Consulta del Porto: “le mire monopoliste della darsena e il progetto del Canal Grande di Rimini”

Consulta del Porto: “le mire monopoliste della darsena e il progetto del Canal Grande di Rimini”

"In maniera diretta o indiretta arrivano continuamente richieste, da parte della proprietà, che vanno nella direzione di cercare di “riempire” la darsena con un numero di imbarcazioni che in questo momento sono nelle concessioni del Club Nautico, della Lega Navale e del Circolo velico. Vorrebbero che le barche dai 10 metri in su fossero obbligate a stare in darsena". Santolini: "Il giorno in cui avranno allontanato me dal Club Nautico, sarà più facile per loro perseguire l'obiettivo”. Ripresentato in Comune il progetto che prevede l'innalzamento del ponte della Resistenza: permetterebbe di riqualificare l'intera area dal ponte dei Mille al ponte di Tiberio e collegare piazzale Boscovich col centro storico.

“Un porto efficiente, moderno, sicuro, dotato di tutti i servizi, e una città consapevole del valore economico e identitario di questa fetta strategicamente fondamentale della nostra città”. Così Aleardo Cingolani sintetizza la mission della Consulta del porto, di cui fa parte in qualità di presidente della Lega Navale. “Pochi giorni fa abbiamo ripresentato in Comune il progetto che prevede l’innalzamento del ponte della Resistenza, redatto dall’Università di Bologna, facoltà di meccanica: permetterebbe di riqualificare veramente l’intera area dal ponte dei Mille al ponte di Tiberio”, spiega. E’ il sogno, per la verità molto fattibile e senza costi proibitivi, che la Consulta accarezza da tempo: “Facile immaginare le ripercussioni anche turistiche del progetto: alzando il ponte della Resistenza, con un traghetto-navetta si potrebbe collegare piazzale Boscovich col centro storico, fra l’altro senza gravare sull’inquinamento e sul traffico. Rimini come una “mini” Venezia”. Col suo Canal Grande.
“Sono anche presidente delle Vele al terzo, le barche storiche della nostra marineria, che siamo pronti a donare all’amministrazione comunale per realizzare nell’invaso del Tiberio un museo galleggiante sul modello di quello di Cesenatico”.

E’ questo il modus operandi della Consulta: gioco di squadra e suggerimenti costruttivi portati sui tavoli dei decisori in dialogo con le istituzioni: “La nostra forza è quella di proporre idee a chi amministra la città, per “legare” il porto e il mare alla vita di Rimini”, dice Gianfranco Santolini, che della Consulta è il presidente. Un porto e un mare che in anni lontani un peso preminente nella vita economica e sociale di Rimini ce l’hanno avuto, ma “dalla seconda guerra mondiale in avanti la realtà marinara è andata scemando per lasciare il posto a quella turistica”, puntualizza l’ammiraglio Cingolani. “Se si considera il porto come una ‘unità industriale’ unica, che per intenderci va dal Rockisland al ponte di Tiberio, stiamo parlando dell’azienda col maggior Pil di Rimini”, gli fa eco Santolini.

“Dentro la Consulta sono rappresentate realtà come quella del Consorzio Rimini Porto, sorta con la stessa filosofia della Consulta, ovvero unire e condividere gli interessi di chi opera nel cosiddetto “triangolone”, ben 16 concessionari”, aggiunge Marco Mussoni, di Cna.com, che nella Consulta rappresenta commercianti, produttori e cantieristica. “E il principale degli interessi è quello di rendere vivo e vitale, per 365 giorni l’anno, il porto di Rimini e tutto ciò che vi ruota intorno in termini di servizi ed anche di eventi”.

Il collante iniziale della Consulta è stato una presa di coscienza. “I lavori per la costruzione della darsena avevano creato un effetto dirompente sulla sicurezza del nostro porto, storicamente considerato un “porto rifugio” dell’Adriatico insieme ad Ancona e Venezia”, sottolinea Giancarlo Cevoli, presidente della Cooperativa lavoratori del mare, dagli anni 80 (“C’era il sindaco Massimo Conti quando ho iniziato”, ricorda) in prima linea su una serie di battaglie del comparto della pesca. Ma quando la gente di mare segnalava il problema si sentiva rispondere: voi non volete la darsena. “Invece avevamo capito prima di altri, non perché più bravi ma per la nostra esperienza, che il venir meno del molo di ponente, con la diga foranea che creava un’onda di ritorno, avrebbe creato all’imboccatura un moto ondoso pericolosissimo”.
“Si stava letteralmente distruggendo il porto e una intera economia ad esso legata, una ricchezza della nostra città”, dice Gianfranco Santolini. “Per cui gli operatori del porto hanno cominciato a capire che solo una unità d’intenti avrebbe salvato la situazione. Così, partendo da questa consapevolezza, inizialmente condivisa da me e da Cevoli, abbiamo cominciato ad affrontare il problema in maniera diversa, in modo propositivo, costituendo nel 2011 la Consulta del porto”. Che diventa da subito un interlocutore di Capitaneria (allora il comandante era Andrea Agostinelli), Comune e Regione: “Tutti volevamo la darsena, anche se all’inizio ci illudevamo che si potesse inserire davvero nel tessuto economico della città, cosa che invece non è avvenuta, ma non potevamo accettare che l’economia legata al porto venisse cancellata da un progetto di darsena studiato male”, commenta Santolini.

“Avrebbe dovuto essere la darsena a sobbarcarsi gli interventi di sistemazione dei danni da lei creati, ma così non fu”, dice Cevoli. Anzi, il progetto del famoso “brufolo”, la scogliera che avrebbero voluto realizzare all’imboccatura del molo di ponente per porre rimedio al problema della sicurezza, è costato un occhio della testa ed è stato accantonato perché non adeguato a risolvere il vulnus. Dopo numerosi incontri e discussioni venne messo a punto il progetto che poi prese corpo, quello dell’avamporto con i due bracci di protezione. “Il primo stralcio è stata la salvezza del porto di Rimini”, dice senza mezzi termini il presidente della Cooperativa lavoratori del mare. Poi è arrivato il secondo, col molo che originariamente era previsto per circa 150 metri di lunghezza mentre si è fermato a meno della metà, ma che ha aggiunto un altro tassello decisivo.
Adesso si attende il terzo stralcio. “Stiamo spingendo ma ci vuole una decisa volontà dell’amministrazione comunale, che deve andare a Bologna a battere cassa. La difficoltà principale non è legata all’ammontare delle risorse necessarie, circa 7 milioni di euro, i finanziamenti ci sono, bisogna saperli intercettare politicamente”, taglia corto Cevoli. “Ravenna ha ricevuto un finanziamento di 5 milioni di euro per il mercato ittico (ed è abbastanza paradossale considerata la risibile flotta peschereccia) e per ripristinare la laguna Pialassa della Baiona”. Ma Ravenna, si sa, a Bologna trova più ascolto, e non da oggi, di Rimini.

Si parla di darsena e il discorso non può non declinarsi anche al presente. “I rapporti fra noi e il gestore della darsena sono inesistenti. Diminuiscono i servizi. In maniera diretta o indiretta arrivano continuamente richieste, da parte della proprietà, che vanno nella direzione di cercare di “riempire” la darsena con un numero di imbarcazioni riminesi che in questo momento sono nelle concessioni del Club Nautico, della Lega Navale e del Circolo velico. Vorrebbero che le barche dai 10 metri in su fossero obbligate a stare in darsena, con costi abbastanza alti: io ho una barca di 6,70 metri e pago 4 mila euro all’anno, ne ho dovuta vendere la metà ad un familiare per dividere la spesa. Allargando il discorso, mi pare che la darsena non sia mai decollata”, dice Cingolani.

Perché, quali le cause? “Credo dipenda dalla gestione”, risponde Angelo Mainardi, ammiraglio in pensione, voce della Associazione nazionale marinai d’Italia. “La darsena non può essere considerata solo come attracco, cioè una banchina con due cime, deve dare dei servizi per essere competitiva e attrattiva”. Secondo Cingolani “ci sono riminesi che preferiscono tenere la propria barca alla darsena di Ancona piuttosto che a Rimini. Rispetto alla gestione Benvenuti non sono stati fatti passi avanti, ci si è un po’ seduti”.
Santolini parla di “flop” e di una gestione “in contenzioso con vari soggetti”. Inutile nascondere che la polemica fra darsena e Club Nautico è già divampata. Nel comunicato stampa che a metà novembre annunciava le dimissioni del presidente Santolini, del vice e di tre consiglieri del Club, si poteva leggere che “le intromissioni del concorrente autoproclamato “Il Club ai Soci” sono ormai arrivate anche a pretendere di conoscere la quota che versano annualmente al CNR i soci titolari dei posti barca lungo il canale; la richiesta porta la firma di due soci dissidenti uno dei quali riveste attualmente un ruolo di primo piano all’interno di Marina di Rimini. Matura quindi la persuasione che la reale posta in gioco sia non solo la sopraffazione dell’attuale Consiglio Direttivo, ma lo stesso Club Nautico Rimini a vantaggio di un altro “sodalizio” con diversi obiettivi ed interessi”. Domenica il Club Nautico va al voto.
Santolini la mette così: “Non c’è un problema Sorci-Santolini, ma sono convinto che il giorno in cui avranno allontanato Santolini dal Club Nautico, sarà più facile per loro perseguire un obiettivo ben preciso”.
Quale? “Ci sono vari “esposti” fatti da Marina di Rimini con la finalità di vietare gli ormeggi delle barche sopra i 10 metri, che dovrebbero poi finire in darsena, e le imbarcazioni di queste dimensioni sono circa 150”.
Mainardi fa notare che “l’operazione avrebbe ripercussioni dal punto di vista economico e del monopolio gestionale a favore della Marina di Rimini”.

La Consulta del porto fa quadrato e guarda agli obiettivi. Fra le priorità, il terzo stralcio del progetto di cui si è già detto, il “piano regolatore portuale”, il nuovo mercato ittico, i lavori ormai improrogabili allo scalo d’alaggio, un servizio di raccolta dei rifiuti galleggianti, il posizionamento dei cestini per la raccolta di plastica e carta, che dietro insistente richiesta della Consulta l’amministrazione comunale ricollocherà a breve, così come dal prossimo anno dovrebbe tornare il servizio di pulizia dello specchio acqueo, attraverso Hera, perché se la banchina è parte integrante della città qualcuno deve farsi carico anche delle conseguenze in termini ambientali ed “estetici”. Così come la Consulta pressa da tempo palazzo Garampi per il ripristino del nautofono, la ben nota sirena di Amarcord, depositato nei magazzini portuali.

“Rimini è una città che vive di turismo e il turismo è anche cultura. Soprattutto grazie alla Consulta del porto è tornata a Rimini la festa del mare”, chiosa Mainardi. “Il porto di Cesenatico è diventato quella bomboniera che è grazie alla precisa volontà delle amministrazioni comunali e di una intera città, a Rimini questa sensibilità è a lungo mancata e il lavoro della Consulta va in questa direzione”, è il punto di vista di Cevoli.
Sul futuro pende anche la spada di Damocle della Bolkestein: “Abbiamo in previsione un intervento molto costoso sulla nostra sede”, dice il presidente del Circolo velico, Romano Albani, “ma abbiamo qualche sicurezza che dopo il 2020 la banchina sia ancora nostra?”
Per Cingolani dubbi non ce ne sono: “La Bolkestein non interviene sui settori del no profit”.

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