Ma attivi nella istituzione europea ci sono anche San Patrignano e la Comunità Papa Giovanni XXIII.
Esiste un registro volontario (non obbligatorio) per le lobby dell’Ue. E’ il registro sulla trasparenza. Conta 9.772 organizzazioni che autodichiarano una serie di informazioni: dall’ambito operativo ai referenti, dagli obiettivi alla attività svolta, dal personale impiegato ai dati finanziari e ai settori di interesse. Ce ne sono anche tre di Rimini, molto diverse fra loro, che per la notorietà di cui godono non passano inosservate. Maggioli, San Patrignano e la Comunità Papa Giovanni XXIII. Cosa fanno a Bruxelles e quanto spendono per esercitare la funzione di “gruppo di pressione”?
Cominciamo da Maggioli, iscritto al registro nel luglio del 2014. Si presenta come “una grande azienda italiana, con più di mille dipendenti, che ha quattro divisioni: modulgrafica, casa editrice, informatica, consulenza e formazione. Siamo in diversi europrogetti, sia come partners che come leaders. Ci proponiamo di espanderci anche in Europa attraverso il nostro ufficio di Bruxelles e attraverso l’entrata in alcune aziende del nostro stesso settore e operanti in Belgio. Siamo altresì interessati alle istituzioni e alla vita istituzionale”.
Due persone si occupano per il gruppo di fare lobbying al Parlamento europeo con un budget compreso (il dato pubblicato si riferisce al 2015) fra 300 mila e 399.999 euro. Non è poco e infatti rientra fra le 1756 organizzazioni che spendono fra 100 mila e 499.999 euro per curare i propri interessi aziendali in Europa (il 93,18% delle strutture dichiara di spendere meno di 500 mila euro l’anno).
Per fornire un quadro più chiaro bisogna dire che sono solo 10 i soggetti che spendono oltre 10 milioni di euro, 26 fra 5 e 10 milioni, 237 fra 1 milione e 4.999.999, 393 fra 500 mila e 999.999, quindi ci sono i 1756 di cui si è detto, e la grande maggioranza delle organizzazioni con un portafoglio di lobbying molto più scarso: 2554 fra 10 mila e 99.999 e 4.793 con un budget fino a 9.999 euro. Una sintesi elaborata di recente da Openpolis e dedicata alla trasparenza delle lobby in Italia e in Europa.
Maggioli rientra nella categoria dei lobbisti interni e associazioni di categoria, commerciali e professionali che da solo raggruppa 4.991 soggetti pari al 51,07% del totale.
L’attenzione al mercato europeo da parte dell’azienda di Santarcangelo ha già qualche anno di vita. Dal 2014 cura “Neu”, una newsletter informativa sull’Unione Europea, definita nel primo numero “una grande sfida per il Gruppo Maggioli”. Si occupa di temi economici, energia, migrazione, finanziamenti europei ed altro.
Fra i dossier seguiti dal gruppo ci sono “Orizzonte 2020”, il programma quadro dell’Ue per la ricerca, l’innovazione e le politiche industriali. Fra le affiliazioni Maggioli dichiara legami a Bruxelles con Confindustria (Paolo Maggioli è anche presidente degli industriali romagnoli) e di aderire, “tramite la Regione Emilia Romagna, al network di regioni ERRIN”.
Dichiara anche 310 mila euro di sovvenzioni ricevute dalla Ue nel 2015 e, in passato, 290.400 euro per il progetto europeo “Sociable” (coinvolge enti diversi, aziende e Comuni, di Grecia, Italia, Spagna e Norvegia, cofinanziato al 50% dall’Unione Europea col fine di migliorare la qualità della vita e l’assistenza sociale alla popolazione anziana sfruttando il contributo delle moderne tecnologie informatiche e telematiche).
Maggioli ha anche una sede nella capitale del Belgio (e all’estero un’altra a Tirana: “Maggioli Balcani”), in Avenue d’Auderghem.
Coltivare relazioni “di sistema” è una caratteristica sulla quale Manlio Maggioli si può dire abbia fatto scuola e che gli è valsa una lunga stagione al comando nel contesto economico riminese. E’ stato a capo della della Camera di commercio di Rimini praticamente dalla sua nascita, agli inizi degli anni 90, e fino al 2014, quando di li a breve sarebbe cambiato tutto con la costituzione della Cciaa della Romagna. Ha fatto il pieno, come si suol dire, non avrebbe potuto essere rieletto, ed è sceso dalla giostra. Ma ha regnato in via Sigismondo più di Breznev al Cremlino. E’ stato presidente di Confindustria Rimini, ha fatto parte della giunta nazionale della confederazione degli industriali, si è seduto in vari organismi nazionali e regionali, da Unioncamere all’Istituto Tagliacarne, non si è fatto mancare nemmeno ruoli di rilievo nel mondo bancario e nella imprenditoria turistica.
Paolo Maggioli non è da meno e anzi ha raccolto il testimone del padre. Vicepresidente di Confindustria Emilia Romagna nel 2011, presidente di Confindustria Rimini nel 2013 e tre anni dopo di Confindustria Romagna.
Ce la caveremo con molto meno per le altre due conoscenze riminesi nel registro delle lobby Ue. Papa Giovanni e San Patrignano fanno parte del secondo blocco, per numero di aderenti, quello delle organizzazioni non governative: sono 2479 (il 25,37% del totale).
La Comunità Papa Giovanni XXIII ha sette persone accreditate al Parlamento europeo per attività di lobbying. Il suo campo d’intervento spazia dal settore degli aiuti umanitari alla giustizia, dall’istruzione alla politica estera e di sicurezza, dalla sanità alla sicurezza alimentare allo sviluppo. La stima dei costi annui relativi a queste attività si colloca fra 100 mila e 199.999 euro. Tutti dati presenti nel registro per la trasparenza del Parlamento europeo, dove la comunità fondata da don Oreste Benzi è iscritta dal 2012.
La Fondazione San Patrignano Onlus ha formalizzato la sua presenza in Europa nel marzo del 2015 e impegna complessivamente tredici persone. La stima dei costi annui per questa attività è di 150 mila euro (il dato è relativo al 2014).
Da ultimo, anche il Consorzio per il canale emiliano romagnolo è sbarcato a Bruxelles, esattamente lo scorso luglio. Rientra nel capitolo delle “organizzazioni rappresentative di amministrazioni locali, regionali e comunali, altri enti pubblici o misti ecc.” e spende meno di 50 mila euro l’anno. La lista annovera pure la Regione Emilia Romagna, ma solo relativamente all’interesse della pesca e dell’acquacoltura, e l’Alma Mater Studiorum, ognuno dei due con una spesa di meno di 10 mila euro l’anno.
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