Unione Comuni Valmarecchia: chi stacca la spina?

Unione Comuni Valmarecchia: chi stacca la spina?

I sindacati all'attacco sulla crisi dell'Unione: "Negli ultimi anni sono cambiati Sindaci, Dirigenti, Presidenti, ci sono state elezioni amministrative ma continuiamo ad assistere ad un processo decisionale politico lento, confuso e contraddittorio". Tutto procede nella più assoluta incertezza. Il Dup dell'Unione parla di avvio delle nuove gestioni a partire dal primo gennaio 2021 ma tutto è fermo al tavolo tecnico che dovrà coinvolgere la Regione Emilia Romagna.

“Durante l’anno 2020 dovranno essere predisposti tutti gli atti amministrativi per la divisione dei due ambiti territoriali, in modo tale da consentire l’avvio delle nuove gestioni a partire dall’01.01.2021, nelle forme e con le modalità che verranno concordate tra i Comuni e la Regione Emilia – Romagna. Se interverrà la modifica degli ambiti ottimali ed omogenei, allo stato attuale, l’ipotesi percorribile è quella che prevede la costituzione di due distinte Unioni di Comuni o di altre forme associative alternative previste dalla legge”. E’ quanto si legge nel Dup (documento unico di programmazione) 2020-2022 della Unione di Comuni della Valmarecchia, che da tempo sta perdendo “i pezzi” e sulla quale adesso prendono posizione anche i sindacati.
Prima un breve riepilogo. La cosiddetta ridelimitazione degli ambiti ottimali è un tema che ha animato il confronto politico all’interno dei consigli comunali interessati durante lo scorso anno. Quelli che hanno optato per la richiesta di ridelimitare gli ambiti territoriali sono stati i Comuni di Santarcangelo, Bellaria Igea Marina, Verucchio, Poggio Torriana, Casteldelci, Pennabilli e Novafeltria.
Lo sdoppiamento sulla carta prevede da una parte l’Area valli dell’Uso e del Marecchia, con Bellaria Igea Marina, Poggio Torriana, Santarcangelo di Romagna e Verucchio, e dall’altra l’Area Alta Valmarecchia-Montefeltro con Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello.
Tutto procede con lentezza mentre sono sempre di più le amministrazioni che non ne possono più dell’andazzo, tanto da decidere di abbandonare l’Unione. Come San Leo, Sant’Agata Feltria, e poi c’era stato il ritiro dei consiglieri da parte del Comune di Pennabilli. Il sindaco di Casteldelci, Fabiano Tonielli, ci concesse un’intervista molto illuminante. A questo si deve aggiungere il blitz del Comune di Morciano di Romagna che ha optato per recedere dalle convenzioni con l’Unione Valconca a partire dal prossimo gennaio. E’ un intero progetto politico, e non solo amministrativo, che odora di fallimento.
L’Unione non ha funzionato, in buona sostanza non ha saputo garantire gli obiettivi che si era prefissata, non ha assicurato i servizi e nemmeno un risparmio in termini di costi.
Per l’Unione di Comuni della Valmarecchia è tutto fermo alla richiesta rivolta alla Regione Emilia Romagna di costituire un tavolo tecnico per concretizzare la suddivisione dei due ambiti, questione che porta con sé anche problematiche burocratiche non indifferenti, di tipo contabili, sulle funzioni relative alla montagna e alle aree interne.

In questo quadro arriva una nota ufficiale firmata da Claudio Palmetti (FP CGIL), Giuseppe Bernardi (FP CISL Romagna) e Alfredo Bianchi (UIL FPL) che va giù diretta e senza troppi complimenti, parlando di “crisi” dell’Unione, e che non fa sconti nemmeno sul piano delle responsabilità: “i lavoratori da anni hanno manifestato un continuo malessere organizzativo, ritardi e incapacità da parte dell’organo di governo politico, dai suoi primi cittadini, di dare risposte funzionali alla vita dell’Unione. I lavoratori continuano ad essere spettatori paganti delle non decisioni e visione strategica futura, di modelli operativi e gestionali dell’Ente Unione”. Sciabolate taglienti. “Negli ultimi anni, sono cambiati Sindaci, Dirigenti, Presidenti, ci sono state elezioni amministrative ma continuiamo ad assistere ad un processo decisionale politico lento, confuso e contraddittorio, a scelte che non sta certo a noi condividere sul piano funzionale amministrativo o associativo (continuare con una Unione a 10 Comuni, riorganizzare due Unioni in Alta Valle e in Bassa Valle o due sub-ambiti o altri modelli associativi) ma di certo non possiamo tacere sulle condizioni di criticità organizzative del lavoro, della situazione dei lavoratori e dei servizi che quotidianamente vengono presidiati, nonostante tutto, con meno personale, con dovere, disponibilità, professionalità e grande senso di responsabilità, a volte nell’autogestione nella poca chiarezza organizzativa. Non è possibile continuare ulteriormente senza mettere mano al modello organizzativo e senza adeguare gli organici”.
Proseguono i sindacati: “I lavoratori dopo avere per anni richiesto una seria organizzazione e aver riscontrato la mancanza di una vera governance dell’ente si sentono dire che l’inefficenza dell’ente e le sue criticità, derivano da diatribe fra dirigenti, cattivi rapporti fra le ragionerie e fra dipendenti dei Comuni e quelli dell’Unione. Siamo all’assurdo. l’incapacità di governance viene additata proprio a chi ogni giorno cerca di rispondere nell’assenza totale della politica a erogare dei servizi a favore di tutta la comunità appartenente all’unione. Scaricare sui lavoratori le visioni politiche differenti presenti fra gli amministratori è assurdo oltreché ingeneroso e inappropriato. E’ ora che la politica faccia autocritica sulle non scelte di questi anni e che non scarichi sempre le responsabilità su altri. A garanzia dei servizi dell’Ente Unione che devono vedere una loro continuità nel lavoro, nella firma degli atti, nel rispetto dei lavoratori coinvolti nel processo gestionale e lavorativo, considerando che non è possibile aspettare l’evoluzione di determinazioni politiche sull’assetto dell’Ente Unione, si deve mettere immediatamente in sicurezza una condizione di criticità e precarietà dell’organizzazione del lavoro e come andare avanti su aspetti che riguardano il modello organizzativo, i fabbisogni del personale, piani occupazionali, concorsi”. Un’altra pietra tombale su un’avventura cominciata per fare la rivoluzione e finita nel peggiore dei modi.

Fotografia: Sant’Agata Feltria, archivio fotografico Apt Servizi Emilia Romagna

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