“A Rimini è venuta a meno l’economia di un certo target, la situazione è abbastanza drammatica”

“A Rimini è venuta a meno l’economia di un certo target, la situazione è abbastanza drammatica”

Anche se si vorrebbe credere nel nuovo Rinascimento, almeno in quello circoscritto al centro storico, i fatti costringono ad aprire gli occhi. Gimmi Baldinini se ne va dalla storica sede di Corso d'Augusto e ne spiega le ragioni. Che fanno riflettere.

Rimini si è impoverita. “Le cose importanti non si vendono, o comunque non si spendono soldi per le scarpe. E soprattutto se ne sono andati i russi, quelli con i soldi. A dire il vero nella nostra città è venuta a meno l’«economia della moda». Quella non c’è più. Una volta qui si vendevano scarpe belle che costavano. Già a livello basso si vende poco, alto nemmeno a pensarci”. Lo dichiara oggi Gimmi Baldinini (foto dalla prima pagina del Carlino Rimini) ad Alessandra Nanni. Dopo tre decenni lascia il negozio di Corso d’Augusto.

“I tempi cambiano”, dice lui. Sono cambiati anche per Rimini. “E anche noi dobbiamo andare dove si vende, e io per l’80 per cento vendo all’estero. Senza contare l’online. Adesso la gente compra le scarpe su internet, certo non è come entrare in negozio e misurarsele, ma dobbiamo per forza stare al passo con i tempi”.
Gli “piange il cuore” chiudere quel negozio, elegante, bello, nel cuore della città. Ma in passato i riminesi spendevano, poi c’era un turismo di un certo livello. Anche il turismo danaroso è venuto meno: “Niente russi, niente soldi. Qui vengono i russi ‘poveri’, a Milano ci vanno quelli ricchi. E anche il fatto che al Fellini ci siano pochi voli che fanno la spola dalla Russia, ha fatto la sua parte. O comunque non ce ne sono abbastanza”.

Baldinini va al sodo: “E’ inutile negarlo, qui è venuta a meno l’economia di un certo target, la situazione mi pare abbastanza drammatica. Per quanto mi riguarda ho cercato davvero di resistere, di tenere aperto il negozio di Corso d’Augusto, ‘il mio negozio’. Ma quando i conti non tornano più, per quanto ci si provi alla fine bisogna arrendersi e chiudere. Anche se in questo caso lo fai davvero con la morte nel cuore. Hai quasi la sensazione di buttare via tutto”.

Per lui lo scenario è il mondo, nel quale non mancano le città “dove si vende molto bene”. Baldinini è già presente in molte nazioni, probabilmente ne aggiungerà altre alla lunga lista, parla di Barcellona e Maiorca.
Si aprono incertezze per i dipendenti (“vedremo se potremo impiegarli da qualche altra parte, ma nel caso dovranno comunque spostarsi. Perché per quanto dispiaccia, non c’è niente da fare”), mentre quelle che riguardano Rimini sono da tempo aperte, anzi spalancate, e un po’ tutti i “decisori” fanno finta di non vederle. O non mettono in campo reazioni proporzionate.

Rimini si è impoverita e in questa stagione della sua storia ha scelto di ballare sull’orlo del precipizio, puntando quasi tutto sull’apparenza. Tranne quel sotto, come ama dire il primo cittadino, che si chiama piano di salvaguardia della balneazione, tutto il resto pare fermarsi sopra. Va detto con rispetto perché pure in superficie quattro cose sono state fatte. Ma seguendo un fil rouge che, chi da sempre siede nella stanza di comando a palazzo Garampi, non riesce a spezzare.

Però i conti non tornano. Nelle dichiarazioni ce la giochiamo con le capitali europee, nei fatti no. “Qui è venuta a meno l’economia di un certo target, la situazione mi pare abbastanza drammatica”. Non lo dice qualcuno dell’opposizione. Lo sostiene un imprenditore. Che con rammarico lascia Rimini.
Si sono letti per mesi lunghi pistolotti a pagine affiancate che tentavano di convincere i riminesi che l’apertura del teatro Galli e del Fulgor avrebbero rimesso in moto l’economia di Rimini. Ora si attende il Museo felliniano. L’economia di una città è qualcosa di più complesso e sotterraneo, non tutta figlia di scelte giocate a livello locale, naturalmente, ma una percentuale di iniziativa made in Rimini dovrà pur esserci. E qualcuno (non solo gli amministratori comunali, ma anche il mondo imprenditoriale, l’università e tanti altri) prima o poi dovrà capirlo e mettersi al lavoro. Non sono mancate voci chiare al riguardo, ma sono state voci che hanno gridato nel deserto: “Rimini sta investendo molto nel recupero del patrimonio storico, ma un centro storico morto non valorizzerà questi investimenti”. Era il 4 ottobre 2017 quando il prof. Attilio Gardini diceva queste ed altre verità.

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