Acer Rimini: danno erariale di oltre 222 mila euro per il licenziamento dell’ex direttore Carboni

Acer Rimini: danno erariale di oltre 222 mila euro per il licenziamento dell’ex direttore Carboni

Il caso è stato citato dal Procuratore regionale della Corte dei Conti nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario 2018: sarebbe stata necessaria "una ben maggiore ponderazione" da parte del cda. L'illegittimo licenziamento, che risale al 2014, fu riconosciuto dal Tribunale di Rimini e confermato dalla Corte d'Appello di Bologna nel 2015 per 25 mensilità all'ex direttore generale. Ma il Procuratore menziona anche un altro danno erariale contestato ad Acer: emolumenti del cda per oltre 89 mila euro.

“La delicatezza e la rilevanza strategica per l’azienda della decisione di recedere dal rapporto di lavoro con l’ex direttore generale avrebbe dovuto indurre i membri del consiglio di amministrazione ad una ben maggiore ponderazione delle modalità procedurali del recesso datoriale, con conseguente obbligo di istruire in modo approfondito l’intera vicenda, effettuando una ricognizione della giurisprudenza del lavoro (come sembra sia stato svolto per l’istituto dell’indennità di mancato preavviso) o ricorrendo in proposito alla consulenza di un legale nell’adozione del provvedimento espulsivo. Il danno erariale prospettato è risultato pari a € 222.609,97, corrispondente al risarcimento dei danni corrisposti dall’ACER all’ex Direttore generale, in forza dell’accertamento giurisdizionale definitivo, e alle spese di giudizio derivanti da soccombenza”. Così il Procuratore regionale Carlo Alberto Manfredi Selvaggi alla inaugurazione dell’anno giudiziario 2018. Nella sua relazione del 16 febbraio ha ricordato, fra le fattispecie significative in materia di danni indiretti, anche il caso che tanto ha tenuto banco sulla stampa di Rimini.

Circa due anni fa Carboni ebbe la meglio sull’Acer davanti alla Corte d’Appello di Bologna che confermò la sentenza del Tribunale di Rimini sul suo illegittimo licenziamento, che risaliva all’agosto del 2014. L’indennizzo riconosciuto dal Tribunale di Rimini era stato di otto mensilità mentre la Corte d’Appello ne riconobbe 25, per un totale di 200 mila euro. Carboni non si fermò e segnalò il danno erariale alla Corte dei Conti.

Franco Carboni

“Il vizio di illegittimità dell’atto datoriale attiene alla violazione delle fondamentali garanzie di contraddittorio e difesa ex art. 7 della legge n. 330 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori). Il comportamento concretamente adottato dai membri del consiglio di amministrazione p.t. di ACER è risultato caratterizzato da dolo di gestione, alla luce della pacifica e non contestata in giudizio da parte di ACER (come accertato con sentenza del Tribunale di Rimini) censura di illegittimità – mossa dal ricorrente – del licenziamento per violazione delle garanzie procedimentali ex art. 7 dello Statuto dei lavoratori. Il c. 1 dell’art. 115 c.p.c. dispone: “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, nonché i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita”. Il contegno processuale assunto dall’ACER ha valore confessorio dell’omessa instaurazione della rituale procedura disciplinare nei confronti del lavoratore licenziato (essendo stata omessa la comunicazione di contestazione di addebiti) e, di conseguenza, dell’invalidità dell’atto di recesso posto in essere, con le conseguenze risarcitorie derivate”, ha spiegato il Procuratore regionale. Che ha poi ricordato come “in via subordinata, la Procura regionale ha evidenziato i seguenti indici di colpa grave in capo a membri dell’organo di amministrazione aziendale: 1) posizione verticistica e manageriale rivestita dai componenti del consiglio di amministrazione di ACER, a dimostrazione delle competenze e conoscenze concretamente esigibili dai medesimi, al fine di evitare un grave nocumento patrimoniale per l’azienda pubblica; 2) la gravità della violazione derivante dalla omessa procedura disciplinare prescritta dall’art. 7 Statuto dei Lavoratori; 3) la mancanza di oscurità interpretative della normativa nazionale, alla luce dell’univoco e consolidato orientamento giurisprudenziale; 4) la dimostrazione, evincibile dal testo della delibera, che i componenti dell’organo di amministrazione dell’ACER avevano effettuato una previa ricognizione del quadro giurisprudenziale in materia di licenziamento per giusta causa del dirigente, rilevabile dall’affermazione dei medesimi di conoscere la giurisprudenza del lavoro in materia di indennità da mancato preavviso: “…che nulla è dovuto al Direttore Generale a titolo di preavviso, dal momento che l’art. 35, comma 11, del Contatto Collettivo Nazionale CISPEL per i dirigenti con contratto a termine rimette alla contrattazione e regolamentazione individuale la durata del periodo di preavviso a tempo determinato, il contratto individuale nulla dice in merito al preavviso in caso di risoluzione del contratto ed atteso che, in ogni caso, si tratta di risoluzione del contratto per giusta causa, in relazione alla quale fattispecie, anche ai sensi della più recente giurisprudenza, non è dovuta l’indennità di preavviso a maggior ragione trattandosi di contratto a tempo determinato…”; 5) la delicatezza e la rilevanza strategica per l’azienda della decisione di recedere dal rapporto di lavoro con l’ex direttore generale avrebbe dovuto indurre i membri del consiglio di amministrazione ad una ben maggiore ponderazione delle modalità procedurali del recesso datoriale, con conseguente obbligo di istruire in modo approfondito l’intera vicenda, effettuando una ricognizione della giurisprudenza del lavoro (come sembra sia stato svolto per l’istituto dell’indennità di mancato preavviso) o ricorrendo in proposito alla consulenza di un legale nell’adozione del provvedimento espulsivo”.

Il consiglio di amministrazione dell’Acer all’epoca era formato dal presidente Cesare Mangianti, dal vice presidente Carlo Alberto Celli e dal consigliere Stefano Stargiotti. Nel bilancio 2015 dell’Acer si poteva leggere: “Si segnala unicamente che nel corso dell’esercizio si è concluso il giudizio dinanzi alla Corte di Appello di Bologna inerente al provvedimento di licenziamento dell’ex direttore generale, giudizio che ha visto l’Ente soccombente. Con la sentenza è stato stabilito l’obbligo dell’Ente di corrispondere un risarcimento danno pari alle mensilità mancanti alla conclusione del rapporto, indennizzo pari ad Euro 136 mila oltre alla refusione delle spese di lite. Va dato atto che le funzioni del direttore generale sono state assegnate a funzionario già in forza all’Ente e senza ricorrere ad una nuova assunzione in sostituzione. In merito a ciò le attività svolte dal Collegio sono riassunte nel verbale del 29 febbraio 2016, agli atti della revisione”.
Carboni è stato direttore generale Acer dal 2006 al 2013, ma era entrato nello Iacp come vice presidente (presidente era Tiziano Arlotti) già nel 1997 e presidente nel 1999, quindi era stato a capo dell’Istituto Autonomo Case Popolari fin dalla sua nascita, ma era stato anche fondatore e primo segretario del Sunia della provincia di Rimini.

L’Acer è citata nella stessa relazione anche per la contestazione di un altro danno erariale: “Da evidenziare è anche il Giudizio introdotto da questa Procura relativamente all’illecito e indebito incameramento di compensi da parte dei componenti p.t. del Consiglio di amministrazione di ACER- Azienda Casa EmiliaRomagna di Rimini, ente pubblico economico, a seguito dell’azzeramento dei medesimi emolumenti e la contestuale trasformazione del rispettivo rapporto di lavoro, da oneroso a gratuito, derivante dall’entrata in vigore dell’art. 1, comma 84, della L. n. 56 del 2014 (legge c.d. Delrio), recepito in forza di un rinvio dinamico contenuto nell’art. 11, comma 2, dello Statuto aziendale. Sono stati chiamati in giudizio diversi soggetti in relazione al rispettivo status professionale e alla competenza, rispettivamente, di amministrazione attiva o di controllo. Il danno erariale contestato è pari a tutti gli emolumenti conseguiti dai componenti del C.d.A.: € 89.139,66 (eccettuati i contributi previdenziali, assistenziali e i rimborsi spese)”.  Anche la vicenda della indennità di carica fu sollevata da Carboni.

Il commento dell’ex direttore Acer è lapidario: “Mi fa piacere vedere, purtroppo col senno di poi perché sono trascorsi quasi quattro anni, che avevo ragione, è stata commessa una ingiustizia nei miei confronti e una lesione delle leggi e delle regole che un pubblico amministratore deve rispettare. Spero che serva come esempio affinché altri amministratori non commettano gli stessi errori. Per me è stato comunque un calvario, quando fui licenziato ero nel pieno delle forze, il lavoro mi piaceva, ci ho sempre messo passione e impegno”.

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