Il drago Terenzi e i mandarini del Titano

Il drago Terenzi e i mandarini del Titano

Tutti lo cercano l'uomo capace di stringere affari con la Cina. Solo i sammarinesi lo snobbano. Intervista a Gian Franco Terenzi.

Se a San Marino non avessero paura delle ombre (non quelle cinesi, però) e se una delle principali attività interne ai palazzi non fosse quella di sgomitare per una piccola visibilità, a questo uomo avrebbero già dovuto mettere una gigantografia come quella Mao Tse-tung nella grande Piazza Tienanmen. Magari nella piazza della Libertà che ospita il Palazzo Pubblico. Invece non pochi, in cima al Monte, soffrono la sua familiarità con la Cina.

Tutti lo cercano per avere l’entratura giusta con la seconda potenza economica del mondo. Che, stando al rapporto redatto dagli analisti del National Intelligence Council statunitense, entro 15 anni supererà gli Stati Uniti. San Marino ce l’ha in casa il “drago” capace di stringere affari con la Cina, ma a livello istituzionale quando può lo snobba. Nemo propheta in patria? Anche. Ma forse si teme che faccia ombra al segretario agli Esteri, Pasquale Valentini. Sempre più criticato sulla rocca per come gestisce la politica estera. Al punto da aver pensato al Nunzio apostolico in Italia e a San Marino fra le personalità di rango chiamate ad accogliere il ministro degli Esteri cinese. “Potevamo fargli trovare una riproduzione di un carroarmato che schiaccia uno studente in piazza Tienanmen”, ha ironizzato Erik Casali su La Tribuna. Fortunatamente, però, il Nunzio, al quale non bisogna insegnare le regole diplomatiche, ha declinato.
A portare a casa i progetti importanti continua ad essere lui, Gian Franco Terenzi.
Chi ci mette la faccia e va ad accogliere al confine di stato il ministro degli Esteri in vista sul Titano, che poi ringrazia il “venerabile amico della Cina”? Chi cita nel suo saluto per la presentazione delle credenziali il nuovo ambasciatore Li Ruiyu? Chi stringe relazioni economiche, culturali e politiche, tanto da portare a San Marino l’Istituto Confucio (solitamente insediato in università storiche prestigiose, in quella di Waseda in Giappone, in Italia a Roma, Bologna, Milano, Pisa e poche altre) punto di incontro fra Oriente e Occidente e con esso uno stanziamento da 200 mila dollari destinato a sviluppare soprattutto tecnologie avanzate per la conservazione dei beni culturali? Chi, nelle visite a Pechino, viene onorato come il capo di stato di una grande potenza? Chi tratta come un amico di vecchia data Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare cinese? Chi va e viene dalla Cina e ogni volta torna a mani piene? Lui e sempre lui, Gian Franco Terenzi. Uomo del Pdcs che negli uomini forti del partito democratico cristiano della piccola Repubblica non ha mai trovato accoglienza. Poco feeling, ad esempio, pure con Gabriele Gatti.
Poco tempo fa anche Sea, la società di gestione degli scali aeroportuali lombardi, è venuta a riverire il “cinese” di San Marino. Motivo? Chiedergli un aiuto nel mettere a segno relazioni con l’ex impero celeste. L’Expo è alle porte e non occorre sforzarsi troppo per capire da quali interessi siano mossi i milanesi.
Abbiamo incontrato Gian Franco Terenzi, facendoci la convinzione che se il governo sammarinese affidasse a lui i rapporti con la Cina ne avrebbe solo da guadagnarci. E anche i territori confinanti potrebbero beneficiarne: Rimini, la Riviera romagnola e l’Emilia Romagna, che ad abbordare il Dragone ci stanno provando con molta spocchia ma annaspando, da bravi principianti. Perché fare breccia nel mercato turistico cinese non è come partecipare alla borsa del turismo di Berlino.

Allora Terenzi, perché lei è così gettonato quando si parla di entrature in Cina?
Forse perché da 25 anni sono in contatto con la Cina e posso dire che, ormai da tempo, questi contatti sono giornalieri. Mi sono recato quasi quaranta volte in Cina, conosco la loro mentalità, so che apprezzano un certo tipo di relazioni, ho allacciato amicizie profonde e solide.

Lo scorso ottobre è salito sul Titano il ministro degli Esteri cinese. Che giudizio si è fatto di questo avvenimento?
Credo sia stata un po’ sottovalutata quella visita e che si sia sbagliato qualcosa. Premetto che non è la prima volta che un ministro degli Esteri cinese viene in visita a San Marino, il precedente si era avuto nel 1998, quindi in anni abbastanza lontani e nel frattempo sono cambiate molte cose, è nata una familiarità con la Cina, e dunque occorreva “approfittare” perché non è facile incontrare certi personaggi a livello istituzionale ed avere occasioni per dialogare con loro su elementi di nostro interesse. Mandare dei documenti scritti non ha lo stesso valore di un incontro diretto, dove puoi interpretare da subito le reazioni e guardare negli occhi il tuo interlocutore.

Su cosa il governo avrebbe dovuto puntare?
Stiamo vivendo una crisi economica pesantissima, San Marino versa in una situazione per niente florida, i rapporti con la Cina nel frattempo si sono enormemente incrementati e dunque a mio parere bisognava predisporre una accoglienza di un certo tipo al ministro degli Esteri, molto più “calda”, cercando anche di concretizzare risultati utili alla nostra Repubblica.

Quindi è sfumata un’occasione d’oro?
Temo di si. Anzitutto perché il ministro degli Esteri cinese si è insediato da pochi mesi ed era la prima volta che veniva a San Marino, ma anche in Europa. Prima è venuto a San Marino e poi ha incontrato il capo del governo italiano Enrico Letta. Ha fatto tappa in Francia, a San Marino e in Italia. Punto.
Il governo di San Marino avrebbe dovuto dare molto risalto a questa visita ed essere capace di negoziare su temi vitali per la nostra Repubblica e per alcune opere strategiche, che peraltro interessano anche territori a noi contigui, come la stessa provincia di Rimini. Invece mi sembra sia stata un po’ sminuita e l’accoglienza riservata a Wang Yi non proprio edificante. Qualcuno se n’è accorto, ma a cose fatte.

Lei però continua a mietere risultati. Quali sono gli ultimi?
Dopo un lavoro partito da lontano, è stato firmato il memorandum per la nascita dell’Istituto Confucio a San Marino. Noi siamo una piccola realtà rispetto alle grandi università dell’Italia e del mondo che hanno aperto l’Istituto Confucio al loro interno, credo che se l’abbiamo ottenuto sia anche grazie alle relazioni che ho saputo instaurare con la Cina. In ballo ci sono anche borse di studio per studenti sammarinesi, la possibilità per i nostri docenti di svolgere scambi per l’insegnamento della lingua italiana presso l’Università di Pechino. Poi San Marino avrà da Shanghai un centinaio di volumi di notevole valore storico e culturale. Ma i filoni aperti sono tanti altri.

Del tipo?
Il parco tecnologico, ad esempio. Come pensare di non stringere quanto prima con la Cina una collaborazione su questo progetto? Ho avuto degli incontri di recente con imprenditori cinesi interessati e non escludo di andare direttamente a raccogliere le disponibilità e poi offrirle a San Marino, così come ho fatto con l’istituto Confucio. Fra pochi giorni mi recherò a Pechino dove rimarrò due settimane.
E poi non escludo che possa arrivare a San Marino anche una banca d’affari cinese, così come una società di riassicurazione. Tali società oggi hanno sede in altri paesi e la Cina è molto interessata a portare a San Marino una compagnia di riassicurazione. Sono argomenti che ho già trattato in Cina con i miei interlocutori, quando sono stato ricevuto ai massimi livelli. Ma sarebbero state tutte questioni di cui parlare con il ministro degli esteri Wang Yi. Invece purtroppo…

A suo parere perché il Segretario Valentini non ha colto la palla al balzo?
Sinceramente non so, io coinvolgo lui – così come gli altri Segretari ogni volta che ci sono opportunità – ma non sempre con successo. Non voglio dare dei giudizi, però, con Valentini vivo gomito a gomito, non ho nulla contro di lui e nemmeno verso altri, cerco sempre di costruire nell’interesse di San Marino, non di fare polemiche. Ma a volte noto dei timori, forse la paura di essere scavalcati, non so…

Senta, qual è il segreto per cucire relazioni significative con la Cina?
In Cina alle relazioni istituzionali che contano non si giunge direttamente. Non ci si rapporta in prima battuta con l’uomo politico ma si seguono “strade” di collegamento per arrivarci, e occorre conoscere questa ramificazione, che poi passa anche attraverso le parentele e alla fine si riesce a coinvolgere comunque la politica. L’amicizia è sacra in Cina, e i rapporti interpersonali dai quali nasce la fiducia sono tutto anche nel campo degli affari.

Lei come se li è fatti i rapporti con la Cina?
Quasi per caso. Quando ero Capitano Reggente, durante i mandati 1987-88, avevo in mente di organizzare una visita negli Stati Uniti e mi ero già mosso in questo senso. Poi, per ragioni che sarebbe lungo spiegare, i piani sono cambiati e si sono presentate due chance: la Russia o la Cina. Io ho subito deciso per la Cina.

Che già era entrata nell’orbita gravitazionale della politica estera di San Marino, perché la prima missione diplomatica si era svolta nel 72.
Infatti. Fu un viaggio importantissimo quello che si fece nell’88 e che portò la delegazione sammarinese ad incontrare tutte le principali cariche istituzionali cinesi e in quella occasione conobbi e presi contatti anche con l’Associazione di amicizia del popolo cinese con l’estero. Tornato a San Marino nel giro di pochissimo tempo ho costituito l’Associazione San Marino-Cina e questo mi ha portato un po’ a diventare il referente della Cina e ad introdurmi sempre più in quella grande nazione.

Vede anche altre opportunità che dalla Cina andrebbero colte?
Sicuramente si, intravvedo all’orizzonte diverse possibilità, anche importanti, senza escludere l’aeroporto di Rimini. Altroché russi! Il mercato cinese è la vera gallina dalle uova d’oro e non a caso io perseguirei subito l’obiettivo di costituire un vettore per collegare Rimini e Shanghai – megalopoli da 25 milioni di abitanti – con finalità turistiche e commerciali visto che i collegamenti con la Cina sono assenti in un raggio molto ampio dall’aeroporto “Fellini”. In questo senso diventerebbe lo scalo preferenziale per i collegamenti con la Cina per Emilia Romagna e Marche, realtà con un profilo imprenditoriale importante e che dunque non avrebbero che da beneficiarne. Non solo.

Dica.
San Marino ha l’esenzione del visto d’ingresso e grazie all’Accordo di commercio e cooperazione economica tra il governo della Repubblica di San Marino e il governo della Repubblica Popolare Cinese, stipulato nel 2007, è stata sancita la reciproca abolizione dei visti di ingresso. Perché non pensare a San Marino come ad una porta d’ingresso “controllata”, ovviamente da negoziare con l’Italia, per i cittadini cinesi?

Come dovrebbe fare la riviera per catturare il turismo cinese?
Certamente non con le “gite” in Cina dei rappresentanti pubblici perché non portano a nulla. Occorre mettersi attorno ad un tavolo e vedere come coniugare interessi reciproci. Rimini e San Marino, a fronte di comuni interessi, dovrebbero stringere un patto. Senza fermarsi alle enunciazioni, però, il tempo delle chiacchiere è finito, c’è l’urgenza della concretezza. Io so bene cosa perdono San Marino e i territori confinanti ogni giorno che passa senza che venga messo a frutto l’enorme potenziale di crescita rappresentato dalla Cina. Il flusso di turisti cinesi attesi in Italia per l’Expo 2015 le sembra niente? Qualcuno ci sta concretamente pensando in Riviera?

Nelle fotografie, dall’alto: Terenzi con il ministro degli Esteri cinese Wang Yi; col presidente della Commissione Bilancio della Cina Gao Qiang; col passato presidente Hu Jintao e col presidente in carica della Cina Xi Jinping.

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