Cagnoli ha lasciato Uni.Rimini, fibrillazioni per la nomina del successore

Cagnoli ha lasciato Uni.Rimini, fibrillazioni per la nomina del successore

Leonardo Cagnoli ha interrotto anticipatamente il suo mandato alla guida dell'organismo che si occupa della gestione della sede riminese dell’Università di Bologna. Oggi si è riunita l'assemblea, ma manca l'accordo sul nome del successore. Il Comune di Rimini col 25,48% delle azioni vorrebbe "dare le carte" ma i rapporti di forza interni non depongono a suo favore.

Oggi Leonardo Cagnoli ha concluso la sua esperienza alla guida di Uni.Rimini. Una uscita di scena anticipata rispetto alla scadenza naturale del 2019, e da quanto si apprende dovuta a ragioni di ordine personale. Tutto è stato ratificato questa mattina dalla assemblea dei soci, che ha anche esaminato un bilancio preventivo che viene definito incoraggiante per il futuro di Uni.Rimini. Ma, c’è un ma. Manca il nuovo presidente. Non c’è accordo su un nome condiviso. Gli attori in campo sono un po’ in fibrillazione. Palazzo Garampi pare stia perseguendo la strada di far pesare la propria quota (25,48%), indicando chi dovrà prendere il posto di Cagnoli. Ma davanti a questa volontà la reazione interna non è esattamente un “obbedisco!”.

Leonardo Cagnoli era alla presidenza di Uni.Rimini dal 2014, dopo essere succeduto a Luciano Chicchi. E’ stato vicepresidente della Fondazione Carim dal 2013 al 2016, ma di fatto il suo impegno prioritario negli ultimi anni è stato quello, non facile, di reggere le sorti dell’ente di sostegno del Campus di Rimini, soprattutto dopo che le risorse hanno cominciato a scarseggiare e alcuni dei vecchi compagni di viaggio a defilarsi. Il suo primo mandato è andato dal 2014 al 2016 e il secondo, iniziato nel 2017, è appunto terminato in anticipo di qualche mese.

In passato il dominus di Uni.Rimini era la Fondazione di palazzo Buonadrata, che deteneva più del 42% del capitale sociale ed esprimeva, naturaliter, anche il presidente. Poi è arrivata la crisi, le ben note vicende di banca Carim, e la Fondazione si è ritrovata parecchio impoverita, e fra i tanti tagli che ha dovuto praticare c’è stato anche quello in Uni.Rimini. Nel 2017 ha ceduto in due tranches una quota del 28% della società, scendendo al 13,5%. Non solo. Si sono sfilate una serie di realtà che non avevano fatto mancare, poco o tanto, il loro aiuto alla vita del polo riminese dell’Alma Mater: Confartigianato, il Comune di Riccione, Cna. Prima di loro era toccato alla Provincia farsi da parte, al Comune di Cattolica e all’Associazione albergatori di Rimini.
Ha portato nuove risorse Maggioli s.p.a. (attualmente ha una quota del 12,74%), altri hanno incrementato il numero delle azioni (come la Fiera e Sgr) ma far quadrare i conti è diventato sempre più difficile visto che dal 2009 al 2017 i contributi dei soci si sono ridotti di quasi il 57%. E’ cresciuta la partecipazione del Comune di Rimini, salita al 25,48%, accompagnata da dichiarazioni di assoluta fede nei confronti del “ruolo imprescindibile” dell’università “nello sviluppo economico dei territori, nel consolidamento e nel progresso delle comunità nelle quali si radica”, come ha spiegato in passato l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini. Tutto bene. Ma il Comune di Rimini oltre a credere nell’università, vuole anche imporre il nuovo timoniere di Uni.Rimini?

Il Comune di Rimini (che aveva designato nel cda di Uni.Rimini Barbara Bonfiglioli, che ricopriva l’incarico di vicepresidente, ma è prematuramente scomparsa lo scorso ottobre) ha al momento la percentuale più alta di partecipazione, ma non sufficiente per potersi permettere di tirare troppo la corda. Semplicemente mettendo insieme le azioni della Fondazione Carim e quelle proprie di Uni.Rimini il malloppo azionario rasenta il 30% (contro il 25,48% del Comune). E tanto basterebbe per spegnere sul nascere ogni tentativo di primazia.

In estrema sintesi il quadro di quanto sta avvenendo è quello descritto. Ora si apre subito la fase del confronto interno, alla ricerca di una condivisione sul successore di Cagnoli, che dovrebbe chiudersi nel giro di qualche settimana.
I soci di Uni.Rimini, oltre a Comune, Fondazione e Maggioli, sono la Camera di Commercio della Romagna (12,74%), Ieg (7,64%), Confindustria Romagna (4,46%) e, con quote che vanno dallo 0 virgola all’1 virgola, il Gruppo Sgr, la banca di credito cooperativo di Gradara, i Comuni di Bellaria, Santarcangelo e Misano, la Fondazione Zavatta. Le prossime mosse chiariranno meglio cosa si muove nell’organismo che si occupa della gestione della sede riminese dell’Università di Bologna.

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