Cagnoni è il nostro drago: “il cambiamento nella ricettività turistica adesso è una necessità”

Cagnoni è il nostro drago: “il cambiamento nella ricettività turistica adesso è una necessità”

In mezzo al balbettìo di chi si trova con pochi strumenti per fronteggiare il disastro prodotto dal coronavirus e il suo impatto sul sistema delle vacanze, il presidente di Ieg oggi intavola concetti robusti. «Da anni parliamo di ambiente e turismo come direttrici dello sviluppo. Ora siamo di fronte a uno snodo, dove l’adeguamento rigoroso delle strutture diventa una necessità». Il "magnifico" andrebbe messo a capo della "unità di crisi" di Rimini.

Lorenzo Cagnoni è un po’ il Draghi di casa nostra. Non in quanto a storia e curriculum, perché i due, si sa, non sono assimilabili. Ma quando parla Draghi (come ha fatto anche di recente con l’intervista al Financial Times) un po’ tutti drizzano le antenne. Parla con autorità: l’ex presidente della Banca centrale europea sa quel che dice e tutti gli riconoscono visione, preparazione e capacità di indicare soluzioni che traguardano gli ostacoli, tanto da reclamarlo a capo di un governo di “salvezza nazionale” in grado di portare l’Italia fuori da una crisi epocale.

Anche a Lorenzo Cagnoni molti riconoscono di avere costruito con capacità indiscutibili quello che fino alla pandemia era oggettivamente considerato il pilastro più solido dell’economia riminese (e non solo ovviamente), cioè quel sistema fieristico che ha preso il nome di Ieg. Gli si possono, e forse gli si devono a nostro parere, muovere critiche (e su questo foglio online non sono mancate) su scelte che hanno portato ad accumulare non pochi debiti, sui tanti rinvii precedenti alla quotazione in Borsa avvenuta la scorsa estate, su decisioni che hanno portato a “rotture” clamorose (come quella con Matteo Marzotto) ed altro che non è il caso di tornare a rivangare in questa occasione.

Ma la “stoffa” del presidente viene a galla indiscutibilmente quando si esprime su temi che, a differenza di altri, ben padroneggia. Sono giorni che gli amministratori comunali di palazzo Garampi cercano di lanciare qualche idea “bussola”, sul che fare in questo territorio dopo la tragedia umana, sociale ed economica del coronavirus. Abbarbicati ai soliti quattro concetti che erano abituati a maneggiare prima che il virus spazzasse via quasi tutto (il Fellinismo spinto, i grandi eventi, il “sotto” inteso come fogne, per finire con i contenitori culturali), ora sono al balbettìo. E non appaia un giudizio cattivo. In poche settimana è andato a gambe all’aria il Dna di Rimini città degli incontri. E’ un’impresa da titani gestire il frangente storico evitando che quanto fin qui costruito col sudore di generazioni finisca in polvere.

Sul turismo il sindaco di Rimini ha parlato non poco, ha detto (qui) che è stato “colpito al cuore”, che occorre “una politica industriale strutturata a corto, medio, lungo periodo”, ma anche “una fortissima immissione di liquidità per sostenere prima di tutto la domanda”, quantificata in “1 miliardo di euro subito” (anche se non si è capito con quale raggio sia stata quantificata questa cifra che, di per sé, significa poco). Ma dopo avere ascoltato queste analisi non si intuisce la svolta, che pure viene evocata.

Cagnoni ha parlato molto meno, però nella intervista al Carlino ha enucleato due concetti, ma leggendoli si ha l’impressione che contengano solide fondamenta. Ed è sembrato andare in un’altra direzione rispetto a quella del sindaco. Anzitutto ha guardato in casa propria: «Venivamo da una sequenza nutrita di ottimi risultati, che il 2020 sarebbe servito a consolidare. Invece a causa del Covid-19 il nostro conto economico da questo anno uscirà malconcio. E non mi consola pensare che questo riguarderà la quasi totalità delle imprese, tranne forse quella dell’alimentare. Sarà dura affrontare questo cataclisma, ma ci stiamo già attrezzando». Sulle manifestazioni riprogrammate verso gli ultimi mesi dell’anno risponde: «Non mi faccio illusioni. A ottobre si potrà parlare di una quasi normalità, ma i settori convegnistico e congressuale saranno caratterizzati dalla diffidenza che porterà a un dimagrimento inevitabile. Ma il secondo semestre servirà a riprenderci, lentamente ma senza arretrare, puntando sugli investimenti che non possono essere affievoliti. Sono certo che le manifestazioni autunnali avranno un andamento più che discreto».

Poi ha guardato al perimetro esterno: «Mi preoccupa il sentimento che sta prevalendo che tende al risarcimento pubblico, legittimo come la richiesta di immediata liquidità, ma questa deve essere anche l’occasione per fare della qualità un fatto fondamentale. Mi riferisco a settori in cui Ieg è leader: ambiente e sostenibilità, turismo e agroalimentare. Ma saremo costretti a cambiare, solo così non perderemo ruolo». La categoria del risarcimento pubblico è da incorniciare e tutti dovremmo tenerla bene davanti agli occhi da qui alla fine, si spera fra non moltissimo, della economia di guerra nella quale siamo precipitati.

Quindi Cagnoni passa al turismo e al cambiamento necessario che interpella albergatori, bagnini e tutto il cucuzzaro. Cambiare come? «Investendo più e meglio di prima, riempiendo di nuovi contenuti le nostre strutture, applicando le misure che ci impone l’emergenza sanitaria in modo inedito e più sofisticato. La nostra realtà non sarà più quella conosciuta fino a due mesi fa». E arriva anche l’ultima sferzata: «Da anni parliamo di ambiente e turismo come direttrici dello sviluppo. Ora siamo di fronte a uno snodo, dove l’adeguamento rigoroso delle strutture diventa una necessità. Le nostre sono nuove ma non basta. La politica delle sale e dei corridoi zeppi di gente va rivista». Non resta che «stare sul pezzo» ben consapevoli che «la ripresa sarà lunga, porterà dolore e sacrifici ma questa è l’unica strada che abbiamo davanti per avere un futuro».

Cagnoni è il nostro drago, o Draghi fate voi, va messo a capo di una “unità di crisi” composta tenendo conto della sostanza e non delle bandierine. Trasversale, agile, finalizzata solo al risultato. Che sappia “recuperare” tutte quelle competenze che negli anni sono state via via emarginate per ragioni meschine. Dare un futuro al turismo di Rimini dev’essere l’unico imperativo.

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