Ma che ci fa il titanico (e intoccabile) Sergio Zavoli in Senato?

Ma che ci fa il titanico (e intoccabile) Sergio Zavoli in Senato?

Da sedici anni in Senato, cominciamo a studiare l’attività politica del grande giornalista. Non proprio un profeta quando difende l’islam dagli “appiccatori di incendi”. E poi: decreti legge sulla vendita del tartufo fresco, sui diritti politici degli stranieri, sul “testamento biologico”.

Se la politica dà l’aiutino all’ispirazione poetica
Quando intensifica l’attività ‘politica’, Sergio Zavoli, l’ultimo titano riminese che ci resta, residuo geologico di un Paese fa, scopre il guizzo poetico. Probabilmente, perché ha più tempo. La frase è vera a metà. Sergio Zavoli, cittadino onorario di Rimini – è nato a Ravenna, come si sa – è accolto nel castello dei poeti magni nel 1995 (Un cauto guardare), subito per Mondadori, come quelli nati con la camicia. Il resto del cursus poetico del giornalista asseconda il percorso politico: nel 2000 esce In parole strette (sempre Mondadori, editore di riferimento), seguito da L’orlo delle cose (2004), La parte in ombra (2009), L’infinito istante (2012), La strategia dell’ombra (2017). Non proprio capolavori che punteggiano l’elezione di Zavoli – residente a Monte Porzio Catone, Roma – in Senato: la prima volta nel 2001, eletto nel collegio di Rimini, nella XIV Legislatura, poi ininterrottamente, fino ad oggi. Tra l’altro, a esaltare il legame con la poesia e con la propria città d’adozione, Zavoli è Presidente onorario del Premio Rimini per la poesia giovane, spin off di ParcoPoesia, il festival di Isabella Leardini che rischiava di chiudere i battenti ma – notizia nella notizia – si farà, va in scena il 22 e il 23 luglio, con il patrocinio del Comune di Rimini – un atto dovuto, segnalato, tra l’altro, dalla presenza, a un dibattito, del prezzemolino Assessore ‘alle Arti’ Massimo Pulini – e i soldi di Terranova, onore al merito (il programma, intanto, è qui).

…quando si immolò a difensore dell’islam
Tutto bello, tutto buono, Zavoli, semidivino, sta tra gli intoccabili del millennio passato. Ma… che ci fa in Senato? Quattro legislature non si possono squalificare né giudicare in un articolo. L’attività parlamentare di Zavoli chiede un vaglio analitico, per capire se il titanico giornalista si sia comportato bene o meno. Noi possiamo, preliminarmente, segnalare che è passato da 300.144 euro di reddito complessivo denunciato nel 2013 ai 245.150 denunciati nel 2016, e che in sedici anni di inesausta attività politica Zavoli ha presentato come primo firmatario soltanto un decreto legge, il 17 ottobre 2001, sul “riconoscimento di un contributo annuo, per il triennio 2001-2003, al Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati ed al Centro Internazionale Eugenio Montale di Roma”. Del resto, risulta tra i co-firmatari di una flotta di Ddl, alcuni non proprio entusiasmanti. Insieme al Senatore Fulvio Tessitore – di sinistra come lui – ad esempio, il 21 luglio del 2004 propone l’“Istituzione della festa nazionale del 17 marzo, data di proclamazione dell’Italia unita”, ancora arenato nelle aule parlamentari. Oppure l’“Istituzione della Conferenza per Parma città europea della sicurezza alimentare”, che al di là dei sofismi avrebbe previsto “un trasferimento pari a 20 milioni di euro in ragione di anno per gli anni 2005, 2006 e 2007”. Non se n’è fatto nulla, per fortuna. Nell’aprile del 2006 Zavoli si fa co-autore di un Ddl per una “nuova disciplina fiscale in materia di vendita del tartufo fresco” (esito: “non ancora iniziato l’esame”), mentre nel luglio dello stesso anno co-firma un Ddl sui “diritti politici dello straniero in Italia”, tipico esempio di cerchiobottismo italico, che promuove, da un lato “fermezza e rigore nell’azione di contrasto all’immigrazione clandestina e alla criminalità” e dall’altro “sviluppo delle politiche di accoglienza ed integrazione”. Su questa tattica, del ‘bastone&carota’ (nobilitata come pratica della saggezza), pare svolgersi l’azione di Zavoli in Senato. A proposito del fatidico “discorso di Ratisbona” di Papa Ratzinger, che incendiò le falangi islamiche e che aprì un dibattito parlamentare, Zavoli – seduta del 12 ottobre del 2006 – ribalta decisamente i termini: non è da difendere la Chiesa dagli attacchi astrusi delle falangi islamiche, ma l’islam dagli “appiccatori di incendi”, “si dà spesso per scontato che l’Islam tutto quanto è un insieme di obbedienze e di intolleranze imbevute di ritualità e fanatismo, ignorando i tesori di armonia e di saggezza che la sua religione continua a riservare anche alle dimensioni civili e culturali della tradizione o via via insorgenti”, dice il Senatore in aula. E conclude: “Non c’è chi non possa vedere l’abissale gratuità di un pregiudizio rimesso in vita a partire dal tragico 11 settembre, dalla barbarica strategia di una frangia fanatizzata e, al tempo stesso, la crociata intellettuale, politica e religiosa che da varie cattedre si è abbattuta contro l’Islam rispolverando i vecchi e logori arnesi della cosiddetta superiorità”. Nessuno si sogna di certificare la superiorità di un sistema religioso sull’altro. Certo è che Zavoli non si è dimostrato politicamente lungimirante.

Meglio parlare di Luzi che di ‘financial education’
L’attività di Zavoli s’intensifica particolarmente durante la XVI Legislatura, quando è membro e poi Presidente – dal 2009 al 2013 – della Commissione vigilanza Rai. Quelli sono gli anni, comunque, in cui co-firma il Ddl presentato da Ignazio Marino – era il 29 aprile 2008 – sul “testamento biologico” (non è vile gergo giornalistico ma come è catalogato il decreto nel portale del Senato), cioè “sull’interruzione dei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico”. E ora? Vecchio di fama, Zavoli, il leone del giornalismo italiano, si occupa di quisquilie o quasi. Ha firmato un Ddl che stimola “la financial education” come “attività educativa strategica”, cioè l’educazione economica, senza considerare che il vero problema, oggi, è l’ignoranza della lingua italiana, prona allo slogan più che al sonetto. Il senatore Zavoli, che il 6 giugno del 2006 come “presidente provvisorio” del Senato espresse “il proprio cordoglio per il tragico attentato ai danni del contingente italiano Nassirya” (il terzo dopo quello terribile del 2003), ormai è ‘usato’ per celebrare i cari estinti. Il poeta Mario Luzi, ad esempio, già Senatore a vita, di cui, nella seduta del 4 marzo 2014, ricorda un memorabile apoftegma: “ebbe a dirmi, parlando della politica, che non c’è mai tanto bisogno di politica come quando è la politica ad autorizzarci a voltarle in qualche modo le spalle”. Mirabile.

Da Manzoni a Montale: poeti prestati (purtroppo) all’arte politica
La pappardella per dire che studiare l’attività politica dei nostri grandi dà solo buoni frutti. Sappiamo con chi pigliarcela se le cose vanno come vanno, documenti alla mano. Un esperimento l’ho fatto – che spregiudicata bellezza auto-promuoversi tra i poveracci – nel pamphlet Grandi scrittori, pessimi politici. Faccio le pulci a tutti gli aurei autori italiani – dal Manzoni a D’Annunzio, da Moravia ad Arbasino, da De Filippo a Sanguineti e Montale e Luzi – che si son prestati all’arte politica. Il libello esce allegato a il Giornale, domani. Di Zavoli taccio. Non è uno scrittore, non è un poeta.

Fotografia: Sergio Zavoli con l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Quirinale.it)

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