Piedi e zampe nei carrelli della spesa ai tempi del Covid? Anche no

Piedi e zampe nei carrelli della spesa ai tempi del Covid? Anche no

Era una pratica discutibile anche prima della pandemia. Ma adesso che il virus viaggia veloce e costringe tutti a rispettare norme irrinunciabili di sanificazione, perché negozi e supermercati permettono che bambini e cani vengano trasportati sulle quattro ruote che dovrebbero contenere solo gli alimenti?

Da quando siamo circondati dal virus Covid 19, nei luoghi pubblici le misure igieniche sono incrementate in maniera considerevole. Ovunque, sia all’ingresso che all’uscita di banche, negozi, uffici pubblici e privati si trovano avvisi che mettono in guardia dai pericoli del contagio. Dispenser per igienizzare le mani, guanti usa e getta e mascherine non sono più il frutto proibito (come prezzo) dello scorso anno, agognato da chi si avventurava nel pirandelliano “rimescolìo” quotidiano di persone potenzialmente contagiose. Ora, le mascherine sono l’imprevista normalità.

La pandemìa ha costretto alla sospensione delle loro funzioni, musei, teatri, cinema, stadi e svariate altre attività. Troppe. Nelle biblioteche, quando non sono completamente chiuse, la possibilità di frequentazione è ridotta ai minimi termini, negli istituti bancari si entra solo su prenotazione. Idem dai medici di famiglia e solo se strettamente necessario, mentre in molte strutture come aeroporti, Comuni, tribunali e ospedali, all’ingresso ti sparano un raggio in fronte per prenderti la temperatura. Non ne funziona mezzo, ma il brivido del colpo tra le corna è inevitabile. Dunque, siamo tutti molto più attenti all’igiene. Abbiamo dovuto capirlo a nostre spese, ma adesso l’attenzione alla pulizia è certamente maggiore di prima.

Nei vocabolari il concetto di igiene è generalmente indicato come “il complesso delle norme relative alla pulizia personale o degli ambienti”. Dunque, il carrello della spesa che adoperiamo al supermercato va considerato “l’ambiente” in cui si ripongono i generi alimentari che poi consumeremo a casa. E al supermercato, a prescindere dalla pandemìa, esigiamo di acquistare alimenti con confezioni pulite da mettere in un contenitore, se non proprio asettico, ma che abbia un grado di nettezza almeno accettabile. Sembra il minimo che si possa chiedere, giusto?
Eppure, ci sono persone che dell’igiene se ne fottono. Specialmente se trattasi di quella altrui. Dico questo perché ho una serie di fotografie scattate in gran parte all’interno di un centro commerciale di cui, ovviamente, non faccio il nome. Quale sia il problema è presto detto. Alcuni avventori adoperano i carrelli del reparto alimentare per trasportare indifferentemente alimenti, bambini, cani. In qualche caso, bambini, animali e cibo tutti insieme, allegramente. Non sfugge a nessuno che le suole delle scarpe, nate per stare a contatto con il terreno, calpestino di tutto. Compreso lo sterco. Oggi che la popolazione canina è aumentata a dismisura, l’eventualità di avvertire sinistri spiaccichii non è da sottovalutare. E il consolatorio detto che pestare una cacca porta fortuna? Qualcuno sarà diventato milionario. Quando è capitato a me, farlo ha portato solo fetore, raffiche di accidenti e penosi lavaggi. Comunque sia, se esiste qualcosa di sporco, sono le suole delle scarpe. Quanto ai cani, le loro suole, salvo rare, patologiche deformazioni di qualche loro padrone, dovrebbero essere le zampe.

Sul web c’è gran fermento intorno al mondo cinofilo, ultimamente in grande voga. Sul sito “migliorprodotto.net”, nella sezione dedicata ai cani, oltre a calzature utili in caso di disabilità motoria, ferite ecc., per le quali non si può che condividerne l’utilità, si legge che “tra le scarpe per cani più indicate ci sono sicuramente quelle da pioggia, realizzate con una struttura impermeabile che non fa penetrare l’acqua durante i giorni piovosi. In questo modo il cane sarà libero di camminare spensieratamente anche in caso di temporali”. Per evitare querele, mi astengo dal commentare l’avverbio “spensieratamente”. A chi avesse invece voglia di rendersi conto del punto in cui si è arrivati, basta fare una rapida ricerca sul web. Si trovano scarpette, gioielli, cappottini invernali, vestiti estivi, fino ad arrivare a disgustosi abitucci da sposa/o. Accessori del genere sono ben intonati ai disorientati proprietari che tendono a umanizzare fino all’estremo limite il proprio animale. C’è chi arriva addirittura a farli dormire con sé sotto le lenzuola. Sono fatti suoi. Ognuno è libero di scegliere la propria compagnia notturna dalla pelle più o meno levigata, villosa o perfino pelosa e decidere anche di portargli il caffè a letto, al mattino. I gusti non si discutono.

In centro a Rimini e anche altrove, si vedono persone con il cane nel passeggino. Ribadisco, affari loro. Ma al supermercato, nel carrello della spesa in cui si mette frutta, pane, broccoli e mele, pensare ci sia il rischio che poco prima siano state strusciate suole di scarpe o zampe luride e bave, culi e maroni di cani, se permettete, sono cavoli anche nostri. E dire che i siti specializzati in animali da compagnia sono i primi a raccomandare che nella vita di tutti i giorni “è importante tenere pulito e, ove possibile, disinfettare tutti gli accessori in uso al cane o ai cani. Lavare spesso le mani, dopo aver toccato il cane, facendo particolare attenzione ai bambini perché sono soliti portare le mani alla bocca”. Indicazioni di elementare buon senso. Non è necessaria una laurea in veterinaria. Come non ne serve una in biologia o in medicina per capire che le suole delle scarpe, siano esse di numero 28 o 48, sono mediamente un ricettacolo di sozzerie di varia natura (non escluso il Sars-Cov-2), tanto che l’Istituto Superiore di Sanità, pur in assenza di prove certe, raccomanda che “è possibile che il virus sia presente sulla suola e possa essere portato in casa”. E quanto alle zampe “è possibile, al rientro a casa, lavare le zampe del cane con acqua e sapone, analogamente a quanto facciamo con le nostre mani, avendo cura di asciugarle bene e comunque è opportuno evitare di farlo salire con le zampe su superfici con le quali veniamo a contatto (ad esempio su letti o divani)”. Figuriamoci se sia concepibile che entrino in contatto con le confezioni dei cibi. Da vero rompiballe seriale, me lo dico da solo così anticipo inevitabili commenti di detrattori e falsi cinofili dell’ultima ora, tempo fa ero andato a parlare con la direzione del centro commerciale per segnalare l’uso bizzarro dei carrelli. Ma contromisure non ne ho mai viste. Solo la sconsolata apertura di braccia dei vigilanti, ogni volta che ho indicato loro qualcuno con il carrello/trasportino di bambini o cani. Questo fino a pochi giorni fa.

Vedo passare una disinvolta signora con due cani nel carrello della spesa. La supero di qualche metro, poi mi giro e fingo di armeggiare con la tastiera del telefono. La fotografo. Vado a riprendere il cappotto e dei fogli che ho lasciato su una panchina quando ho iniziato il pedinamento. Torno a cercarla, ma non la rintraccio più. Mostro la foto del trio al giovane addetto che impacchetta borse e borsette a un ingresso del supermercato. Dal ragazzo apprendo con piacere che pochi minuti prima, alla signora che pretendeva di entrare con l’intera “equipe” al seguito, aveva negato senza mezzi termini l’ingresso al supermercato. Indispettita, pare che la dama se ne sia andata via con la “coda dritta”.
Auguriamoci che il rifiuto del ragazzo sia il primo segnale di un deciso cambio di passo.

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