"Incalza, che è stato al ministero per anni e ha lavorato con tutti i ministri, tranne Di Pietro, è stato il padre della legge obiettivo". E' il ritra
“Incalza, che è stato al ministero per anni e ha lavorato con tutti i ministri, tranne Di Pietro, è stato il padre della legge obiettivo”. E’ il ritratto che dell'”Ercolino” delle grandi opere ha fatto Maurizio Lupi, che si è dimesso oggi da ministro delle Infrastrutture.
Incalza è finito in manette nell’inchiesta “Sistema” coordinata dalla procura di Firenze che si sta rivelando un gigantesco terremoto politico. Un sistema affaristico-criminale, secondo le carte dei magistrati, quantificato in un “guadagno illecito transitato negli undici anni dell’era Incalza che oscilla tra i 250 e i 750 milioni”. Cinquantuno indagati e 4 arresti. Tutto ruota attorno alla gestione illecita degli appalti delle cosiddette grandi opere, appunto.
Quando Antonio Di Pietro allontanò Incalza dai gangli di comando (ma la lontananza durò poco) a lamentarsi furono – ha detto lo stesso ex pm di mani pulite – politici di entrambi gli schieramenti. Chissà perché?
Dice niente la legge obiettivo? Ha generato un figlio anche in provincia di Rimini, che risponde al nome di Trc.
Con delibera Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) n.121 del 2001, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 21 marzo 2002, in attuazione della legge 21 dicembre 2001 n. 443 (la cosiddetta legge obiettivo, appunto) la metropolitana di costa venne inserita fra gli interventi di valenza strategica nazionale, fra i quali una decina in tutta Italia sono adesso sotto la lente dei magistrati.
La legge obiettivo equivale ad una corsia preferenziale e prioritaria. Ora viene criticata anche da autorevoli esponenti politici: “È proprio da quella legge che negli ultimi vent’anni è nata la gran parte dei guai degli appalti per le grandi opere pubbliche”, ha detto il presidente dei senatori Luigi Zanda. “Se, oltre alle sanzioni giudiziarie, vogliamo anche cercare di prevenire la corruzione, la legge obiettivo va cambiata nella sua logica e nel suo punto centrale. È un grave errore aver affidato alle imprese appaltatrici anche la progettazione delle opere e la direzione dei lavori. Con queste regole e con questa gigantesca concentrazione di poteri, non c’è da stupirsi se nei grandi appalti i contenuti progettuali ed il controllo dell’andamento dei lavori possono essere piegati ad interessi economico-industriali”.
Anche il Trc, che non è nemmeno sfiorato dall’inchiesta, risponde al meccanismo: Agenzia Mobilità è stazione appaltante, soggetto realizzatore dell’opera insieme ai vari enti, e siede coi Comuni al tavolo del Comitato di coordinamento. Agenzia Mobilità è anche il soggetto che tiene i rapporti, in una sorta di esclusiva, con la struttura tecnica di missione del ministero.
Al famoso “tavolo” che si è riunito il 9 luglio scorso al ministero delle Infrastrutture, il sindaco di Riccione Renata Tosi aveva sbattuto anzitutto contro il muro della alleanza di ferro fra Incalza e l’assessore regionale Peri, rimanendo isolata con la sua variante al progetto, sola contro tutti.
Alfredo Peri, grande sostenitore del progetto del metrò di costa, e che con Errani aveva messo radici alla guida dell’assessorato regionale ai trasporti, figura fra gli indagati dell’inchiesta sulle grandi opere. Non è il Trc a creargli guai giudiziari, però: il reato ipotizzato è la tentata induzione a dare o promettere utilità in concorso con Perotti e Incalza, in relazione all’incarico da direttore dei lavori al primo (in carcere pure lui, che la stampa in questi giorni definisce “il re delle direzioni lavori e presunto facilitatore del potente manager del ministero delle Infrastrutture”) da parte di Autostrada regionale Cispadana Spa. “Io sto qua, ti abbraccio”. Così Incalza saluta Peri in una delle conversazioni intercettate, quando l’assessore chiama il dirigente del ministero per chiedere: “Cispadana la metti nella legge di stabilità?”.
Nella rete della maxi inchiesta è finita anche Italiana Costruzioni (per gli inquirenti ci sarebbe di mezzo la gara pilotata da Antonio Acerbo, a favore di Italiana Costruzioni, alla guida di un’Ati che ha vinto la commessa per la costruzione del “Palazzo Italia” all’interno di Expo) che nel 2007 si aggiudicò l’appalto per la progettazione esecutiva e la realizzazione del Trc con un’Ati composta da Italiana Costruzioni nel ruolo di capogruppo e poi Balfour Beatty Rail spa e Teknosonda srl. Italiana Costruzioni smentisce ogni addebito e rimarca “la propria totale estraneità ai fatti al centro dell’indagine della Procura di Firenze”.
Nei giorni scorsi la presidente di Agenzia Mobilità, Roberta Frisoni, si è affrettata a sottolineare, a seguito dello tsunami “grandi opere”, che il Trc non è coinvolto e che è da escludere qualsiasi implicazione sull’opera, che prosegue la sua corsa, iniziata nei primi anni 90, fra mille traversie. Ed è oggettivamente così. Il Trc continua ad essere spinto in avanti contro tutto e contro tutti, addirittura fino alla nomina di un commissario ad acta. La sua corsa deve inesorabilmente continuare. Ma la terra sulla quale si va costruendo il Trc, stavolta, ha tremato.
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