Braccio di ferro nelle aule di giustizia fra Comune e Classic Club

Braccio di ferro nelle aule di giustizia fra Comune e Classic Club

Il locale Arci contesta l’ordinanza di demolizione degli abusi edilizi e per l'1 giugno ha fissato il via alla stagione estiva.

L’amministrazione Gnassi continua il braccio di ferro nelle aule giudiziarie con il Classic Club, una vicenda che si trascina dagli anni Novanta con un continuo rimpallo di udienze, dal Tar al Consiglio di Stato, al tribunale.
L’ultimo strascico della vicenda è la resistenza in giudizio del sindaco, assistito dall’avvocato Maria Assunta Fontemaggi, avanti ai giudici amministrativi dell’Emilia-Romagna. Il proprietario dell’immobile, il gestore e il legale rappresentante del Classic Club – Circolo Arci Gay sono infatti ricorsi al TAR di Bologna chiedendo “l’annullamento, previa sospensiva” di due atti del Comune: la diffida (agosto 2016) e l’ordinanza di ingiunzione di demolizione di opere abusive (marzo 2017), in particolare l’“immobile avente destinazione artigianale di mq. 140,24” con copertura a due falde. Tutto questo mentre il locale di via Feleto ha già annunciato l’apertura delle serate della stagione estiva convocando dj e clienti per l’1 giugno.
Fino ad ora il bilancio dello scontro giudiziario è nettamente a favore dell’amministrazione comunale, ma sta di fatto che l’ente pubblico non riesce ad aver ragione degli abusi edilizi commessi.
L’ultima sentenza della serie è quella del Consiglio di Stato dell’agosto 2016, che ha confermato precedenti decisioni del TAR, sfavorevoli al Classic Club il quale si opponeva alla ordinanza di demolizione di opere abusive firmata dal dirigente dello Sportello unico nel 2013.
In quella occasione il Comune contestava “ampliamenti e diverse distribuzioni interne di edifici già oggetto di sanatoria” oppure già oggetto di dinieghi di condono nel 2009, complessivamente definite come “intervento di nuova costruzione senza titolo”. Tre ricorsi del 2010 erano andati male ma il locale Arcigay non si dava per vinto. Tesi dei ricorrenti, nel caso affidatisi all’avvocato Alessandro Mantero: “erano stati realizzati abusi minori, non arbitrariamente unificabili in una unica attività di trasformazione edilizia”. Ma il collegio ha confermato il verdetto di primo grado.
Non sono bastati al Classic Club, né l’esibizione di un’ordinanza del Tribunale di Rimini (che nel luglio 2016 diceva no al Comune in una causa possessoria), né l’aver sostenuto la “destinazione a fini pubblici” dell’area con “impianti di interesse collettivo”, né l’aver ricordato il carattere “assistenziale” dei Circoli Arci riconosciuto nel 1967 dal Ministero dell’Interno.
Fra l’altro, la giustizia amministrativa di secondo grado ha depositato a fine agosto 2016 non solo questa sentenza, ma anche altre tre, tutte sfavorevoli al locale.
In sostanza, sono in discussione – nella descrizione dei provvedimenti comunali – la “costruzione di pista da ballo con accessori per spettacoli – locali accessori, bar, gioco, ping pong, ecc.”, “opere non valutabili in termini di superficie utile (piscina, gazebi, tende, ecc.)”, ed il “cambio di destinazione d’uso da magazzino a locale ad uso sauna-soggiorno-sala video”. Pressoché l’intero club, che difendendosi cerca di dimostrare – ad esempio – che “sebbene infissa al suolo la piscina non era in grado di produrre autonomamente reddito proprio”.
Vedremo come andrà a finire l’ennesimo ricorso Classic-Arci, ma l’impressione è che palazzo Garampi non voglia cedere.
Il locale sui colli riminesi è già finito sui libri di storia della politica e del costume contemporanei, per essere stato inaugurato nel dicembre 1987 in occasione del terzo congresso nazionale dell’Arcigay celebrato proprio a Rimini sotto la regia di Franco Grillini, eletto presidente. Proprio nella sua relazione a quel congresso Grillini chiese il riconoscimento delle convivenze di fatto, con dichiarazioni che fanno pensare all’attuale dibattito sulle unioni civili: “Non esiste e non deve esistere un solo legittimo sistema di vita e di relazione. E’ legittima, possibile e plausibile una grande varietà di stili di vita, legata ai modi di essere di ogni singola soggettività. Non pensiamo certo al matrimonio gay, ma all’allargamento del concetto di famiglia”. Ma non tutta l’Arcigay aveva lo stesso pensiero del leader e c’era chi contestava la cosiddetta “svolta familista”.
In una inchiesta sulla musica nei club per gay, un testimone ricorda così gli esordi del Classic nel 1987: “una discoteca con darkroom e diverse piste da ballo, anche all’aperto, una piscina, e anche una piccola sauna. Ci si entrava con la tessera Arcigay … Allora non c’era il problema delle zanzare-tigre, e si poteva fare il bagno in piscina, all’aperto, anche nudi, senza pericolo d’essere dissanguati. … Al Classic c’era solo disco-music. Ma non ci si andava certo per la musica! … La gente passava molto tempo nelle darkrooms, attigue alle piste da ballo. Mentre si ballava, si ballava e basta, di solito. Il ballo e il sesso erano due momenti e due luoghi diversi. Di solito i ragazzi si ubriacavano ben bene, e poi si tuffavano in dark”.

COMMENTI

DISQUS: 0