Hanno dato vita ad un coordinamento e stilato un lungo documento che va al di là di rivendicazioni spicciole. Per ora sono una trentina i residenti ch
Hanno dato vita ad un coordinamento e stilato un lungo documento che va al di là di rivendicazioni spicciole. Per ora sono una trentina i residenti che firmano l’appello (ma la raccolta sarà estesa e dunque le adesioni sono destinate a crescere notevolmente) rivolto all’amministrazione comunale, consegnato in particolare all’assessore Biagini, e scorrendo i nominativi ci si imbatte in una aggregazione davvero trasversale: dalla famiglia del candidato 5 stelle (Ennio Grassi e signora), che abita nel borgo, alla leader di Casa Madiba, Manila Ricci, fino al saggista e appartenente al Grande Oriente d’Italia Moreno Neri, solo per citarne alcuni. L’inedita alleanza si è riunita in due assemblee, la prima il 20 gennaio e la seconda ieri sera. Hanno in programma anche un incontro pubblico, al quale hanno chiesto che sia presente l’assessore. Cosa bolle in pentola? Un profondo disagio nel vedere un angolo di città molto suggestivo, lentamente snaturarsi. Segno che le politiche di Palazzo Garampi, attente al centro storico, fanno acqua a poca distanza da piazza Cavour.
“Il Coordinamento degli abitanti del Borgo S. Giuliano intende, con decisione, e nelle forme che si riterranno più opportune, porre all’attenzione delle Istituzioni locali, statutariamente preposte a garantire la vivibilità del territorio riminese, i numerosi problemi che rendono difficile la quotidianità di quanti, per storia e scelta recente, condividono la vita borghigiana. Si tratta di una condizione verosimilmente unica sul territorio riminese, in ragione delle caratteristiche urbane di questa nostra realtà, che permetteva o permetterebbe un’autentica vita di relazione fondata sull’attenzione reciproca dei suoi abitanti, al fine di garantire una convivenza serena, partecipe ed inclusiva”, scrivono i borghigiani. “Purtroppo la quotidianità del Borgo è, da troppo tempo, offesa da un utilizzo dei suoi spazi nei modi propri di un “consumo” commerciale del territorio. Le oramai numerose e, a tratti, rozzamente consumistiche feste borghigiane hanno trasformato gli spazi vocati alla vita dei suoi abitanti in una stucchevole quinta teatrale dove si esercita, tranne rari casi, il cattivo gusto e l’espropriazione aggressiva degli spazi senza alcun coinvolgimento degli e delle abitanti. L’analogia, in piccolo naturalmente, con la realtà trasteverina romana è del tutto evidente. Tant’è che gli stessi abitanti del borgo trasteverino si sentono da anni oramai espropriati, a fronte di un immaginario collettivo invasivo e funzionale al suo consumo e alla produzione di business per pochi. È ciò che accade al Borgo “felliniano”, nella caricatura propria di iniziative del tutto estrinseche, lontanissima non solo dall’immaginario felliniano, ma anche dal senso di vicinato che ancora qui resiste e che è un valore di civiltà e di relazione, parte fondante della storia delle nostre case.”
Il cahier de doléance è corposo. Parlano di “emergenza borgo”, esplosa con la caccia alle auto in sosta dei residenti scatenata dalla polizia municipale con conseguente “multificio” e intervento del carro-attrezzi anche in orari improbabili (“tra le 22 e la mezzanotte il più delle volte, o all’ora di pranzo”). “Cecità e indifferenza”, invece, “nei confronti del transito senza autorizzazione attraverso i varchi non controllati elettronicamente (Via Marecchia dal lato Via Tiberio; Via Ortaggi; i due varchi da Via Matteotti con quello a fianco di Villa Maria percorso in senso vietato)”, oppure verso “i tanti clienti e consumatori dei ristoranti e delle cantinette, che parcheggiano selvaggiamente in ogni angolo del borgo, sia dentro che fuori dalla ZTL”.
Nel mirino anche il trenino turistico che attraversa (“senza autorizzazione da quanto ci risulta”) i vicoli nei mesi estivi e i taxi “che sfrecciano a velocità sostenuta (in una zona dove il limite è di 30 km orari) per portare i clienti nei ristoranti borghigiani”. Le piazzette del borgo, destinate storicamente alla vita di relazione dei suoi abitanti, “sono ora luoghi progressivamente invasi da selve di tavolate ad uso ancora una volta di innocenti commensali e di talvolta arroganti ristoratori e dispensatori di alcolici”. Mentre le auto “possono sostare tranquillamente davanti ai diversi ristoranti, quasi sempre invadendo la carreggiata di marcia”, chi risiede “deve vegliare nottetempo sul proprio disco orario”. Critiche pure alla “sedicente pista ciclabile realizzata frettolosamente e senza alcun coinvolgimento degli/delle abitanti del Borgo” e a quello che definiscono “obbrobrio urbanistico”, ovvero la casa di cura Villa Maria. “Le istituzioni fingono di non accorgersi del danno di immagine ed economico (deprezzamento delle abitazioni antistanti la clinica e incuria degli spazi interni/esterni della medesima) prodotto da una presenza non schermata e illusoriamente divisa da una sottile rete attraverso la quale il borghigiano partecipa, non volente, alla vita quotidiana di un ospedale vero e proprio, tra camere mortuarie con vista, contenitori di rifiuti speciali ed indifferenziati, ed ambulanze. Se, al suo sorgere, l’edificio fu autorevolmente definito «un gesto di maleducazione incredibile», fatichiamo dopo il suo recente ampliamento a trovare un’espressione adeguata”.
Le città, fanno sapere all’amministrazione comunale, “non sono costituite solo di strade, supermarket, automobili, interessi economici, finanziari e speculativi, bensì vi sono cittadini e cittadine, legami sociali e relazioni che vanno preservate e valorizzate.
In assenza di rappresentanze responsabili dei problemi borghigiani riteniamo di dover condividere pubblicamente con chi interessato queste sofferte considerazioni, in attesa che le istituzioni abbiamo il buon senso, la sensibilità sociale e l’intelligenza culturale di affrontare in un dialogo serio le questioni che abbiamo qui sommariamente narrato”.
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