L'ex assessore provinciale alla pace, andava in Palestina a rendere omaggio ad Arafat, leader con la pistola. Con la sua nomina alla direzione dell'organismo per le iniziative e le opere caritative di ispirazione cristiana e la Marcia della Pace a braccetto dei musulmani della Valconca, la diocesi riminese sembra volgersi sempre di più verso la Mecca, da una parte, e la teologia della liberazione, dall’altra. E c'è da rilevare anche una curiosa coincidenza: lo stesso giorno in cui il vescovo Lambiasi intronizzava Galasso, la sua ex coop rossa veniva sconfitta al Tar. Chiedeva più soldi pubblici.
In primissimo piano un volto coperto dal burqa, salvo gli occhi che sbucano dalla stretta fessura: è la foto di homepage del suo blog.
Un gruppo di giovani, scalzi e piegati verso la Mecca: è il frame iniziale di un suo video di prova di “MissioSocial” 2016, corso di formazione finanziato dalla CEI.
Una corona di fiori da lui offerta sulla tomba di Yasser Arafat: è l’immagine-ricordo, postata su Instagram, della sua visita ai palestinesi ribelli.
Sono solo tre esempi delle predilezioni di Mario Galasso, 53 anni, politico-manager di Riccione fresco di nomina alla presidenza della Caritas diocesana di Rimini.
Intendiamoci, è liberissimo, l’ex assessore comunale a Riccione e provinciale, di professare pubblicamente il culto del capo palestinese che andava all’Assemblea generale dell’ONU “con un ramo di olivo in una mano e la pistola nell’altra”.
Ma che c’azzecca Galasso con l’organismo che Paolo VI volle per “il coordinamento delle iniziative e delle opere caritative e assistenziali di ispirazione cristiana”?
Ci si risponderà: Galasso è stato assessore provinciale alla cooperazione internazionale e pace, nonché vicepresidente del Coordinamento nazionale Enti Locali per la Pace, e in tale veste promotore di numerose Marce per la Pace – fra le quali la prossima del 1° gennaio 2018 a Rimini, organizzata dalla Diocesi e da un’associazione musulmana di San Clemente, dove parleranno Francesco Lambiasi e Mohamed Ghamdaoui.
Ma è appunto l’approccio al tema della pace di Galasso e del Coordinamento che dà da pensare.
Cinque anni fa Galasso fece una Marcia per la Pace in Palestina, in occasione della quale un solerte inviato della radio-tv diocesana registrò un suo discorso al Cultural Palace di Ramallah. Ecco alcuni stralci della cronaca.
Lo speaker lo presenta come organizzatore dell’evento, in qualità di «vice presidente del Coordinamento Nazionale Enti Locali per la Pace nonché assessore provinciale alle politiche sociali, anche se in missione non ci è andato in veste ufficiale ma come privato cittadino». Nel discorso dice Galasso al microfono: «Sono molto emozionato perché questa è una sala piena di eroi. Siete eroi, voi, per il lavoro e per la resistenza che cercate di fare in nome dello Stato palestinese. Ma credetemi, siamo eroi anche noi, non solo perché portiamo le fasce con anche il simbolo dello Stato italiano che ancora non riconosce lo Stato palestinese, ma perché abbiamo rotto l’embargo che in molte delle nostre città c’è […]. Noi siamo qui di persona, e ci mettiamo la faccia, perché siamo convinti che non ci sarà pace nelle nostre città finché non ci sarà pace nello Stato palestinese. Siamo qui per prendere alcuni impegni e voglio concludere ribadendoli e risottolineandoli con forza: la creazione dell’associazione europea, con sede a Parigi, per rafforzare i rapporti con la comunità europea e i rapporti fra comunità europea e lo Stato di Palestina; i progetti di cooperazione internazionale, come abbiamo fatto in Libano; ultimo ma non ultimo, l’amicizia, il dialogo, il confronto che attraverso questa conoscenza, attraverso questo rapporto che nasce oggi, che rinasce, che è stato sigillato oggi ma che continuerà nel prossimo periodo, che ci vedrà lavorare fianco a fianco, da qui al prossimo periodo, finché non potremo veramente proclamare lo Stato palestinese».
Neanche una parola per lo Stato di Israele. Solo Palestina, Stato di Palestina, eroi di Palestina ed eroi di Riccione (con le fasce tricolori, quindi tutt’altro che “privati cittadini”).
Eh ma sono passati anni, adesso Galasso sarà diventato più equilibrato… Invece no. In occasione delle ultime olimpiadi, pubblica su Twitter: «Olimpiadi Rio: Delegazione Palestina arrivata senza tute, indumenti e divisa per la sfilata di apertura. Ha bloccato tutto sicurezza israeliana»; segue il commento di Galasso: “Possiamo stare in silenzio?”. Come se il problema della pace nel mondo fosse la sicurezza israeliana che priva i palestinesi delle tute per la sfilata olimpica di Rio…
E’ talmente a senso unico, la visione di Galasso, che stando ai suoi tweet in Medio Oriente solo gli israeliani fanno vittime: “la prima vittima dei nuovi bombardamenti israeliani è un bambino di 10 anni”; “ha 17 anni ed è di Deir la Balah ragazzo ucciso stamani. Da venerdì sono 15 palestinesi morti in raid aerei Israele #Gaza”; “ricordiamo anche traduttore Ali Abu Afash e 3 artificieri palestinesi uccisi oggi insieme a Simone Camilli da bomba a Beit Lahiya (#Gaza)”.
Un innamoramento che lo porta a slanci lirici, come il racconto della sua “prima volta” – nel senso della “prima volta che ci interroghiamo sulla posizione della Mecca in casa nostra” – sul suo sito-blog paroledalbasso.it.
In conclusione, la visione della pace galassiana è leggermente strabica – Israele non vi è contemplata – però in compenso, cambiando tema, il nuovo presidente della Caritas si è messo in linea con il francescanesimo oggi imperante.
Lo dimostra il suo post su Facebook del giorno dopo la nomina. Una sua foto con papa Bergoglio con il commento: “Nel mio percorso di fede ho incontrato il mondo francescano e, nella ricerca di quei lebbrosi che a San Francesco avevano trasformato «ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo», il mio arrivo nel dicembre dello scorso anno in Caritas”. La sintassi non è perfetta, ma il messaggio è chiaro.
Andando un po’ all’indietro, ricostruiamo il percorso cristiano di Galasso. Già capo-scout, dal 2000 è Socio fondatore e Membro del Consiglio Direttivo della Associazione Oscar Romero, che si prefigge – dichiara Galasso nel curriculum vitae – di «promuovere la conoscenza della figura e del pensiero di Mons. Romero, nonché della Teologia della Liberazione». Così ci è tutto più chiaro.
E pazienza se, pur essendosi convertito alla “dolcezza d’animo” francescana, Galasso non sempre riesce a dominare i suoi istinti.
E’ talmente caritatevole che molti li vorrebbe in galera, indovinate chi: “Per Formigoni è la fine, anche Buffon ha scommesso sulle sue dimissioni…”; “La Regione Lombardia è felice di annunciarvi che negli ultimi 15 minuti non è stato arrestato nessun assessore o consigliere” (10-11 ottobre 2012); “Per i PM, Dell’Utri fu il mediatore nella trattativa Stato-mafia. Dell’Utri: «Grazie… grazie… troppo buoni» (14 giugno 2012); “Mentana: «Se non facessi il giornalista, fonderei un partito». Se facessi il fabbro, li fonderei tutti”; “La moglie di Vespa nominata Garante della Privacy. Per lei… Porta Aperta…” (7 giugno 2012).
Per non parlare di Berlusconi, che Galasso – diciamo così – non ha mai visto di buon occhio. Al punto da arrivare ad una bislacca dichiarazione, dopo la batosta elettorale presa alle politiche del 2013, quando si era candidato al Senato nella lista Rivoluzione Civile Ingroia fermatasi in provincia di Rimini all’1% dei suffragi (2.447 voti espressi): secondo Galasso le croci sul suo listino bloccato non erano arrivate perché “gli italiani si sono dimenticati del bunga bunga”. Sono passati cinque anni, leggiamo e rileggiamo la dichiarazione con la quale Galasso non voleva ammettere la bruciante sconfitta politica, e ancora oggi non riusciamo a comprendere la logica del ragionamento. Saremo noi troppo limitati? o è il ragionamento – diciamo così – un po’ deboluccio?
Pur avendo una visione politica molto caratterizzata, Galasso certe volte ci prende. Come quando dichiarò, a proposito dei candidati alle primarie 2012, “mi sembrano tutti così lontani dalla vita reale delle persone”.
Da che pulpito veniva la predica? La sola volta in cui Galasso provò a misurarsi con il voto di preferenza nella sua città, alle comunali di Riccione del 2009, candidato nella lista “Sinistra Verdi” (Sole che ride + Sinistra democratica per il Socialismo europeo) collegata a Massimo Pironi, la lista prese 666 voti su oltre 20mila espressi, ebbe un solo eletto in consiglio. Ma lui, Galasso, di voti ne prese solo 16 (sedici). A qualcuno lo scarso numero di suffragi dovette apparire come un merito. Perché subito dopo Galasso fu nominato – e non eletto – assessore provinciale alla Pace.
Nelle numerose esternazioni di cui è contrappuntata la carriera politica di Mario Galasso, spicca la pressoché totale assenza di riferimenti al magistero della Chiesa cattolica.
Solo una volta Galasso tirò in ballo la CEI (Conferenza episcopale italiana, ndr) con un accenno positivo al cardinal Bagnasco. Fu quando l’allora presidente dei vescovi italiani, pressato dall’opinione pubblica, si dichiarò pronto a discutere sull’argomento del pagamento delle tasse sugli immobili da parte delle istituzioni ecclesiali. Era il dicembre 2011 e Galasso, che evidentemente è un tifoso del pagamento dell’ICI da parte di parrocchie e oratori, twittò: “un segnale importante”. Ma non senza rinunciare a una critica allo stesso Bagnasco perché non aveva fatto parola di un suo – di Galasso – chiodo fisso, la riduzione della spesa della Difesa.
Secondo – e a quanto pare ultimo – riferimento, un tweet dell’agosto 2014, o meglio un retweet dal Pontifex (papa Francesco): “Se accumuli le ricchezze come un tesoro, esse ti rubano l’anima”.
Più che la fede, l’argomento sono i soldi. Galasso auspica che oratori e parrocchie non siano esenti dalle imposte, pur esprimendosi spesso contro gli aumenti dei prezzi e delle tasse. Lui che vuole tassare preti e chierichetti, si innervosisce quando alzano le tasse nel settore in cui lavora (“Elevata al 10% l’aliquota Iva sulle prestazioni socio sanitarie, se sapessi chi proporre urlerei: MANDIAMO I TECNICI A CASA PRIMA POSSIBILE!”). E naturalmente è un fan della patrimoniale: “è vitale una robusta patrimoniale che sani gli squilibri tra chi negli ultimi quindici anni si è arricchito e chi invece si è impoverito”.
Soldi, sempre soldi. I politici alla Galasso pensano che i nemici della pace universale siano i soldi e coloro che li detengono, i ricchi. Eppure, quando questi politici si trovano in posizioni di potere, dimostrano di non disprezzarli affatto, i danari. E ne chiedono sempre di più alle casse pubbliche, cioè ai cittadini contribuenti.
Li richiedono a buon diritto? Non sempre. Lo dimostra una storia emersa dieci giorni fa con la pubblicazione di una sentenza del Tar di Bologna che ha maltrattato le pretese di soldi pubblici di una cooperativa rossa, condannandola a pagare 4mila euro di spese processuali ed onorari a favore del Comune di Rimini.
La coop in questione è la CAD, di cui proprio Mario Galasso è stato dal 2006 Coordinatore dei Servizi Sociali Sanitari Educativi.
Oggi la cooperativa fattura 22,8 milioni di euro l’anno, di cui 1,8 milioni nel “settore assistenza profughi”.
Dall’ottobre 2008 un raggruppamento di imprese con la CAD come mandataria, ha avuto in gestione i servizi di assistenza domiciliare di base per conto del Comune, più quello di assistenza domiciliare, infermieristica, riabilitativa, educativa e sociale per l’azienda sanitaria pubblica. Senonché nel 2010 la mandataria presentò a palazzo Garampi un conto salatissimo: chiedeva infatti di incassare dal Comune somme molto più alte – con aumenti dal 12% al 14% – per la prestazione dei servizi resi. Richiesta motivata dai maggiori costi da sostenere a causa del rinnovo del contratto collettivo delle coop sociali, evento che l’appaltatrice definiva nel carteggio con il Comune “imprevedibile ed eccezionale”. Ma i ragionieri dell’amministrazione non ne vollero sapere: i motivi addotti dalla CAD erano “di palese inconsistenza in quanto elementari cognizioni di diritto inducono a escludere che un onere di tale portata (il superamento del salario medio convenzionale, ndr) possa essere addossato alle imprese se non in forza di espressa previsione normativa”; infatti secondo la giurisprudenza – ed il buonsenso, aggiungiamo noi – “la sottoscrizione di un CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro, ndr) è evento assolutamente prevedibile, in quanto interviene periodicamente, tanto più nel comparto delle cooperative sociali ove si auspica da anni l’avvicinamento dei livelli salariali a quelli delle altre categorie operanti nello stesso settore”.
In poche parole: le coop avevano vinto il bando per i servizi offrendo determinati prezzi, ma poi volevano il 12-14% in più per un evento – il nuovo contratto – che lungi dall’essere “imprevedibile ed eccezionale” era invece prevedibilissimo anzi auspicabile.
Risposta del Comune: vi riconosciamo solo l’aumento Istat dello 0,7% dell’anno 2009.
Nel 2011 la CAD presentò al presidente della Repubblica un ricorso straordinario contro questo rifiuto del Comune, evidenziando addirittura “specifici profili di incostituzionalità” della legge che regolava le controversie sui contratti pubblici. Nel 2012 il Consiglio di Stato dichiarò improcedibile il ricorso al Quirinale. La causa finì davanti al Tar di Bologna che il 5 dicembre scorso con una sentenza collegiale ha dichiarato inammissibile il ricorso della coop rossa.
Per ironia della sorte, la sentenza sfavorevole alle richieste di denari della CAD è uscita proprio lo stesso giorno dell’intronizzazione di Galasso alla presidenza della Caritas di Rimini, il 20 dicembre. Quando si dice la sfortuna, o le coincidenze.
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