Il film sulla santa di Mercatello fa il pienone a Rimini

Il film sulla santa di Mercatello fa il pienone a Rimini

“Il risveglio di un gigante - Vita di Santa Veronica Giuliani”, regia di Valeria Baldan e Giovanni Ziberna.

Perché tanta gente per una pellicola così particolare? Nel pubblico cattolici che non si accontentano di dubbi e ambiguità in celluloide (modello “Silence”) e anche curiosi che volevano saperne di più sulla santa nata a poca distanza.

La sala del Settebello – oltre 200 posti – era gremita, lunedì sera, per una proiezione del tutto speciale: “Il risveglio di un gigante – Vita di Santa Veronica Giuliani”, regia di Valeria Baldan e Giovanni Ziberna, attrice protagonista Diana Hobel, produzione Sine Sole Cinema – Gorizia. Un pienone determinato da due fattori concomitanti: i tanti cattolici che oggi non si accontentano di dubbi e ambiguità in celluloide (vedi il caso “Silence”), ed anche i curiosi che volevano saperne di più sulla santa nata a poca distanza. Perché Orsula Giuliani, il nome della donna quando era nel secolo, nacque a Mercatello sul Metauro, territorio del ducato di Montefeltro in stretto rapporto con Rimini, come testimoniano ancora oggi nel vecchio borgo alcune opere del Trecento riminese. Semmai la distanza tra noi e Veronica è cronologica: 1660-1727, un’epoca in cui su cinque sorelle quattro entravano in convento, pur con l’opposizione paterna, soffrendo senza mai lamentarsi una vita di donazione totale, povertà, eroici digiuni e penitenze. Nel film-documentario, tutt’altro che mielosamente agiografico, anzi molto realistico e a tratti anche crudo, i “testimonial” di Veronica – fra i quali i libanesi Fra Emanuele e Padre Elias Rahal – ci spiattellano senza tanti giri di parole il significato e il valore della “dottrina dell’espiazione”, assai stridente con l’odierna religiosità peace-and-love. Ciò non toglie che sia proprio l’amore agli altri, nella sua versione più profonda – cioè l’amore per la salvezza delle anime – il tratto decisivo della vita di Veronica, cui un giorno Gesù in persona disse che doveva “comprare le anime con i soldi del patire”. Suora cappuccina a Città di Castello, poi eletta più volte badessa del convento, saliva persino sugli alberi in fiore per chiamare i figli di Dio alla fede. Mentre da piccola vedeva vivo Gesù bambino, da adulta fu unita a Lui da incoronazioni di spine e dalle Sacre Stimmate che portò trent’anni fino alla morte. “Il poema dell’amore e del dolore” è il suo diario, scritto per obbedienza, raccolto oggi in 44 volumi. “Un gigante di santità” la definiva Papa Pio IX, oggi è aperta una causa per riconoscerla Dottore della Chiesa. Fra i pregi tecnici del film, le spettacolari sequenze dei rapimenti della santa all’inferno, in purgatorio e in paradiso.
Come se non fosse già ricco il piatto della serata, alla fine della proiezione di lunedì sono andati al microfono i registi-sceneggiatori Giovanni Ziberna e Valeria Baldan, giovani con alle spalle altre pellicole (“La Terra Nel Sangue”, “Dietro il Buio”) ed importanti collaborazioni con Ermanno Olmi. Lui ha raccontato la sua conversione, lei la riscoperta di una fede che aveva dimenticata, nel contesto di una produzione avventurosa e ricca di coincidenze apparentemente inspiegabili. Il terzo socio della casa di produzione ha deciso nel frattempo di varcare le porte del seminario.
All’uscita dalla sala, un sacerdote cattolico visibilmente colpito dal film e tanto più dalla testimonianza dei due cineasti, commenta: pur nella situazione traballante in cui si trova oggi la Chiesa, assistiamo a conversioni imprevedibili, come racconta il Manzoni dell’innominato. La fede oggi si propaga così, da persona a persona, anche davanti al grande schermo, senza tanti “silenzi”.

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