Dall’Argentina a Rimini per studiare Fellini. Una brutta avventura

Dall’Argentina a Rimini per studiare Fellini. Una brutta avventura

Una freelance di Buenos Aires sbarca in Riviera per scrivere un articolo sui rapporti tra il regista più noto al mondo e la sua città natale. Domanda, chiede, interroga. Ma non viene a capo di nulla. “Ci sono pochissime informazioni, mi hanno detto che Fellini è più amato all’estero”.

Un’ombra enorme nel “barrio de San Giuliano”
Ultimo post su facebook. “En Rìmini, barrio de San Giuliano (tras la sombra – enorme – de Fellini)”. Di Fellini, in effetti, ricaverà soltanto l’ombra. Anzi. Brandelli di ombra. Di Fellini, piuttosto, a Rimini, nemmeno l’ombra.

“Volevo scrivere un articolo su Rimini e il grande regista…”
Marìa è una giornalista freelance, una fotografa, una viaggiatrice. Di solito sta a Buenos Aires. Di norma è in giro per il pianeta. Si è laureata in economia del turismo, si è specializzata in Olanda e in Spagna, ha proseguito gli studi a Lisbona. Tra le rivista su cui pubblica c’è FronteraD, che è l’ultima frontiera – digitale – della cultura ispanica, una fanzine molto bella. L’ultimo post su facebook è di tre giorni fa. “Ho trascorso cinque giorni a Rimini”, dice lei. A fare che? “Volevo scrivere un articolo su Rimini in relazione alla vita e all’opera di Federico Fellini”. Bella impresa. Fallita.

Giro giro tondo – a vuoto – nei luoghi felliniani
Prima di sbarcare a Rimini, la giornalista argentina s’informa. Non si accontenta dei libri. “Preparando il viaggio, ho inviato una serie di mail alla Fondazione Federico Fellini. Non ho avuto risposta”. Poveretta, non sa che della Fondazione non v’è più traccia. Marìa cura un blog molto colto e colorato che si chiama Sostiene Pereira, facile gioco sul suo cognome e omaggio al romanzo di Antonio Tabucchi scritto in omaggio allo scrittore portoghese Fernando Pessoa – dal libro, come si sa, arcano del destino, Roberto Faenza trae l’omonimo film con Marcello Mastroianni, che è l’alter ego felliniano per antonomasia. Marìa, insomma, non demorde e a Rimini, anche se nessuno la conforta, arriva comunque. La prima cosa che fa è “visitare il centro di informazioni turistiche vicino al Grand Hotel”. Cosa le dicono? “Che il museo dedicato a Federico Fellini è stato chiuso, ma che un nuovo museo dovrebbe aprire entro l’anno”. Stop. La giornalista continua comunque la sua ricerca. Compie una gita nei luoghi ‘felliniani’. Che si rivela un giro a vuoto. “Mi pare strano – oppure no, non so – ma i luoghi legati alla vita di Fellini non hanno alcuna targa specifica, alcun segno di identificazione: la casa in via Dardanelli, ad esempio, o quella in via Clementini, nonostante gli edifici originali non esistano più”. E ora?

Fellini è più amato all’estero
Marìa, giornalista rapacemente ‘felliniana’ ci impiega poco a capire che c’è un problema grosso come una piaga tra il regista più celebrato al mondo e la sua città natale. “Mi sono imbattuta in diversi luoghi – hotel, ristoranti, negozi – che evocano i film di Fellini o alcuni dei suoi personaggi-icona. Non ne sono certa, ma credo che non ci sia una ragione commerciale: piuttosto è il segno di un amore sincero verso l’opera di Fellini. Ad ogni modo, il proprietario di una caffetteria, in centro, mi ha detto che Fellini è più amato all’estero che a Rimini”.

Caro superprof, mi aiuti lei…
Giunta a Buenos Aires un po’ abbacchiata, Marìa trova il contatto di Paolo Fabbri, ultimo direttore della fu Associazione ‘Fondazione Federico Fellini’, ma soprattutto fellinologo di rango, per altro tradotto nel mondo spagnolo (lo scorso anno l’editore Casimiro ha pubblicato un suo Fellini), non di rado in Argentina a tener lezione. Lo bombarda di domande, sui rapporti tra Amarcord e Rimini, tra Fellini e la sua città. “Mi auguro di non disturbarla con tutte queste domande, ma ci sono pochissime informazioni su Fellini a Rimini”. Già. Speriamo che prima o poi l’articolo veda luce.

Le felliniadi del consenso elettorale
Morale della brutta favola.
a) A Rimini qualcosa non funziona nella comunicazione. È impensabile che un libero giornalista – ma questo vale anche per un libero turista – venga dall’Argentina con l’intento di scrivere un articolo che, direttamente o meno, fa pubblicità alla città e nessuno sappia dargli uno straccio di informazione.
b) A Rimini qualcosa non funziona, soprattutto, sulla comunicazione riguardo a Federico Fellini. Non ci accontentiamo di sapere che domani, forse, con congruo dispendio di soldi pubblici – così siam buoni tutti a mettere i ponteggi sulle utopie – verrà costruito un Museo Fellini che per ora è soltanto nel libro dei sogni del malatestiano Sindaco Andrea II Gnassi: e ora?
c) Il Fulgor restaurato – ribattezzato ‘Casa del Cinema’ – nel nome di Fellini è una mera strategia elettorale: la ‘Casa del Cinema’, come bando comanda, sarà un cinema e basta. Con qualche suggestione felliniana di contorno.
d) Svaligiare il Castel Sismondo per metterci dentro il corpo tonante, extradivino e onirico di Fellini è una stupidata utile, però, per avere – e spendere – i soldi del Ministero – cioè degli italiani beoni.
e) Non si può iniziare con le piccole cose di buon gusto? Con piccoli segni felliniani a costellare la città? Con la cura dei grandi e piccoli spazi felliniani che ci sono? Con il segnalare con dedizione e poesia gli spazi felliniani? Non si può iniziare ad amare Fellini prima di farne una azienda redditizia per alcuni e poco comprensibile per tutti gli altri?
Grazie.

Fotografia: “Le moto del maestro”, esposizione a cura di Costantino Frontalini, Le Befane 2013.

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