Il pensiero debole (e un pochino furbo) del card. Zuppi

Il pensiero debole (e un pochino furbo) del card. Zuppi

Rispondendo alla presidente del Consiglio, il capo dei vescovi italiani ha rispolverato il dialogo che nel dopoguerra fece sbocciare lo «spirito costituente». La solita lettura fasulla, di chi non sa o finge di non sapere.

Poche parole sul tema (così come le ha riassunte il Corriere.it e la fonte è pertinente perché l’intervistatore era Aldo Cazzullo, mentre l’intervistato il presidente della Cei) ma significative come non mai.
Davanti ai parrocchiani di Sala Bolognese, Zuppi a proposito dello scambio ravvicinato con la presidente del Consiglio, ha detto:
che le parole di Giorgia Meloni, dei giorni scorsi, in risposta ai timori della Cei sul premierato, ovvero «non so cosa esattamente preoccupi la Conferenza episcopale italiana, visto che la riforma non interviene nei rapporti tra Stato e Chiesa. Ma, con tutto il rispetto, non mi sembra che lo Stato Vaticano sia una repubblica parlamentare, quindi nessuno ha mai detto che si preoccupava per questo. Facciamo che nessuno si preoccupa», sono da leggersi in questo modo: forse la Meloni «è stata tratta in inganno da Roberto Benigni che voleva fare il campo largo con il Papa… La Chiesa ovviamente non si schiera con una parte o con l’altra. Io non sono entrato nel merito della riforma, non ho dato giudizi sul rafforzamento dei poteri del premier. Ho solo espresso una preoccupazione: le riforme costituzionali richiedono la partecipazione più ampia possibile. Proprio perché gli equilibri costituzionali sono delicati. Questo non significa che tutti la debbano pensare allo stesso modo, ma che devono partecipare al dialogo, ritrovare lo spirito costituente. Nel dopoguerra comunisti, liberali e comunisti non la pensavano allo stesso modo, ma scrissero la Costituzione insieme. Oggi il richiamo vale per tutti, per la maggioranza come per l’opposizione».
…«comunisti, liberali e comunisti» (1) è quanto riporta il giornale, uno dei due comunisti è forse da sostituire con democristiani. Non sappiamo se si tratti di lapsus calami o di lapsus linguae – di chi ha scritto o di chi ha parlato – o ancora di un lapsus freudiano, di certo il cardinale sembra soffrire di un lapsus memoriae.
Perché la semplicistica esposizione della posizione della Chiesa come non schierata è da valutare caso per caso, epoca per epoca, e sulla Chiesa del tempo presente o quanto meno su alcuni dei suoi rappresentanti di punta, occorrerebbe fare dei distinguo. La prima affermazione del cardinale è quindi equivoca, gesuitica e un po’ fasulla.
La seconda, cioè che «nel dopoguerra comunisti, liberali e comunisti [democristiani] non la pensavano allo stesso modo, ma scrissero la Costituzione insieme» è vera ma incompleta. Nel dopoguerra Alcide De Gasperi fu portatore dell’idea che le forze politiche cattoliche, laiche e di sinistra avessero la responsabilità di dar vita ad una coalizione antifascista, ma mantenendo una loro specifica, autonoma e inamovibile diversità. De Gasperi era infatti convinto che l’antifascismo dei democratici non andasse assolutamente confuso con l’antifascismo comunista e che dunque le loro strade dovessero dividersi una volta accantonata la minaccia fascista. Perché, pensava De Gasperi ma anche la Chiesa in quel periodo, totalitarismo fa rima non solo con fascismo ma anche con comunismo.
Ci fu un pensiero cattolico-comunista, che ebbe un peso importantissimo anche nel Concilio Vaticano II (si pensi a Dossetti) e soprattutto nel piegare il Concilio in chiave «progressista» come rottura con la tradizione, che il pensiero di De Gasperi e della «Chiesa pre-conciliare» l’ha osteggiato e combattuto, fino a tutte le forme di alleanza teorica e pratica tra questi cattolici e la sinistra, che ebbero il loro punto di massimo fulgore tra gli anni Sessanta e Settanta. In Italia questa parabola venne interrotta dal pontificato del papa polacco – e non a caso dal papa polacco – Karol Wojtyla, notoriamente non amato dai cattolici di sinistra e da non poche eccellenze ed eminenze.
Cosa resti oggi delle tre grandi tradizioni politiche dell’Italia è sotto gli occhi di tutti. Ma se la domanda si sposta su quale sia, oggi, l’identità della Chiesa e la sua preoccupazione circa la presenza politica dei cattolici, si rischia di farsi prendere dallo sconforto. La Chiesa a guida Zuppi ha i tratti del prodismo, cioè della mediazione portata anche al livello dei valori non negoziabili e mostra tutta la sua debolezza di fronte al relativismo etico imperante. E sarebbe questa, solo a volerla vedere, la sfida che la Chiesa ha davanti a sé, non Giorgia Meloni e il premierato.

(1) Nel frattempo corretto in«democristiani, liberali e comunisti».

COMMENTI

DISQUS: 0