mostri di Thanatos nella psiche profonda che spingono per uscire».
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In effetti oggi la targa bronzea ha perso il suo giusto valore e protagonismo, divenendo quasi inutile e cedendo l’attrazione sia alla plancia annessa all’allestimento, che alla pesantezza visiva dello stesso.
Ringrazio Gianni come sempre per il suo prezioso contributo, e gli pongo un’ultima domanda.
Qual è allora la tua proposta, ovvero come si potrebbe comporre questa situazione?
«Ritengo che si dovrebbe spostare nel cimitero quella cornice di metallo, sorta di cenotafio (sepolcro onorario senza cadavere), frettolosamente allestita nel luogo sbagliato, e ripristinare in piazza Tre Martiri il monumento precedente nella sua drammatica semplicità».
È un’ottima soluzione dato che il nostro cimitero conserva una parte monumentale e lì riposano in pace Mario Capelli, Luigi Nicolò e Adelio Pagliarani. E di un po’ di pace avrebbero finalmente bisogno anche i luoghi identitari riminesi, manomessi con troppa leggerezza.
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