Avete presente "Midnight in Paris" di Woody Allen? Seguite il filo che lo lega al nuovo personaggio che Moreno Neri ci racconta ben oltre il suo approdo riminese.
Provo un certo orgoglio
per il fatto che nei miei versi
non è difficilissimo vedere
quello che sto cercando di dire.(James Laughlin, Una lunga notte di sogni)
Per introdurre il protagonista di questa cartolina la prendo alla larga partendo da un personaggio che in un certo qual modo è stato il punto d’avvio della sua vicenda umana e letteraria. In Midnight in Paris, il film di Woody Allen del 2011, si vede Gil che, trasportato indietro nel tempo nella mitica Parigi dei tardi anni Venti, chiede a Hemingway di potergli far leggere il tribolato romanzo che vorrebbe ultimare per avere un suo parere, ma lo scrittore gli propone di portarlo alla sua amica, scrittrice e poetessa Gertrude Stein (1874-1946). Chi ha visto il film ricorderà la visita alla casa di Gertrude Stein (una splendida Kathy Bates) che dispensa riflessioni circa la vita, il sesso e l’arte discutendo con Picasso su un ritratto dell’affascinante compagna e modella del pittore, Adriana. Quadro, tra parentesi, che è in realtà La Baigneuse, dipinto nel 1928 e ora al musée Picasso nel quartiere Le Marais.
Sei anni dopo, nella primavera-estate del 1934 a fare da chauffeur della Ford, incluso il servizio di cambio gomme a terra, per un giro nella Francia meridionale di Gertrude Stein e della compagna della sua vita Alice B. Toklas, nonché da press agent per un tour di conferenze che la Stein avrebbe dovuto fare negli Stati Uniti è un diciannovenne spettacolarmente alto, atletico (ottimo sciatore e alpinista), incredibilmente bello, coltissimo e poliglotta e, soprattutto, ricchissimo che si chiama James Laughlin (1914-1997). James è di Pittsburg, come Gertrude, ed è uno degli eredi della Jones and Laughlin Steel Company, la quarta acciaieria degli USA fondata dall’omonimo bisnonno di origini irlandesi nel 1824.
Poco tempo dopo il superlativo James, che aveva interrotto gli studi ad Harvard per il suo viaggio in Europa, scrisse a Ezra Pound chiedendo se poteva vederlo e, con sua sorpresa, il poeta gli rispose: Visibility High, visibilità alta. Cominciò così quella che Laughlin chiamò l’immatricolazione alla Ezuniversity, un corso informale e intensivo di sei mesi su letteratura e storia che di solito consisteva in conversazioni o al ristorante dell’Albergo Rapallo di fronte al mare o durante le nuotate nel golfo del Tigullio o nel corso di tirate partite di tennis. James aspirava ad essere un poeta e, come il Gil di Woody Allen, voleva da Pound un parere sulla sua scrittura, ma, alla fine del suo soggiorno, Pound, scettico sulle sue qualità letterarie, lo consigliò «di fare qualcosa di utile» dedicandosi all’editoria più che alla poesia.
Nel 1936 James Laughlin IV, conseguita la laurea in latino e italiano ad Harvard, usò il denaro di famiglia per fondare, a soli 22 anni, la casa editrice New Directions, cominciando a pubblicare non solo la Stein e Pound, ma anche E.E. Cummings, William Carlos Williams, Elizabeth Bishop e Henry Miller. Alla laurea, per la sua start up, come si dice oggi, il padre – come casualmente menzionò in un’intervista – gli diede 100 mila $ (nel ’36 il reddito di una famiglia della media borghesia americana era di 2 mila $ annui). «Il mondo è in crisi» scriveva quell’anno «e il linguaggio è allo stesso tempo la causa e la cura».
Benché, contrariamente alla leggenda, non disponesse di risorse illimitate, nel corso degli anni Quaranta la lista degli autori pubblicati da New Directions (nella formulazione umoristica di Pound Nude Erections), con sempre maggior successo di critica e di pubblico, crebbe in maniera esponenziale. Tra i nomi, solo per citarne alcuni: Tennessee Williams, Randall Jarrell, John Berryman, Karl Shaphiro, Jean Garrigue, John Frederick Nims, Paul Goodman, Eve Merriam, Djuna Barnes. La lista degli autori nel corso dei decenni successivi si fece davvero impressionante. Fu Laughlin a pubblicare George Oppen, Carl Rakosi, Delmore Schwartz, John Hawkes, Charles Reznikoff, Lawrence Ferlinghetti, Paul Bowles, Robert Creely, Gregory Corso, Gary Snyder, Kenneth Rexton, Denise Levertov, Thomas Merton, Edward Dahlberg e Robert Duncan, ma anche a ristampare Henry James, E.M. Forster, Ronald Firbank, William Faulkner ed Evelyn Waugh.
Tra i tanti autori stranieri che trovarono in New Directions la loro prima casa editrice americana vi sono non solo gli ovvi (per noi europei) Rimbaud, Baudelaire, Apollinaire, Rilke, Valery, Kafka e Cocteau, ma anche Lorca, Joyce, Thomas, Daumal, Queneau, Char, Brecht, Kardenal, Hamsun, Borges, Céline, Camus, Sartre, Cela, Cendrars, Nabokov, Neruda, Pasternak, Mishima, Paz, Bei Dao, Brathwaite, e gli italiani Montale, Ungaretti, Vittorini, Svevo e Tabucchi. Una lista che lascia attoniti solo a recitarla, travolgente nel suo insieme e sorprendente nei dettagli.
Per quanto fieramente indipendente e senza riguardi verso il risvolto commerciale e di mercato, alcuni libri furono dei best sellers come Il Grande Gatsby di Fizgerald, salvato dall’oscurità, il Siddharta di Hermann Hesse, i Selected Poems di Pound, Una stagione all’inferno di Rimbaud, i libri del monaco trappista Thomas Merton sullo Zen, Labyrinths di Jorge Luis Borges, Coney Island della Mente di Ferlinghetti.
A metà degli anni Ottanta J o Jas, come preferiva essere chiamato, era anche divenuto una star nel circuito delle conferenze o lo si copriva di premi, riconoscimenti e lauree ad honorem. Negli anni Novanta la sua salute cominciò a declinare. Quando morì nel novembre 1997, in seguito a complicazioni dopo un ictus, la maggior parte dei necrologi si concentrò, naturalmente, sui suoi rapporti con i luminari della letteratura modernista e sul suo lavoro come editore. Si disse che la sua era una delle case editrici più intraprendenti ed innovative dell’America, che era stato il più importante editore dell’avanguardia americana, uno degli ultimi signori dell’editoria non commerciale. Lo stesso Laughlin aveva dichiarato che aveva voluto New Directions un po’ per redimere la famiglia dalla sua ottusità e grettezza, dalla sua ricerca del denaro. Un obiettivo più che raggiunto, dal momento che si disse che più che la più grande casa editrice americana del XX secolo, il suo catalogo era il XX secolo. E non era solo il residuo di un’altra epoca dell’editoria destinato a svanire con la scomparsa di Laughlin, perché, con lo stesso approccio editoriale, la casa editrice oggi è sana e vive, né grande né piccola, come l’ultima importante casa editrice indipendente negli Stati Uniti.
James Laughlin, come ha ricordato Massimo Bacigalupo, forse il massimo esperto italiano di Laughlin, è più spesso conosciuto e ricordato per il suo lavoro di editore, meno per quello di poeta e scrittore. Ma, nonostante Pound lo avesse scoraggiato, continuò a scrivere: poesie principalmente, ma anche saggi, memorie e racconti. Com’era prevedibile, è stato anche un tombeur de femmes, sposato tre volte e con innumerevoli amanti: un playboy, però, sempre devoto alla letteratura.
Nell’estate del 1992 pubblicò per un’altra casa editrice, la Grenfell Press di Orland, nel Maine, Angelica: Fragment From an Autobiography, un romanzo breve di poco più di 80 pagine, in edizione limitata a 200 copie e con firma dell’autore, e illustrato con fotografie e disegni di opere d’arte. È un commovente racconto autobiografico di una appassionata storia d’amore di un anziano editore con una giovane bibliotecaria della Picture Collection della New York Library, nel periodo in cui Keith Carradine cantava I’m easy e in Italia si ascoltava l’ennesima hit di Mogol-Battisti Ancora tu.
Provvidenzialmente, il libro, nel luglio del 2005, è stato tradotto in italiano e prefato da Rita Severi (su suggerimento dello stesso Laughlin come ci racconta l’insegnante d’inglese nelle sue deliziose pagine d’introduzione) e pubblicato dall’editore riminese Raffaelli nella sua collana di «Quaderni poundiani» sotto il n. 3.
A questo punto, i miei pochi lettori mi permetteranno un inciso, e senza parentesi perché ciò che sto per dire riguarda, molto da vicino, gli argomenti fin qui affrontati. In una citta normale un editore come Walter Raffaelli sarebbe un monumento cittadino. Forse lo si sarebbe potuto trascurare ai suoi primi passi ma negli ultimi anni la situazione è solo peggiorata fino a toccare una condizione che sarebbe drammatica se non fosse umoristica. Non solo resta ignorato, ma è anche, nel senso etimologico del termine, mortificato, oltre ad essere in un certo qual modo defraudato, se si pensa che nell’ottobre-novembre 2013 si è organizzato una serie di incontri sotto il titolo «Il Tempio Malatestiano oltre l’Italia. Scritti forestieri tra ottocento e novecento», su Pletone, Yriarte, Forster, Pound (preso of course con le molle), Huxley, Stokes, Montherlant, ecc. Praticamente, si è imbastito un convegno basato su autori del catalogo di Raffaelli, non solo non ringraziandolo per la sua meritoria opera editoriale, ma oscurandolo. Non dico niente di nuovo se affermo che nella nostra città non c’è alcun sostegno per le forme di studio e di ricerca che la riguardano, ma nemmeno un pizzico di riconoscenza.
Angelica: Frammento di un’autobiografia racconta apparentemente una storia di un amore che matura durante un viaggio in Italia. Ma non è solo il racconto di una passione e di un tour, perché vi si miscela poesia, conoscenza dell’arte e della letteratura, spiritualità e melanconia del dramma.
L’eccentrico editore e Angel, dopo un viaggio in transatlantico da New York a Southampton e un soggiorno a Londra, prendono l’aereo a Heathrow e atterrano alla Malpensa. È estate ma Laughlin non ci dice di quale anno. Tuttavia, avendo sempre pensato agli autori che pubblicava, ai traduttori e agli editori stranieri con cui era in contatto come «una famiglia allargata», la serie di incontri e amicizie che ha a Milano con le celebrità culturali dell’Italia del tempo – e le relative indiscrezioni – ci indicano che l’anno è il 1976: Ettore Sottsass sta per lasciare Nanda Pivano; il senatore Eugenio Montale ha vinto il Nobel; Vanni Scheiwiller dopo all’insegna del pesce d’oro sta per lanciare i più remunerativi Libri Scheiwiller commissionati dalle banche; la cena da Valentino Bompiani non più editore; la visita al poeta e direttore letterario della Mondadori Vittorio Sereni e ad Alberto Mondadori, che dirige la casa editrice Il Saggiatore.
Ma l’intenzione dell’affascinante editore cosmopolita è quella di noleggiare un auto e scarrozzare Angelica in un pellegrinaggio ai «luoghi sacri» di Pound, quelli di cui scrive nei Cantos. Dunque, su una Lancia con tanto spazio per le sue gambe, Siena e il Monte dei Paschi, Urbino e il Palazzo Ducale, Rimini e il Tempio Malatestiano, Ravenna e la Basilica di San Vitale, Ferrara e Palazzo Schifanoia e il tour poundiano avrebbe dovuto proseguire, ma…
Non farò la sinossi del racconto. Né, diversamente dalle altre volte, citerò stralci delle diciotto pagine (incluse dodici fotografie) dedicate a Rimini e al suo Tempio, tra tutti i «luoghi sacri» di Pound certamente il prediletto, come mostrano i Malatesta Cantos (Cantos VIII-XI) e i due Cantos aggiunti dopo il bombardamento del 1944 (LXXII-LXXIII). Non citerò le pagine incantate e ironiche sul Tempio, indubbiamente cosparse di qualche inesattezza storico-artistica, cui fa però da contrappeso l’informazione di una visita di Pound con Laughlin nel Tempio per ispezionarne i restauri, contrariamente alla corrente vulgata che il poeta americano, dopo la liberazione nel 1958 dal manicomio criminale di St. Elizabeth a Washington, sia tornato a Rimini, nel Tempio ricostruito, solo l’11 settembre del 1963 con Olga Rudge per assistere ad un concerto della Sagra Malatestiana.
Tempus Loquendi Tempus Tacendi. Questo silenzio, questa omissione per sollecitare la riconoscenza e la conoscenza. La riconoscenza dei lettori, verso Pound, verso Laughlin, verso Rita Severi e verso Walter Raffaelli. Comprate il libro, costa meno di una dozzina di caffè, acquistatelo nell’atelier di Raffaelli oppure da Mirco nella Libreria Riminese. L’altra, la conoscenza raccomandata, è per gli studiosi locali perché comprendano, attraverso Laughlin e Pound che è stato la figura chiave nella sua vita e nella sua carriera, qual è l’interpretazione corrente del Tempio nel mondo anglosassone, ovvero nel resto dell’universo-mondo, quella guidata dall’intuito e che sa penetrare nei segreti del cuore, e quanto le loro siano davvero minuscole, da puntino sull’Adriatico.
Si svelerà l’erotismo classico del Tempio con le sue magnifiche immagini che fa diventare Laughlin «un Catullo americano», facendogli scrivere per Angelica la poesia, anzi un’epigramma di qualità romana, «Love’s Altar» (poi inserita in The Love Poems of James Laughlin, New Directions, New York 1993). E questi pochi versi che concludono la sua visita riminese sono l’unico strappo alla regola che mi sono dato di nulla citare di Angelica:
L’altare dell’amore
Lascia che mi inchini davanti
all’altare dell’amore lasciami
genuflettere davanti a quel
luogo sacro è inutile
che tu protesti che quel
santuario è naturale
e comune per tutto il tuo
sesso per me è il luo-
go del sacramento quel-
l’altare dove il rito dei
Misteri è messo in atto.
Che grazia ed eleganza in questa lirica! Un riminese deve essere contento che il verdetto di Pound non l’abbia fermato e che Jas abbia più prestato fede ai versi del Canto LXXXI che utilizzava come epigrafe nella sua carta intestata:
Quello che veramente ami rimane,
il resto è scorie
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