Botta e risposta sul Trc, Gambini: “Poteva essere una risorsa, è stata malamente sprecata”

Botta e risposta sul Trc, Gambini: “Poteva essere una risorsa, è stata malamente sprecata”

L'intervento di Sergio Gambini pubblicato il 23 luglio è stato molto letto ed ha provocato qualche reazione. Qui di seguito i commenti che due lettor

L’intervento di Sergio Gambini pubblicato il 23 luglio è stato molto letto ed ha provocato qualche reazione. Qui di seguito i commenti che due lettori hanno postato sulla pagina facebook di Rimini 2.0 e la risposta di Gambini.

“Gambini affronta la complessità della nuova rifondazione senza entrare nelle querelles dei cultori domenicali del ‘problema riminese’. Anche qui non anticipo le considerazioni, tutte di merito, che egli svolge in favore di una scelta cui manca ancora l’interazione di alcuni fattori, cui voglio appena accennare in rapido elenco: (…). Ancora: una metropolitana costiera a cielo aperto, da Bellaria a Cattolica, che soccorra la congestione estiva del comprensorio marino alleggerendone il movimento e facilitandone la durata”, Sergio Zavoli, prefazione a “Più grande e più bella-Rimini 1948-1958: i comunisti che scoprirono la capitale europea del turismo” di Sergio Gambini, Pietroneno Capitani editore, Rimini, 2005. Son passati dieci anni, non un secolo, e se Zavoli poteva inserire nella prefazione, senza scandalo e rifiuto dell’Autore, credo, tra le priorità assolute della riviera una “metropolitana costiera”, dieci anni dopo questo progetto è diventato un incubo? Cos’è successo in questi dieci anni? Lo chiedo senza intenti polemici. Il turismo è finito? Sono spariti traffico e inquinamento? Non sono più battaglie fondamentali? Il lungomare di Riccione che percorro quotidianamente, invivibile tra auto, corriere, bus 11, camioncini, scooter, biciclette, pedoni, va bene cosi? Han chiuso lo Slego e la Dimar e con la loro chiusura sono svanite le necessità concrete e materiali di cui ho parlato? Veramente!?

Roberto Romagna

Dall’epoca in cui fu pensato il progetto sono cambiate diverse cose e i problemi più contingenti sono altri. il turismo di massa non c’è più e le cause sono da ricercare nei soliti punti deboli: mare, aeroporto, offerta turistica per un pubblico di qualità, furti, rapine e degrado sociale (clandestini senza fissa dimora che delinquono). In certe zone e in certi orari marina centro e non solo diventano off limits.

Alessandro Pesaresi

Non c’era bisogno di scomodare Sergio Zavoli, che ancora ringrazio per le belle parole che mi ha regalato come introduzione al mio piccolo libro di dieci anni fa, ma evidentemente non sono riuscito a fare percepire nel mio articolo, scritto con un intento di testimonianza sul filo della memoria e senza obiettivi politici, il mio stato d’animo nei confronti del TRC. La ringrazio perciò perché mi consente, rispondendole, di essere più chiaro.
Nei diversi ruoli politici ed amministrativi che ho ricoperto da metà degli anni’80, mi scusi se sarò questa volta immodesto, sono stato uno dei maggiori e più convinti responsabili dell’inserimento nella pianificazione pubblica e del successivo finanziamento nazionale della metropolitana di costa.
Non ne sono affatto pentito. Sono invece ferocemente arrabbiato per come quell’impegno tenace che ho condiviso con altri, Giuseppe Chicchi per primo, che aveva raggiunto un decisivo traguardo nel 1997 (diciotto anni fa!), sia stato malamente sprecato negli anni successivi.
Errori tecnici e politici hanno incredibilmente dilato i tempi di realizzazione e compromesso le disponibilità finanziarie allora ottenute, collocando l’opera fuori dal contesto di assetti territoriali, di pianificazione e di programmazione economica, che ne avevano visto l’ideazione.
Errori nei bandi di appalto, interminabili rivisitazioni del progetto, perdita di una parte dei finanziamenti nazionali, sbagli nella scelta delle tecnologie, incapacità di concertare a livello territoriale e politico il necessario sostegno ad un’opera comunque abbastanza invasiva. Tutto ciò si è sommato al mutare della matrice urbana che il tempo e gli eventi, a causa dell’agire umano, normalmente determinano.
Ha capito che non penso allo Slego di Viserba, penso al tragico errore di avere realizzato due grandi palazzi dei congressi in concorrenza fra loro a Rimini e a Riccione, alla rincorsa campanilista ancora in atto per duplicare infrastrutture e servizi (anche di palazzi del nuoto c’è davvero bisogno di averne due?), al drastico ridimensionamento del Fellini, alla insensata perdita di un’ottica di area-sistema che si è consumata negli ultimi lustri.
Sono tutti fattori che hanno radicalmente cambiato il contesto nel quale pensare la mobilità costiera e che avrebbero dovuto spingere ad un ripensamento del tema che, sono d’accordo con lei, rimane comunque decisivo per la qualità del vivere nella grande città della riviera.
Priorità a casa mia significa una cosa precisa, che le scarse risorse disponibili vanno concentrate, difese, e celermente impiegate, possibilmente prevedendo gli sviluppi futuri dell’economia e della società.
Il mondo purtroppo cambia in fretta e nella società del web, ancora di più. La pianificazione e la programmazione pubblica dovrebbero tenerne conto. E’ questo che fa la differenza tra la buona amministrazione e quella cattiva.
Per fare un esempio, quanti congressi da migliaia di persone come quelli che abbiamo conosciuto negli anni ’80, vedremo nei prossimi decenni? Converrà con me perciò che se oggi dovessimo posare la prima pietra di un palazzo dei congressi, ne faremmo uno solo, più piccolo e più tecnologico. Era davvero impossibile esserne consapevoli? I tanti soldi spesi, che gravano pesantemente sui bilanci degli enti pubblici, non potevano essere usati più utilmente, magari proprio per accelerare il TRC? Lo sappiamo, la coperta è quella, la priorità se la tiri da un lato…
E’ vero, molto probabilmente il punto di non ritorno è ormai stato superato e chi ha sostenuto il TRC oggi non può fare diversamente da quello che sta facendo. Però così non mi piace, nessuno può vivere perennemente in trincea senza guardare ai pericoli che sono presenti. Credere, obbedire e combattere, non è mai stato uno slogan di mio gradimento.
Si ricorda cosa hanno detto i vertici del TRC a proposito della tecnologia scelta quando più di uno avvertiva che non funzionava e che dove era stata usata stavano già tornando indietro? Quegli avvertimenti erano bollati come clamorose falsità, eppure qualche mese dopo, l’impresa detentrice della tecnologia da noi scelta è miseramente fallita.
Allora possiamo credere ai conti traballanti che sono stati presentati in modo molto approssimativo? Possiamo essere certi che dallo Stato e dalla Regione arriveranno i molti soldi che ancora mancano? Possiamo immaginare che il comune di Rimini, impegnato nei debiti del Palacongressi e nello sforzo finanziario per il nuovo sistema fognario, possa riuscire a colmare i buchi?
Non appartengo alla tribù dei gufi, purtroppo però ho già avuto la disgrazia di avere ragione sull’aeroporto e perciò, per uno come me che vive senza paraocchi, avvertire che non si può finire come Perugia, in questa situazione, mi sembra sinceramente il minimo sindacale.
Non ho da molto tempo responsabilità politiche, non spetta a me trovare le soluzioni, non ho purtroppo neppure la possibilità di valutare dati trasparenti che mancano, a suonare il fischietto, come dicono gli americani, però non rinuncio, perché spero che serva alla comunità alla quale appartengo.
Se poi, come mostra, ha la curiosità di verificare la coerenza delle persone, può ricercare sul sito del Piano Strategico di Rimini la mia intervista del 2010.
Infine devo ammettere che a volte il gusto del racconto mi tradisce e mi scuso se le può essere apparsa superflua la rapida ricostruzione del fervore della cultura giovanile negli anni in cui venne pensata la metropolitana di costa. Sarò di vecchia scuola, ma rimango convinto che le idee e la loro narrazione possano avere una grande forza e che anche un manufatto di pietra per stare in piedi abbia bisogno di essere riconosciuto ed entrare nel cuore di coloro che lo useranno.
Mi è piaciuto ricordare perché il fervore di allora scaturiva dalla società civile, senza bisogno di patronage e finanziamenti pubblici.
Quando si parla di cultura, soprattutto di quella di massa, la cosa che più temo è la voglia del pubblico di farsi impresario. La tentazione dei circenses, in questo caso, è sempre dietro l’angolo, ma quella roba lì ha poco a che fare con i manufatti di pietra, al massimo può sostenere un tendone da circo.

Sergio Gambini

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