Dimezzare il canone di locazione. E' questa la richiesta che Convention Bureau ha già messo per iscritto e recapitato a Lorenzo Cagnoni in veste di pr
Dimezzare il canone di locazione. E’ questa la richiesta che Convention Bureau ha già messo per iscritto e recapitato a Lorenzo Cagnoni in veste di presidente della Società del Palazzo dei Congressi.
Un passo alla volta. Ieri si è svolto il cda di Convention Bureau ed è stato, diciamo così, abbastanza “caldo”.
La situazione debitoria preoccupa non poco. E, tanto per cominciare, il presidente di Convention Bureau, Roberto Berardi, ha chiesto di tagliare il canone da versare alla Società del Palazzo dei Congressi, di 1 milione 160 mila euro annui (più Iva), scendendo a 580 mila euro. Convention Bureau sostiene che quel canone era stato fissato da business plan che non potevano prevedere la crisi che si è abbattuta sul congressuale. E dunque occorre darsi una ragionevole ridimensionata.
I ricavi di Convention Bureau si assottigliano e dinnanzi alla pesante frenata che si registra nel mercato congressuale, con un 2013 nero per il settore fieristico e congressuale, un canone che a partire dal mese di agosto di quest’anno dovrebbe essere corrisposto interamente da Convention Bureau (1.160.000 euro, appunto) finirebbe con l’aggravare una situazione già difficile col rischio di mettere in ginocchio la società che gestisce il Palazzo dei Congressi. Da qui la richiesta a Cagnoni di dimezzare non solo per il 2013, ma anche per il triennio a venire, il canone di locazione. Da quel che trapela quella del canone non pare sia l’unica “contestazione” che Convention Bureau rivolge alla società proprietaria del Palas.
Si diceva di un consiglio di amministrazione che ha preceduto la pausa natalizia, abbastanza caldo. Un membro del cda ha svolto una puntigliosa analisi, con rilevanti affondi critici, partendo dai dati di bilancio che fotografano lo stato di fatto a tutto settembre. Chi ha preso la parola, chiedendo che fosse tutto verbalizzato, ha parlato di un “fulmine a ciel sereno” nell’apprendere il tracollo del fatturato, che lascia prevedere una perdita consistente per l’esercizio 2013.
Perché un fulmine a ciel sereno? Perché, ha puntualizzato, il quadro che era stato prospettato nel cda (fine 2012) che approvò il budget del 2013, raccontava un’altra storia rispetto a quella che si sta verificando. Vennero addirittura ventilati numeri un crescita. Venne anche specificato che tale performance, dall’andamento un po’ miracoloso, sarebbe stata dovuta al settore corporate. Possibile che questo potesse avvenire in un periodo nel quale le aziende subiscono pesantemente la crisi? Se ne discusse in quel cda, qualcuno rimase con i dubbi, ma davanti alle rassicurazioni giunte dai “tecnici” di Convention Bureau, il consiglio approvò il budget. Invece adesso salta fuori che il bilancio 2013 potrebbe chiudersi con un calo del fatturato di circa 2 milioni di euro (rispetto al famoso budget) e una perdita che balla intorno al milione di euro. Ecco perché si levano in questo momento voci non solo allarmate ma che puntano il dito contro chi non aveva previsto le difficoltà e prospettato addirittura miglioramenti. E dallo stesso componente del cda è stata indicata la necessità di convocare i soci di Convention Bureau e capire insieme a loro come procedere anche perché si va verso una probabile ricapitalizzazione. Fra i rilievi mossi, anche quello di uscire dalle strategie di piccolo cabotaggio, immaginando una nuova «exit strategy» per raggiungere il mercato estero visto che quello interno si è indebolito.
Da parte sua Convention Bureau parla di eventi annullati proprio dal settore convention aziendali corporate: 192 cancellazioni tra gennaio e ottobre. Nel 28% dei casi i clienti hanno annullato o rimandato la manifestazione, nel 17% hanno modificato i programmi aziendali, per il 12% non è stato possibile rispondere positivamente a richiesta di cambio data. Nel 22,9% dei casi la cancellazione è avvenuta optando per una destinazione differente da Rimini.
L’impressione è che i movimenti tellurici nel sistema congressuale riminese siano solo agli inizi. Nella nota integrativa al bilancio 2011 era stato messo nero su bianco che il pareggio di bilancio sarebbe stato conseguibile nell’esercizio 2013. Fra le previsioni sballate anche quelle delle royalties alberghiere, che secondo il piano finanziario del Palas avrebbero portato entrate per 1,1 milioni di euro, ma non è stato così.
Ora, non è che i bilanci della Società del Palazzo dei Congressi se la passino bene. C’è poi la scivolosa vertenza con Cofely che chiede circa 54,5 milioni di euro, mentre Società Palazzo del Congressi avanza pretese di risarcimento danni pari a 21 milioni di euro. Dire di sì ad un canone molto più leggero non aiuterebbe certo i conti della Società del Palazzo dei Congressi. Dire di no metterebbe in seria difficoltà Convention Bureau.
Rimini Fiera e le sue società satellite sono alle prese con i conti in rosso. Il Gruppo Rimini Fiera ha chiuso il preconsuntivo con un segno meno di 1,9 milioni di euro, grazie anche anche alla svalutazione della partecipata Aeradria (735 mila euro). Preconsuntivo da paura anche per Convention Bureau: – 1 milione di euro.
Quel che sta avvenendo in Convention Bureau non fa che confermare le preoccupazioni espresse su più fronti, da ultimo anche dal presidente della Provincia Stefano Vitali e formalizzate nella recente lettera ai soci, nella quale parla di “forte squilibrio tra le previsioni del piano finanziario strumentale alla costruzione del Palazzo dei congressi e lo stato delle cose” e pone il fatidico ultimatum del 30 aprile 2014, data entro la quale comunque la Provincia cederebbe le proprie quote. Lo spauracchio che si agita è che il sistema congressuale-fieristico finisca in mano alle banche: fra i mutui ce n’è uno di iniziali 46,5 milioni di euro concesso da Unicredit che ha avuto il pegno sulla partecipazione del 52,56% di Rimini Fiera (oltre a lettere di patronage di Comune e Provincia). In tempi di crisi vengono al pettine tutti i nodi, compresa l’annosa questione di un Palas un po’ “megalomane”, eccessivamente costoso, che ha comportato un investimento che oggi provoca lacrime e sangue.
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