Bulletti contro il “Riminicentrismo” fognario e lo strapotere di Hera

Bulletti contro il “Riminicentrismo” fognario e lo strapotere di Hera

Che ci fa un luminare di fisiopatologia della riproduzione in una amministrazione provinciale, per di più laicissimo e leggermente mangiapreti a fianco del gran capo che parla per sermoni? Parla Carlo Bulletti.

Dicono che quando in giunta accende il disco sui monopolisti di Hera o sui signori di Romagna Acque che fanno affari con l’oro blu, qualcuno si chiude le orecchie. Tante ne dice contro. Dicono che l’abbiano mandato a inaugurare l’arrivo dei pinguini al parco le Navi di Cattolica. Per l’epocale benvenuto alla famigliola di uccelli acquatici si erano dati appuntamento il vescovo accompagnato da due parroci, il sindaco, l’assessore regionale al turismo, il comandante della Capitaneria di porto e varie altre autorità. E dicono che di ritorno da quella esperienza non ci abbia messo molto a convincere il gran capo dell’ente di corso d’Augusto che, da li in avanti, di certe cerimonie avrebbe volentieri fatto a meno.

Che ci fa un luminare di fisiopatologia della riproduzione in una amministrazione provinciale, per di più laicissimo e leggermente mangiapreti a fianco del gran capo che parla per sermoni, è la domanda che ci ha spinti un giovedì mattina al Cervesi (esempio vivente del fatto che non tutte le voragini di bilancio finiscono in tragedia, quantomeno se c’è di mezzo una sanità pubblica che opera trasfusioni di denaro) per intervistare Carlo Bulletti (nella foto).
Il giorno in cui chiuderanno le Province non si legherà al portone per protestare. Pragmaticamente sostiene che “sono state utili e per una piccola parte anche indispensabili, il che non vuol dire non sostituibili”. Meritevoli di passare alla storia per “le funzioni che hanno assolto di raccordo dei territori, tra i diversi comuni e tra le loro esigenze e la Regione, sopratutto poi nelle materie di scuole, strade e cultura”. Ma è anche pronto a riconoscere che in “una società burocratizzata all’eccesso come quella italiana, dove per fare qualunque cosa c’è bisogno di un cumulo di permessi che non ha eguali al mondo, togliere il plico delle scartoffie dovute alla Provincia è già un risultato virtuoso e un guadagno sociale”. Basta che, precisa, “ci si prepari a sostituire le funzioni essenziali delle Province e non sono convinto che questo stia succedendo”.

Che cosa l’ha scandalizzata di più fra le questioni di cui è venuto a contatto?
Che il presidente di Hera, Tomaso Tommasi di Vignano, percepisca fra compenso, bonus ed altro, uno “stipendio” più alto (circa 470 mila euro, superiore a 500 mila l’amministratore delegato Chiarini) di quello di Barack Obama (circa 285 mila). Entro certi limiti non mi scandalizzano gli stipendi alti se sono meritati, ma Hera è una società che opera in regime di monopolio, dov’è la competizione, dov’è il merito?

Che idea si è fatto del sistema Rimini e dei suoi attori sparsi fra politica, imprenditori, categorie economiche, classe dirigente?
I bolognesi considerano i riminesi bizzarri e anche un po’ pazzerelli. In verità questa definizione è strumentale al fatto che il capoluogo regionale non si stanca di essere Bolognacentrico e non vuole lasciare nessuno spazio neanche ad una realtà economica come Rimini che, almeno prima della crisi, mostrava una buona tendenza allo sviluppo, “pericolosa” per i poteri bolognesi. Secondo me Rimini è poco consapevole delle proprie potenzialità e forza perché le parti che compongono la città sono molto disunite. Se Rimini trovasse una unione, come accade in altre province, col potenziale che ha potrebbe essere molto più forte anche nell’avanzare richieste, ad esempio sull’università, dove abbiamo un solo Dipartimento e ancora non lo si vuole “riempire”, sull’aeroporto … dove siamo stati lasciati abbastanza soli, e tanto altro.

Su università e aeroporto approfondiremo fra breve, ma restiamo ancora un attimo sul sistema Rimini.
Ribadisco, si trova in una condizione di debolezza nello scenario regionale e comunque meno forte rispetto al tessuto socio-economico che esprime. Le ragioni della scarsa coesione forse sono storiche e andrebbero approfondite. Ma noto anche un altro aspetto: ciò che Rimini lamenta per Bologna poi lo pratica a sua volta, sul livello provinciale. In ogni sua azione Rimini è Riminicentrica. I servizi alla persona vengono concentrati sull’ospedale di Rimini, il Trc da Rimini a Riccione, le fogne si fanno con la tassazione che pagano anche a Saludecio…, così come in ogni altro comune della provincia e io non sono convinto che questo sia giusto, tanto più che non è la politica a deciderlo ma le sue partecipate.

Sta dicendo che non condivide il fatto che il piano di salvaguardia della balneazione venga pagato coi rincari delle tariffe idriche dai residenti di tutti i 27 comuni della provincia di Rimini?
Esattamente. Che l’eliminazione del problema degli scarichi fognari in mare sia una questione urgentissima ed occorra porvi rimedio è fuori discussione. Ma in una democrazia chi deve decidere quali sono le priorità? I cittadini attraverso le amministrazioni che hanno eletto a rappresentarli oppure Hera e Romagna Acque? Quello che si sta verificando è un cortocircuito della democrazia, gravissimo e credo senza precedenti.

Le sue deleghe in Provincia sono: cultura, bilancio, università e ricerca. Che cosa ne ha ricavato?
Nell’ambito della cultura ho messo mano alla Associazione Fellini, che aveva una gestione un pochino bizzarra.

Però la cura da cavallo ha fatto morire il malato.
Quello che andava oggettivamente fatto era intervenire su di una struttura che aveva una “impalcatura” costosa e poco funzionale, non certo virtuosa. Non si poteva continuare a mettere soldi pubblici in una Associazione Fellini fatta in quel modo, con pubblicazioni e un sito solo in lingua italiana. Questo è stato il primo passaggio, che mi ha visto impegnato direttamente, poi il secondo step avrebbe dovuto riguardare il rilancio e la palla è passata al Comune di Rimini.
Ritengo che Paolo Fabbri abbia fatto un buon lavoro dando fra l’altro una adeguata visione internazionale. Per il rilancio dell’Associazione Fellini non si può prescindere, oltre che dalle risorse, dal ruolo degli eredi del regista e quindi da un “accordo” con loro, tema che mi pare ancora del tutto aperto. Avere sollevato da ogni partecipazione la Provincia in ambito culturale io lo giudico un buon risultato, utile alla collettività.

E questo non riguarda solo la Fellini, giusto?
Infatti riguarda anche Santarcangelo dei Teatri e Riccione Teatro. Non credo sia corretto che la Provincia partecipi a livello societario in realtà culturali, trovandosi poi a ripianare i buchi di bilancio, ma che sia meglio valutare di volta in volta se e come sostenerle in funzione dei progetti, delle disponibilità economiche e così via.

Lei ha introdotto anche una commissione di esperti per valutare i progetti presentati al suo assessorato per l’accesso ai contributi. E’ stata utile o no?
Prima i contributi venivano elargiti sulla base di una “tradizione” ma anche di una certa discrezionalità politica. Io ho affiancato al lavoro istruttorio degli uffici una commissione qualificata, competente e autorevole che ha esaminato i progetti, valutandone il merito con un criterio di professionalità. Ed ho sempre avallato le loro valutazioni, non ci sono state eccezioni alla regola, nemmeno una. Il risultato è stato che mentre in passato non c’erano mai ingressi di nuovi soggetti fra quelli che beneficiavano dei contributi pubblici, invece coi nuovi criteri sono state cinque le nuove realtà e probabilmente questo non sarà piaciuto a tutti. Ma se è vero che gli stagni sono ricchi di fauna, a me piace che ci sia ricambio di acqua.

Aeroporto: ma davvero è fondamentale uno scalo a Rimini, visto lo svenamento di risorse pubbliche per mantenerlo?
Da una parte condivido quel che dicono quasi tutti: l’aeroporto per questo territorio è una struttura indispensabile. Dall’altra, e qui sta la differenza, ritengo che continuerà ad esserlo fino a quando lo Stato sarà colpevolmente sordo dinnanzi all’obiettivo, questo si strategico, di realizzare l’alta velocità sulla dorsale Adriatica. E aggiungo che si tratta di una colpevolezza e responsabilità gravissime che fra l’altro ci tagliano fuori dalle competizioni che si giocano a livello internazionale sui flussi turistici. Comunque, se ci fosse l’alta velocità, e dunque un sistema di trasporto integrato – come esiste ad esempio in Francia – la distanza Rimini/Bologna si coprirebbe in meno di 30 minuti e quindi sarebbe assolutamente ininfluente avere uno scalo a Rimini. Ma visto che noi non siamo la Mitteleuropa, allora avere un aeroporto a Rimini è ancora strategico ma mi auguro che non lo debba essere troppo a lungo.

Fino a poco tempo fa Aeradria era in mani pubbliche e la fetta più grossa (oltre il 38,12% delle quote) la deteneva la Provincia. Adesso Comune e Provincia hanno un peso simbolico.
E’ chiaro che gli impegni che sono stati assunti in precedenza nell’ambito dell’aeroporto avevano portato gli enti pubblici ad essere oggettivamente troppo esposti sulla proprietà di Aeradria e quindi non mi scandalizza che adesso ci sia stato un ridimensionamento. Non mi lascia invece del tutto tranquillo il fatto che si cedano degli impianti infrastrutturali di pubblica fruibilità a soggetti che nella loro mission si occupano di finanza piuttosto che di aeroporti. Mi tranquillizza perché si salva l’aeroporto ma si potrà essere interamente soddisfatti quando si vedrà l’uso che si farà dello scalo riminese.

Però sarebbe anche troppo facile replicare che l’uso che ne hanno fatto gli enti pubblici si è visto, ed è stato fallimentare.
Ma si è anche visto che si era arrivati a sfiorare il milione di passeggeri e per una città come Rimini non mi sembra un risultato da poco. Gestire aeroporti costa, in più il nostro ha avuto bisogno di notevoli investimenti e ha dovuto fronteggiare imprevisti sui quali oggettivamente ha potuto ben poco. E’ vero che un ente pubblico non può prosciugare le proprie risorse per mantenere l’aeroporto però è anche vero che deve fare gli interessi della collettività, e la ricaduta economica sul territorio è stata calcolata in oltre 900 milioni di euro l’anno. La mia idea è che fino a quando l’aeroporto sarà una struttura indispensabile per Rimini, tutti dovrebbero farsene carico ma nel frattempo occorre iniziare a preparare l’alternativa, che si chiama alta velocità.

Lei in passato ha sollevato critiche abbastanza severe sul Polo universitario riminese. Ne è ancora convinto?
Assolutamente si ed anzi mi pare che i fatti mi stiano dando ragione. Avevo semplicemente detto che era sbagliato puntare sulle lauree brevi che sfornano laureati che possono aspirare a stipendi da 1300 euro al mese. Poi ci sono alcune lauree brevi che sono assolutamente attuali, come quella di infermieristica, però abbiamo completamente lasciato cadere nel vuoto una rincorsa alle formazioni alte. Bene, le lauree brevi hanno attualmente un valore molto scarso tanto che è in corso un ripensamento. Inoltre il Polo di Rimini oggi ha un solo Dipartimento e pochi docenti incardinati.

Però non vorrà negare che il Dipartimento, Scienze per la qualità della vita, è ricco di potenzialità.
Non c’è dubbio che abbia un potenziale molto ampio, e se fosse declinato a tutto tondo colpendo non solo il tema del benessere, ma quello dell’alimentazione, della sofisticazione, dell’attività fisica, ecc., aprirebbe scenari formativi che hanno a che fare con un aspetto decisivo legato ad una società nella quale la vita si allunga sempre di più e i costi sociali degli ultimi 10 anni di vita sono ingenti, circa il 70% delle spese sanitarie di una Regione. E’ chiaro che far si che le persone possano arrivare al traguardo degli ultimi anni della vita in una condizione di salute migliore, consente alla collettività di risparmiare una enormità di soldi. Il Dipartimento è quindi centrato nella visione, ma sarebbe intelligente articolarlo in tutti i suoi aspetti e farlo rapidamente, senza attendere anni.
C’è poi un altro concetto sul quale ho più volte battuto: per far crescere l’università a Rimini non abbiamo bisogno di palazzi e di troppi investimenti nell’immobiliare, ma di avere molti docenti incardinati, e siccome costano, il territorio dovrebbe investire su questi talenti se vuole che l’università non resti solo una comodità, quella di studiare senza spostarsi troppo da casa, ma diventi qualcosa di qualitativamente significativo. Ad esempio, se a tempo debito si fosse fatta una politica per l’Università della Romagna…

Dica.
Oggi è improponibile anche solo parlarne, perché la crisi spinge in ben altra direzione. Ma coagulare le altre città della Romagna, fare corpo tutti assieme, ritengo sarebbe stata una scelta vincente. L’Emilia ha quattro atenei, che sono ridondanti, la Romagna non ne ha neanche uno, mentre sarebbe stato intelligente accorpare, così come così come ha fatto Reggio Emilia con Modena. La Romagna avrebbe dovuto puntare i piedi con Bologna su un ragionamento di questo tipo. Coi Poli la Romagna ha subito il Bolognacentrismo: all’Emilia è toccato il ruolo del marchese del Grillo e alla Romagna quasi niente.

E’ deluso oppure no di aver aderito ad un partito come l’Idv che dalle ultime elezioni politiche ha imboccato una china discendente abbastanza netta, in parte travolto anche da scandali?
Non sono per nulla deluso. Se penso a quel che accade in qualunque altro partito sono felice di trovarmi nell’Idv. Sono orgoglioso anche dei temi forti che ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica, a partire da quello della legalità, che non può non essere l’elemento di base di una democrazia moderna, passando per il referendum che ha sancito che l’acqua è un bene pubblico. E anche a questo riguardo sono molto critico sulle società monopoliste che sono il portafoglio di questa regione.

Una critica che invece si sente di rivolgere a Di Pietro?
L’alleanza con Rivoluzione Civile di Ingroia, ma anche Di Pietro ha riconosciuto l’errore. L’Idv non è un partito che abbia affinità di specie con Ingroia, è nato con un Dna post-ideologico, invece alle ultime elezioni la gente ci ha percepiti come un’ala della Fiom.

Finita la sua esperienza di amministratore provinciale continuerà ad aderire all’Idv?
Tempo permettendo, finché l’Idv farà cose che onorano la società civile e lavorerà per modernizzarla, io l’appoggerò.

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