Oscurato lo streaming del consiglio comunale di Rimini, ma la “par condicio” non lo prevede

Oscurato lo streaming del consiglio comunale di Rimini, ma la “par condicio” non lo prevede

L'ultima seduta del consiglio comunale non è stata mandata in onda perché secondo palazzo Garampi rientrerebbe fra le attività di comunicazione vietate in periodo elettorale. Ma il Corecom la pensa diversamente. Sorge una domanda: perché tanto zelo nello spegnere l'unico strumento che consente ai cittadini di seguire da vicino e senza filtri l'attività amministrativa, mentre dalla giunta escono comunicati su temi come il reddito di cittadinanza e lo Ius soli?

Dal 25 marzo è in vigore la par condicio. Anche per il Comune di Rimini è scattato l’obbligo di osservare scrupolosamente l’articolo 9 della legge n. 28/2000  che così recita: «Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto, è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quella effettuata in forma impersonale ed indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni». La data di convocazione dei comizi elettorali è appunto quella del 25 marzo, e la data di chiusura delle operazioni di voto è quella del 26 maggio.

Secondo l’amministrazione comunale di Rimini nel divieto di svolgere attività di comunicazione rientrerebbe anche la trasmissione in diretta del consiglio comunale e così ha deciso (pare a seguito di una nota ufficiale del dirigente) di oscurare lo streaming dell’ultima seduta, quella del 26 marzo, probabilmente con l’intenzione di fare lo stesso per tutti i consigli che si terranno fino al 26 maggio. E così non ha mostrato, come avviene di solito, la diretta del consiglio. Non è un particolare insignificante. Il magnetofono, questo il nome del servizio streaming di palazzo Garampi, è forse lo strumento più trasparente a disposizione del cittadino (molto utile anche alla stampa) per seguire da casa, o da qualunque altro luogo, la diretta del consiglio comunale, cuore pulsante della vita amministrativa comunale. Non a caso il servizio è ricompreso fra quelli che favoriscono la democrazia digitale. Tutti i cittadini, grazie al magnetofono, possono andare alla fonte e senza farsi influenzare da filtri di nessun tipo, mettere il naso fra i temi che animano le scelte degli amministratori, seguire il dibattito che si sviluppa fra i banchi della maggioranza e quelli della minoranza. Senza poter accedere allo streaming, invece, bisogna affidarsi ai comunicati ufficiali, quando ci sono, che danno resoconti molto parziali delle sedute.

Ma cosa si intende per comunicazione istituzionale? Fanno eccezione al divieto le attività di comunicazione “effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni”. L’obiettivo che si è posto il legislatore nell’approvare questa norma è stato quello di evitare che l’attività di comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni si intrecci con l’attività di propaganda elettorale e che gli eletti uscenti possano utilizzare una posizione di vantaggio istituzionale, derivante dal loro ruolo di amministratori in carica, rispetto agli sfidanti. Depone in questa direzione anche l’articolo 97 della Costituzione, relativo all’imparzialità dell’azione dei pubblici uffici. In questa ottica sarebbe interessante monitorare la comunicazione delle amministrazioni locali per capire quanto si attengano o meno, soprattutto alcune molto attive in vista del voto di maggio, all’obbligo di evitare la propaganda elettorale (per chi vi incorre sono anche contemplate delle sanzioni). Ma togliere di mezzo il magnetofono che c’azzecca?

L’Agcom si è espressa in maniera molto chiara sul tema: “Alla luce del vigente dettato normativo – articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 288 e legge 7 giugno 2000, n. 1509 – e, secondo la prassi interpretativa dell’Autorità, la trasmissione integrale delle sedute dell’organo consiliare delle amministrazioni locali non rientra, in via generale, nella fattispecie della comunicazione istituzionale e, pertanto, può essere diffusa“.
La Corte Costituzionale, con una sentenza del 2000, ha chiarito quali siano i confini da non travalicare: “evitare il rischio che le stesse (amministrazioni pubbliche, ndr) possano fornire, attraverso modalità e contenuti informativi non neutrali sulla portata dei quesiti, una rappresentazione suggestiva, a fini elettorali, dell’amministrazione e dei suoi organi titolari”. Non è proprio il caso che si verifica con lo streaming del consiglio comunale, che documenta una attività istituzionale punto e basta. Non a caso molti comuni continuano a trasmetterlo anche in questi giorni: da Venezia (seduta di ieri) a Livorno (sempre di ieri), da San Giovanni in Persiceto a Gravina a Marino (26 marzo), solo per citarne alcuni. Non fa eccezione l’assemblea legislativa della Regione Emilia Romagna. E allora? Non è che il Comune di Rimini sia stato colto da un eccesso di zelo?

Abbiamo chiesto come vada interpretata la par condicio in merito alla messa in onda delle sedute del consiglio comunale al Corecom, il Comitato Regionale per le Comunicazioni, che è un organo dell’assemblea legislativa e che svolge anche funzioni delegate dall’Agcom. Sul sito dell’Authority si possono leggere numerosi pronunciamenti che attestano come la trasmissione delle sedute di consiglio comunale non rientri nella comunicazione istituzionale, è così? “Effettivamente sì, a tutti coloro che ci hanno interpellati per sapere se potevano mandare in onda lo streaming del consiglio comunale in periodo elettorale abbiamo sempre risposto di sì, allegando il relativo parere di Agcom”. La propaganda elettorale di solito avviene con altri mezzi ed escamotage comunicativi, difficile che un consiglio comunale si presti a questa finalità. “Anche perché in consiglio comunale c’è una rappresentanza di tutta la compagine politica”, aggiungono dal Corecom regionale.

Comunque la si pensi e qualunque siano le effettive intenzioni, il risultato finale della interpretazione “made in Rimini” della norma sulla par condicio ottiene un effetto distorcente: perché sparisce l’unica fonte oggettiva di informazione a disposizione dei cittadini nel merito dell’attività amministrativa dell’ente pubblico, mentre di certo non si arresta la gragnuola di comunicati stampa che consentono proprio agli amministratori comunali di pontificare anche su temi non proprio indispensabili per l’efficace svolgimento delle funzioni in capo ad una pubblica amministrazione: tipo lo spottino di ieri a cura dell’assessore Mattia Morolli contro il reddito di cittadinanza e quello (26 marzo) pro Ius soli del vicesindaco Gloria Lisi.

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