Sottrazione di denaro a piccoli spacciatori di stupefacenti di origine extracomunitaria. Le ipotesi di reato vanno dal peculato all'abuso d’ufficio, dal favoreggiamento personale al falso in atto pubblico, fino alle percosse. I fatti si riferiscono al periodo che va dal 2012 al 2016.
E’ una bufera quella che si abbatte su ben otto agenti della polizia municipale del Comune di Rimini, colpiti da 31 capi di imputazione.
I militari del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari emessa dal Gip del Tribunale nei confronti di quattro appartenenti al nucleo ambientale della Polizia Municipale di Rimini. Ma sono otto quelli coinvolti a vario titolo e nei confronti dei quali la Procura della Repubblica di Rimini ha formulato le ipotesi di reato di peculato, abuso d’ufficio, rifiuto d’atti d’ufficio, favoreggiamento personale, falso in atto pubblico, soppressione distruzione e occultamento di atti veri, ma anche percosse, perquisizioni e ispezioni personali arbitrarie e violenza privata. I fatti contestati si riferiscono al periodo che va dal 2012 al 2016. Durante una perquisizione delegata dall’autorità giudiziaria, i vigili in questione avrebbero rinvenuto in casa del perquisito contanti per 2.700 euro, omettendo di darne atto nel verbale e non sottoponendoli al previsto sequestro.
Il pubblico ministero Davide Ercolani, aveva chiesto otto misure cautelari, cinque delle quali in carcere, ma il Gip, pur riconoscendo la gravità degli indizi di reato emersi a carico di tutti gli indagati, ha emesso l’ordinanza cautelare degli arresti domiciliari per 4 degli 8 indagati, con divieto di comunicare con qualsiasi mezzo, anche telefonico ed informatico, pure se nella disponibilità di terzi, con persone diverse dai familiari e dai difensori e con prescrizione di non allontanarsi dalla propria dimora. I provvedimenti giudiziari sono in corso di esecuzione, contestualmente a perquisizioni disposte dalla autorità giudiziaria. Due degli indagati sarebbero fuori Rimini e quindi non ancora raggiunti dal provvedimento.
Le indagini hanno preso avvio da alcune segnalazioni fatte pervenire nel 2016 all’autorità giudiziaria dalla stessa Polizia municipale, nelle quali venivano evidenziati fatti ritenuti suscettibili di rilievo penale, che vedevano coinvolti operatori di polizia locale in particolare nel corso di operazioni di polizia giudiziaria eseguite dagli agenti e finalizzate alla repressione di attività di spaccio di stupefacenti esercitato in prevalenza da alcuni cittadini stranieri extracomunitari.
Il colonnello Michele Ciarla, comandante del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della GdF di Rimini, rimarca che tutto nasce “grazie a segnalazioni specifiche e puntuali da parte della polizia municipale, che ha anche collaborato durante le indagini ad individuare delle condotte penalmente rilevanti”. “Le indagini hanno fato emergere che questi 8 agenti, chi in maniera più specifica e chi in maniera più marginale, hanno posto in essere delle sistematiche condotte di sottrazione di denaro a piccoli spacciatori di stupefacenti di origine extracomunitaria che detenevano piccole somme di denaro, probabilmente provento dello spaccio, che venivano sottratte indebitamente senza essere verbalizzate e venivano fatto oggetto di peculato, quindi di un impossessamento illecito”.
“Siamo atterriti dal quadro investigativo, auspichiamo che venga chiarita al più presto la posizione dei soggetti coinvolti. Vogliamo però ribadire che il corpo della polizia municipale di Rimini è sano e ha gli anticorpi per segnalare alle autorità quando avvengono fatti di questo tipo”, dichiara il comandante della Polizia Municipale Andrea Rossi.
“Sostegno e piena fiducia nella magistratura e nell’autorità inquirente affinché la verità e i fatti emergano in ogni loro aspetto, perché questo è ciò che chiede e pretende la comunità e si merita Rimini”, commenta invece l’amministrazione comunale. “Vicinanza alle donne e agli uomini del Corpo della Polizia Municipale di Rimini che ogni giorno svolgono con coscienza e impegno il loro lavoro a servizio della collettività; un lavoro indiscutibile che non può e non deve essere inficiato sia da giudizi formulati prima del tempo, sia da comportamenti in violazione delle leggi che la Giustizia dovesse mettere in evidenza e sanzionare nei confronti di singoli”. Ed auspica che gli agenti della Polizia Municipale, coinvolti nell’indagine e destinatari di provvedimenti cautelari, possano dimostrare l’estraneità alle accuse rivolte loro. Ma riconosce che i “primi dettagli lasciano sconcertati e molto preoccupati circa la gravità dei reati contestati”.
“La verità e il pieno, totale accertamento dei fatti, nel rispetto del lavoro di chi indaga e dei diritti degli indagati, è oggi la sola cosa che interessa alla comunità riminese”, continua palazzo Garampi.
“Le norme in materia di pubblico impiego prevedono che i dipendenti sottoposti a procedimento penale vengano assoggettati anche a procedimento disciplinare.
Infatti, come è facile intuire, le accuse che vengono mosse dall’Autorità giudiziaria agli agenti coinvolti nell’inchiesta costituiscono, sul piano disciplinare e deontologico altrettante ipotesi di violazione del Codice disciplinare e del Codice di comportamento.
In base alle vigenti disposizioni di Legge, il procedimento disciplinare, una volta avviato, dovrà essere sospeso in attesa dello svolgimento del giudizio penale. La Legge stabilisce, infatti, un rapporto di pregiudizialità tra l’accertamento operato dal Giudice penale e le decisioni dell’Autorità disciplinare che rimangono condizionate dalla sentenza del Giudice.
Inoltre, nel caso in esame, avendo l’Autorità giudiziaria emesso nei confronti dei dipendenti un provvedimento restrittivo della libertà personale (arresti domiciliari), il Comune dovrà anche disporre la sospensione cautelare dal servizio degli agenti“.
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