Ancora una presa di posizione su Carim e Fondazione. Viene da due soci espressione di altrettante storiche famiglie riminesi che hanno partecipato al
Ancora una presa di posizione su Carim e Fondazione. Viene da due soci espressione di altrettante storiche famiglie riminesi che hanno partecipato all’originaria costituzione della Cassa di Risparmio di Rimini. Parafrasando Cicerone, anche il loro suona come un rimprovero diretto soprattutto al presidente dell’ente di Palazzo Buonadrata: “Quousque tandem, Pasquinelli, abutere patientia nostra?”
Forse il fatto di appartenere a due famiglie che da generazioni sono socie della Cassa di Risparmio prima, e della Fondazione poi, ci rendono particolarmente sensibili al futuro di queste due istituzioni.
Le recenti notizie relative a Banche e Casse di Risparmio a noi vicine con le gravissime conseguenze per risparmiatori e azionisti, stanno creando in tutta Italia preoccupazione e sgomento. E noi?
Assistiamo a una sorta di distrazione dalle problematiche riguardanti il futuro e della Banca e della Fondazione.
E’ una vera e propria congiura del silenzio perpetrata dai vertici dei due Istituti.
Non sono serviti i toni preoccupati di alcuni rappresentanti della Fondazione e della società riminese per scuotere l’apparente torpore di chi dovrebbe fornire risposte e avanzare proposte per il salvataggio della Banca.
Non è servita l’ultima relazione degli ispettori di Banca d’Italia in gran parte secretata agli occhi dei più per spingere i vertici della Fondazione a promuovere con chiarezza gli indirizzi per la salvaguardia del proprio principale asset e dunque della sua stessa sussistenza.
Neppure sono state sufficienti le allarmate parole di Alfonso Vasini che ha messo in evidenza come la banca Carim, anche in conseguenza delle perdite registrate nel primo semestre del 2015, corre il concreto rischio di un progressivo depauperamento del proprio patrimonio.
Componenti del Consiglio Generale in separata sede ci confidano di essere completamente tenuti all’oscuro di qualsivoglia trattativa o ipotesi sul futuro della Banca.
Componenti del Consiglio di Amministrazione, Sindaci Revisori e da ultimo lo stesso Direttore Generale danno le dimissioni e nessuno spiega o giustifica.
Cos’altro dovrà accadere per costringere il Presidente Pasquinelli a informare per lo meno i Soci dell’Assemblea, l’organo più numeroso e dunque più qualificato della Fondazione, di cosa bolle in realtà in pentola? Cioè di cosa si sta trattando con consulenti, probabilmente interessati, e con altre fondazioni e altre banche al fine di rilanciare lo sviluppo della ancora principale banca del riminese?
Fino a quando sarà accettabile un simile atteggiamento? Fino a quando i Soci della Fondazione dovranno sopportare un simile stato di cose, quasi una presa in giro dell’indispensabile dovere di informazione e di coinvolgimento del primo organo statutario dell’Ente?
Chissà quanti soci si sono posti queste domande? E magari si sono dati delle risposte.
Se non l’avessero fatto, sarà bene che incomincino a pensare di salvaguardare almeno il proprio ruolo di ideali prosecutori dell’originaria compagine sociale che quasi due secoli fa ha dato origine alla Cassa di Risparmio di Rimini per non doversi vergognare di se stessi.
Giuseppe Pecci
Pietro Palloni
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