Lezioni ai soci pubblici di Rimini. Lezioni agli estensori del “libro bianco”. Lezioni alle Fiere dell'universo mondo. Cagnoni fa rima con lezioni. M
Lezioni ai soci pubblici di Rimini. Lezioni agli estensori del “libro bianco”. Lezioni alle Fiere dell’universo mondo. Cagnoni fa rima con lezioni. Ma chi si è messo in testa di privatizzare? E chi si è sognato il rischio default? Tutto va a gonfie vele. Se qualcuno ha dei problemi e non è in grado di far fronte al pagamento dei mutui, questi sono forse Provincia e Camera di Commercio. Quisquilie. Lorenzo Cagnoni nella conferenza stampa odierna si è dimostrato un po’ allarmato per l’allarme degli altri. E un po’ scocciato di dover spiegare sempre le stesse cose. Senza nessuna intenzione di scendere a patti nemmeno con Provincia, Camera di Commercio e Comune.
Tono di voce basso. A tratti impercettibile. Calma apparente. Fastidio, un po’. Con la voglia di assestare un morso, alla Luis Suarez sulla povera spalla di Chiellini. Davanti, solo l’imbarazzo della scelta su quale Chiellini mordere. Costretto a ribadire “concetti non nuovi, che anzi ci annoiamo persino qualche volta a rimarcarli, ma è purtroppo indispensabile, soprattutto quando la polemica, che a Rimini non manca mai, alimentata dalla strumentalità chiara e palese, porta ad un vero e proprio rovesciamento dei fatti”.
A destra il direttore di Convention Bureau, Stefania Agostini, a sinistra il (ancora per poco) presidente Roberto Berardi. Al centro lui. Il presidente di Rimini Fiera, Lorenzo Cagnoni, stamattina ha tenuto una conferenza stampa sofferta ma come al solito rassicurante. Sembrava voler dire tanto senza però dare l’impressione di dover distillare un solo pensiero in risposta al “libro bianco” e con esso a Mario Ferri, Bruno Sacchini, Sergio Pizzolante e Sergio Gambini. Men che meno a Vitali, Gnassi e Temeroli. Solo fantasmi, tutti costoro, che si sono materializzati più volte nella “sala del porto” del Palazzo dei Congressi, ma mai con nomi e cognomi. In una costante dialettica tra vero e falso: “Io ho l’abitudine di dire le cose vere”. Gli altri non la raccontano giusta.
Lezioni soprattutto. Cagnoni ne ha date tante. Dovute. Se lo si chiama in causa lui risponde. “A me tocca”, ha esordito, “documentare se le previsioni fatte siano state rispettate”. E saranno state rispettate? Ça va sans dire. Ovvio che sì. Per Convention Bureau c’è stata quella che ha definito una “sorpresa sfortunata”, riferendosi al tracollo del 2013 e al buco di bilancio di 1 milione di euro. E i buchi dei bilanci precedenti? Mah! “Il 2014 è in controtendenza e porterà risultati sicuramente positivi”, ha subito specificato. Anche i segnali sul 2015 e 2016 sono “di segno fortemente positivo”. E poi: “Ci siamo rimessi sui binari di una attività solida, stabile, relativamente sicura”.
Cagnoni la barca la conduce come vuole, anche in mezzo allo tsunami e anche se i soci pubblici sostengono ormai da mesi che il sistema fieristico e congressuale deve essere privatizzato perché i conti non sono più sostenibili. Lui oggi ha ironizzato: “Non tutti i soci pubblici, però, la Regione non ha manifestato la stessa impressione”. Cagnoni vuole continuare a guidare il gioco: privatizzazione sì ma non “à la carte”, ha detto con un pizzico di disprezzo. Non adesso e non come se ne sta discutendo. Lui la pensa diversamente su “circostanze, modi e tempi perché ci può essere il rischio di una svendita” andando oggi alla privatizzazione. Lasciando intendere anche a Provincia, Camera di Commercio e Comune che si sta drammatizzando troppo. Tanto rumore per nulla.
Addirittura Cagnoni ha piazzato un ribaltamento di piani da gran maestro di teatro. “Se ci sono delle difficoltà, sono quelle che risiedono nei bilanci degli enti pubblici, della Provincia e della Camera di Commercio. Il debito è di questi e non si faccia confusione, come invece si fa. Se gli enti pubblici sono nella condizione di non pagare assolutamente la rata del mutuo, beh, allora è un problema”. Relativo, però. La rata del mutuo annuale da pagare è di 3 milioni e 600 mila euro, ha ragionato, e per arrivare al 2016 fanno 10 milioni e 800 mila. Paura? “E’ una bella cifra e non voglio dare l’impressione di sottovalutarla, ma qui abbiamo due realtà come la Fiera e il Palas che messe insieme come volume di spesa si attestano poco sotto ai 400 milioni di euro, e generano il 12% del pil”. E il debito bancario che, per l’insieme del sistema fieristico e congressuale, supera i 100 milioni di euro secondo i conti di Mario Ferri? Avanti.
Ha smontato e ricostruito a piacimento le critiche e gli scenari nella sua conferenza stampa odierna, Lorenzo Cagnoni. Lanciando messaggi rassicuranti: “E’ l’unica soluzione quella di andare alla privatizzazione à la carte? Ci possono essere altre possibili soluzioni e da un uomo come me si può pensare che qualche altra idea possa anche arrivare ed essere messa a disposizione degli altri”. Quali soluzioni? Sorrisetto. “Non facciamo una discussione come se fossimo al bar Cavour… Non le dico qui”. E allora perché convocare una conferenza stampa? Idem per le alleanze: “La partnership con Bologna non è l’unica possibile, il panorama non è solo quello, ci possono essere anche altre alleanze”. Quali?
Cagnoni ha detto di non essere contrario alla privatizzazione, “non dite le bugie o non fatele dire a qualcuno che parla con voi”, ha strapazzato la libera stampa. “Io sono sempre stato per la privatizzazione ma ho in mente un certo tipo di privatizzazione, ho in mente un partner industriale con cui fare dei progetti che pensino a crescita e sviluppo, non ad una operazione di rapina del nostro territorio. Non sono preoccupato di andare ad una discussione franca su questi elementi”. Invece gli altri che privatizzazione vorranno? Giochi di prestidigitazione.
Il nuovo Palas è stata una scelta giusta e guai “se non avessimo fatto questo tipo di investimento, concepito questa realizzazione; che tipo di posizionamento, di ruolo, avremmo avuto nel mercato del congressuale? Saremmo decisamente usciti dal mercato e nessuno mi può smentire”. Costato troppo? Quando mai. “Non si riflette abbastanza sul rapporto fra costi e qualità del prodotto (nuovo Palas, ndr) realizzato, che per dimensioni e qualità è uno dei migliori in Europa. Sono obbligato a ripetere una comparazione con il Palazzo dei congressi di Roma, che ho visto recentemente. Invece che costare 101 milioni di euro, pur avendo le stesse dimensioni di quello di Rimini, 9300 posti, costerà 421 milioni euro”.
Dimenticate la lettera del presidente della Provincia Stefano Vitali ai soci di Rimini Congressi del 13 novembre 2013 (che suonava l’allarme “sulla situazione finanziaria di Rimini Congressi, Palazzo dei Congressi e Rimini Fiera”), dimenticate la delibera approvata dal consiglio provinciale, dimenticate che lo stesso percorso lo sta compiendo anche il Comune di Rimini. Dimenticate l’analisi chilometrica di Mario Ferri e Andrea Bellucci a suon di bilanci e atti ufficiali.
Cagnoni si sente come Kant e ama rifondare le categorie: “La realtà è quella che vi abbiamo raccontato oggi, la più bella realtà d’Italia”. Letterale.
Le debolezze sono solo al di fuori dei santuari fieristici by Cagnoni. Sono negli enti pubblici ormai in bolletta, sono in un territorio che è “una piccola realtà di provincia però con delle ambizioni molto forti”. Un territorio per giunta anche poco generoso con chi ha apparecchiato la tavola con un Palazzo dei congressi ed una Fiera all’avanguardia.
“Non è bene che siamo rinchiusi sempre nel nostro orticello”. Cagnoni non solo non gradisce le critiche ma vorrebbe riconoscenza per le scelte compiute. Sul piano industriale 2014-16 della Fiera, ad esempio, che “prevede una notevole crescita del volume d’affari: passiamo dai 63 milioni di euro di fatturato del 2013, ai quasi 68 milioni del 2014, poi 76 milioni e 500 mila del 2015 e 85 milioni e 750 mila nel 2016”. Con rendimenti che, assicura Cagnoni, nel 2016 supereranno i 17 milioni, un risultato consolidato del 2014 (“dovrebbe essere”) di 2 miloni e 407 mila euro, nel 2015 di 3 milioni e 500 mila e utili a sfiorare gli 8 milioni e 700 mila euro nel 2016. “Non c’è nessuno che riesce a fare questi numeri, nemmeno lontanamente”, si scalda il presidente di Rimini Fiera.
“Questo progetto di piano è realistico? Sì, rispondiamo con sicurezza”. Si faccia una domanda e si dia una risposta. Fatto. “Nel triennio arriveremo ad essere il quartiere fieristico che in campo nazionale realizza i più alti rendimenti. Sfido chiunque a trovare risultati migliori nei bilanci di altri quartieri fieristici”.
Chi parla di un sistema fieristico e congressuale sull’orlo del baratro, ha visto un altro film. Del genere horror. “Il debito della Fiera con il 2016 si estinguerà totalmente ed anzi avremo una situazione di cassa positiva superiore ai 4 milioni di euro. Vi dico queste cose anche per quelli che non sono qui. La situazione della liquidità è assolutamente tranquilla, oggi, domani non avrà più nessun problema nemmeno di carattere teorico perché saranno rientrati i 14 milioni di anticipazione che la Fiera ha fatto nei confronti della Società del Palazzo dei congressi. Rientreranno perché entro la fine di agosto, avremo alienato l’area in via della Fiera, e così portato a compimento una operazione che qualcuno dice che ci siamo inventata cammin facendo, invece la portiamo a compimento con 14 anni di ritardo”.
Utili per tutti. “Dal 2017 saremo in condizione di distribuire agli azionisti dividendi pari ad almeno 3 milioni di euro che li potranno mettere in grado, se lo vorranno, di pagare le rate del mutuo assunto. Vi sembra questa una situazione da rischio default? Ci vuole una bella fantasia. Io trovo che sia semplicemente ridicolo sostenerlo. Vi sembra una situazione che prefigura uno stato di necessità? Che ci obbliga a spingere verso soluzioni di privatizzazione che, date le circostanze in cui avverrebbe, potrebbe comportare il rischio di una vera e propria svendita? Stiamo parlando di una Fiera che coi suoi rendimenti è riuscita a pagare interamente l’investimento che ha realizzato (40 milioni li ha avuti dalle istituzioni ma 240 li abbiamo pagati noi, e oggi restano 14 milioni da pagare). La storia di questi anni è una storia di debiti pagati da parte della Fiera. Questi sono i dati veri. Il resto sono manipolazioni della verità”.
Una Fiera sull’orlo del baratro, ha concluso, è “un’immagine ridicola, perché viceversa è una Fiera che per fatturato figura fra le prime del paese, con un invidiabile portafoglio di manifestazioni, e con rendimenti da primi in classifica”.
A Pizzolante che aveva messo in dubbio la ricaduta del fieristico e congressuale in termini di destagionalizzazione e apertura annuale degli hotel, Cagnoni dice che “la riqualificazione alberghiera è stata favorita dall’attività convegnistica e fieristica, diventato oggi un segmento fortissimo che si attesta attorno a volumi del 30% dell’attività turistica tout court”.
Questa è la sceneggiatura che Cagnoni ha imbastito oggi (il comunicato ufficiale di Rimini Fiera lo si può leggere sulla nostra pagina facebook). Lo spartito è lo stesso da molti anni a questa parte. Con la differenza che adesso è più isolato ma con l’elmetto in testa e senza alcuna intenzione, almeno sembra, di mettere in discussione le proprie convinzioni. Non c’è solo una realtà trasversale come Dreamini a cannoneggiare. Il presidente della Provincia, il Comune di Rimini e la Camera di Commercio, comunque la si pensi, hanno compiuto e stanno compiendo scelte che vanno oggettivamente in altra direzione rispetto al registro Cagnoni. Il tema è semplice: chi decide lo scenario? Cagnoni o tutti gli attori in campo? E lo scenario resta quello dipinto da Cagnoni, nel quale non si sa bene come debbano saltare fuori, e da chi, i pagamenti delle rate del mutuo di qui al 2016? Si continueranno a chiedere moratorie alle banche? E dopo, dal 2017 in poi, ammesso che Cagnoni abbia ragione e i dividendi comincino a piovere copiosi, la taratura odierna del sistema fieristico e congressuale come potrà essere mantenuta sulle spalle dei riminesi?
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