Nel rinnovare il Comitato Sammarinese di Bioetica sono state scelte voci meno attente ai valori e ai principi che hanno contraddistinto l'esperienza passata, e non si sono privilegiate competenze sammarinesi che avrebbero consentito un lavoro specifico in questi campi. "Il confronto e il dialogo in questi anni non sono stati divisivi ma fruttuosi, e ci auguriamo che questo possa continuare nella nostra Repubblica, evitando la «guerra per bande» o il settarismo partitico, che ha fatto tanto male alla nostra società".
Sembra che a tutti vada bene quello che accade. Tutto passa, e noi andiamo avanti nel solito tran-tran. Così possiamo rimanere tranquilli, accontentandoci di lamentarci, senza muovere un dito perché le cose vadano un po’ meglio. In questi tempi si è ricordata la bella affermazione di don Milani su San Marino ma il suo motto “I care” cioè “mi riguarda e mi impegno” sembra l’eco di un passato lontano.
Proprio oggi il Vangelo riportava due pensieri di Gesù che dovrebbero farci riflettere: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso!» e «Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, ma la divisione» [Mt 12, 49ss] Sembrano parole di un Gesù che ora non si riconosce più, impaziente, divisivo, ecc.
Così si può assistere alle nomine dei membri del nuovo Comitato Sammarinese di Bioetica e non capire che la storia di questi anni e il rispetto e la valorizzazione della tradizione Sammarinese possono scomparire da un momento all’altro.
In questi giorni il Consiglio Grande e Generale ha nominato i membri del Comitato Sammarinese di Bioetica.
Vi ho partecipato per due trienni come laureato in materie teologiche ed è stata una esperienza molto interessante, credo anche fruttuosa nei termini di un impegno positivo per la verità della vita umana. Tale Comitato ha una rilevanza internazionale e i documenti prodotti hanno avuto un rilievo notevole nel campo della bioetica e dei pronunciamenti.
Il lavoro svolto ha riguardato, oltre che ai temi consueti di «ordinaria amministrazione», tre questioni fondamentali: il rapporto con le persone portatrici di disabilità, l’accertamento della morte e il comportamento nelle grandi catastrofi. All’inizio si è anche trattata la questione della cosiddetta pillola del giorno dopo e si è raggiunto un accordo, frutto di serio confronto e dialogo, in previsione di un lavoro successivo, che però non c’è stato.
L’aspetto interessante di questi anni è stato il clima interno al Comitato stesso, che ha cercato di raggiungere posizioni condivise, per il bene comune. È stato un impegno che ci ha coinvolto positivamente, nella diversità delle posizioni ma nell’impegno ad un esito rispettoso delle varie posizioni presenti. Nel dibattito trasmesso per Radio San Marino si sono levate molte voci di approvazione e di stima, per l’altissima qualità dei risultati e per la professionalità dei componenti.
Nel complesso dei risultati raggiunti – anche per la presenza di voci laiche qualificate e aperte al rispetto della vita in ogni stato e stadio di sviluppo – mi pare che si sia stati capaci di dimostrare che si può lavorare alacremente per il bene comune, ottenendo risultati positivi.
Ora si è rinnovato il CSB e mi pare che si siano scelte voci meno attente ai valori e ai principi che ci hanno contraddistinto, e che non si siano privilegiate competenze sammarinesi (in particolare per la bioetica, e per l’area della rianimazione) che avrebbero consentito un lavoro specifico in questi campi. Credo che per l’esperienza fatta in questi anni la presenza tra i vari componenti di eccellenze «straniere» e di esperti sammarinesi sia stato un valore aggiunto per il progresso delle dichiarazioni e dei risultati raggiunti.
Ritengo che la non valorizzazione di tali competenze «autoctone» sia un male per la nostra intera società. Non vale richiedere che siano sammarinesi solo alcuni settori della vita dello Stato, ci sono competenze tra noi che vanno valorizzate per il bene di tutti. E non vale neppure la logica dei «compagni di scuderia», che, soprattutto nel caso della bioetica, renderebbe il Comitato inutile, dannoso e improduttivo. Il confronto e il dialogo in questi anni non sono stati divisivi ma fruttuosi, e ci auguriamo che questo possa continuare nella nostra Repubblica, evitando la «guerra per bande» o il settarismo partitico, che ha fatto tanto male alla nostra società.
Queste sinteticamente le osservazioni «critiche»:
1. Mancano professionalità specifiche nell’ambito della cura del «fine vita» e della neonatologia.
2. Manca la professionalità di chi si prende cura oltre il curare (compito dell’infermiere).
3. Il teologo scelto non pare avere competenze specifiche in campo bioetico e vive molto lontano da San Marino. Qui a San Marino si trovano esperti qualificati nel campo bioetico e teologico (Gabriele Raschi) e pare utile valorizzare sia la competenza sia la possibilità di un lavoro continuativo e costante.
4. L’esperto in materie giuridiche nominato (Diletta Tega) non pare avere alcuna competenza della legislazione sammarinese, mentre il giudice Emiliani (I° triennio) e il prof. Bottari (II° triennio) avevano comprovata conoscenza della nostra legislazione.
5. La legge istitutiva del CSB prevede una competenza a servizio dell’Ospedale ma anche del Governo per le tematiche in oggetto. Non pare adeguata la scelta che sia allineata solamente alle scelte politiche ed ideologiche del governo. Si rischierebbe in questo modo di vanificare il senso stesso di un comitato di bioetica che dovrebbe garantire una certa indipendenza dall’Esecutivo. In questo senso ci pare che la scelta attuata sia più un atto i di prepotenza che di servizio al bene comune.
Don Gabriele Mangiarotti
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